Interessante e coinvolgente l’adattamento de “Lo Cunto de li Cunti” proposto da Emma Dante al Teatro San Ferdinando con “Re Chicchinella”
La stagione teatrale 2024-2025 del San Ferdinando, lo storico teatro di Eduardo, oggi Teatro Comunale insieme al Mercadante, si è inaugurata con lo spettacolo “Re Chicchinella”. Emma Dante ha attinto ancora una volta, la terza, a “Lo Cunto de li Cunti” rifacendosi ora alla prima novella della quinta giornata: “La papera”. -taglio-Un libero adattamento veramente molto libero. Giambattista Basile così sintetizza lo - Trattenemiento Primmo della Jornata Quinta - : “Lilla, e Lolla accattaro na papara à lo mercato, che le cacava denare, l'è cercat à 'mpriesto da na commare, e trovanne lo contrario, 'nce l'accide, e la ietta pe na fenestra, s'attacca à lo tafanario de ne Prencepe, mentre faceva de lo cuorpo, ne nce la pò scrastare nesciuno fora che Lolla, pe la quale cosa lo Prencepe se la piglia pe mogliere”. In italiano: “Lilla e Lolla comprano al mercato un’oca, che evacua denari; la quale è domandata loro in prestito da una comare, che, sperimentando il contrario, l’ammazza e la gitta da una finestra. Ma l’oca si attacca al deretano di un principe, mentre costui soddisfaceva a un bisogno, e nessuno ne la può staccare, fino a che non vi riesce Lolla, ed egli se la prende per moglie”. Nell’atto unico teatrale abbiamo non più un’oca che evacua denari ma una gallina che fa le uova d’oro, in ricordo, forse della “Gallina dalle uova d’oro” di Esopo. La scheda di presentazione dello spettacolo racconta di un re che un giorno, mentre tornava dalla caccia, sentì il bisogno di andare di corpo. Scese da cavallo e si infilò in un vicoletto per scaricare il ventre, ma non avendo in tasca pezze per pulirsi, si servì di una gallina “accisa de frisco”, con le piume morbide e setose, che giaceva abbandonata in un angolo. Ma la gallina non era morta e s’afferrò col becco alle sue chiappe di re. Accorsero i servitori e il cielo si oscurò alle sue urla disperate. Al palazzo reale, medici e luminari tentarono ogni rimedio, spalmando unguenti, adoperando tenaglie e strumenti di ogni genere. Ma non ci fu niente da fare, perché quel male superava i confini della natura, non era colica né flatulenza che si poteva guarire, quel male era incurabile. -taglio2- Col passare dei mesi la gallina entrò sempre più in profondità finché non prese definitivamente alloggio dentro di lui, che ogni giorno tra grandi sofferenze, fa un uovo d’oro. Dice la regista: “Nella mia rivisitazione, questo è diventato il nodo drammaturgico dello spettacolo, che, a poco a poco, con il procedere delle scene, si trasforma in una visione, in un incubo, un sogno. Sconfina nell’irreale, restando ancorato al concreto della distanza che, talvolta, si crea nelle famiglie, per la mancanza di sentimento e a causa di interessi che prevaricano sugli affetti” .E conclude: “È la storia di un re malato, solo e senza più speranze, circondato da una famiglia anaffettiva e glaciale, che ha un solo scopo: ricevere un uovo d’oro al giorno mentre l’animale vive e si nutre, divorando lentamente le viscere del re”. E quando il re muore a seguito di un’ennesima inutile operazione che ha richiesto nella speranza di liberarsi finalmente della bestia che lo possiede, appare viva sul palcoscenico una vera gallina bianca che continua a deporre uova d’oro tra la gioia e il tripudio della corte. Va detto che il protagonista Carmine Maringola, recita con la voce, con il volto e con il corpo nudo dalla cintola in su: il suo ventre si gonfia e si sgonfia a suo piacimento. Annamaria Palomba è la Regina, Angelica Bifano la Principessa. E ancora Davide Mazzella Paggio, Simone Mazzella Paggio, Stephanie Taillandier Dama d’onore, Viola Carinci Dama di corte / Infermiera, Davide Celona Dama di corte, Roberto Galbo Dama di corte, Enrico Lodovisi Dama di corte, Yannick Lomboto Dama di corte, Samuel Salamone Dama di corte / Dottore, Marta Zollet Dama di corte / Infermiera, Odette Lodovisi Gallina. Le coreografie mimano con grande espressività ed ironia danze, rituali, banchetti e vita di corte. Gli elementi scenici e gli insoliti, divertenti costumi sono della stessa regista Emma Dante. Uno spettacolo gradevole, originale, sarcastico, non proprio entusiasmante e un po’ troppo breve: appena 60 minuti. In sintesi, una storia comica e tragica insieme, parlata nel napoletano di Basile che ci proietta in un’epoca lontana, fiabesca, con un tema sempre attuale. La cosa più interessante su cui riflettere è infatti la metafora della solitudine, della mancanza d’amore da parte dei familiari avidi e interessati, insensibili pur di fronte al male invalidante e alle sofferenze del loro congiunto.