L’arte per crescere
Il grande attore e regista ci racconta degli ultimi suoi successi tra cinema e teatro, come l’imperdibile “Tra sacro e profano”, con al centro un trasversale sguardo su Roma
Volto amato del cinema italiano e della tv, Vinicio Marchioni è anche grande attore di teatro. Il 17 novembre 2024, al Teatro Bolivar di Napoli, per la direzione artistica di Nu'Tracks, ha presentato “Tra sacro e profano”, intenso reading da lui scritto e interpretato, organizzato e prodotto da Anton Art House. L’artista racconta la maestosità e le ferite che Roma infligge, narrata dai suoi poeti e da tanti scrittori non nati nell’Urbe ma che l’hanno raccontata meravigliosamente. -taglio- Uno spettacolo che ridà dignità e potenza alla parola, con il talento di un grande attore che ha incantato e divertito un pubblico entusiasta. Non nuovo al verso poetico, Marchioni nel 2010 dedicò uno spettacolo all’autore dei “Canti Orfici”, “La più lunga ora, ricordi di Dino Campana”, ricordando anche Sibilla Aleramo… Ha da poco pubblicato un romanzo di formazione già apprezzato dal pubblico, “Tre notti”, che nasce da uno spunto autobiografico. La vita del giovane Andrea è una storia di adolescenza, sul distacco, un viaggio alla scoperta di sé…
Nel suo spettacolo, “Tra sacro e profano”, mette in luce la grandezza, le luci e le ombre di Roma, città eternata dai poeti. Celebri artisti e scrittori hanno narrato i luoghi e le atmosfere magiche dell’Urbe, i suoi splendori, le sue periferie… Quali i versi hanno ispirato il suo reading?
“Si, ho un grande amore per la poesia, una grande passione per la letteratura, per la scrittura. I versi che hanno ispirato il reading hanno avuto una selezione assolutamente parziale perché poeti, scrittori che hanno decantato Roma o anche denigrato Roma, anche in modo ironico, cinico, ce ne sono tantissimi. Per cui ho scelto in base a due macrotemi che sono il sacro e il profano nei quali mettere qualsiasi cosa. Sono partito cronologicamente da Giuseppe Gioacchino Belli, Trilussa, arrivando a Ennio Flaiano perché, secondo me, i più grandi scrittori di Roma arrivano da fuori Roma. Ci sono anche dei passaggi di Goethe, di Stendhal. Per poi passare al lato più profano ricordando Franco Califano con i suoi scritti, le donne, il sesso, l’amore, fino a Remo Remotti, di cui in questi giorni cade il centenario e di cui ho inciso l’audiolibro con la sua autobiografia. Però ci sono anche dei passaggi di Emilio Lerici, un grandissimo drammaturgo romano autore di tante cose messe in scena da Luigi Proietti. È stata una scelta complicata che cambia anche rispetto all’umore o altre cose che mi capitano sotto gli occhi di volta in volta”.
I personaggi che lei interpreta, così come le sceneggiature, sono sempre scelti con massima attenzione alla qualità e alla bravura dei registi. Lei, con il personaggio di Nino nel film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”, racconta “la faccia più bella dell’amore”… Ha interpretato anche ruoli di cattivo, come il “Freddo” in “Romanzo criminale” o Cesare in “Un altro Ferragosto” di Paolo Virzì: Si dice che calarsi nei panni di villain sia una piacevole sfida…
“Scelgo i personaggi, i ruoli, in base ai registi e alle storie e ai temi che queste storie portano. Sarò sempre debitore a Paola per avermi chiamato a interpretare quel piccolo ruolo nel suo film di così grande successo. È sempre piacevole, nel senso che ti dà la possibilità di indagare un certo tipo di uomo, di mascolinità. Poi dipende ovviamente dai toni dei vari film. Questi villain si possono interpretare ovviamente in mille modi, come qualsiasi ruolo. Il “Freddo” era anche dotato, come dire, di un suo romanticismo, in qualche modo. Il Cesare di “Un altro Ferragosto” di Paolo Virzì, invece, non ha nessuna via di scampo, insomma, è veramente un essere orrendo. Ci siamo divertiti con Paolo a dipingerlo nella maniera peggiore, come dire, maschio “Alfa”, narcisista, passivo, aggressivo, manipolatore. È piacevole, divertente, perché ti puoi permettere appunto di scendere nelle miserie maschili. E di dipingere qualcosa che in qualche modo possa fare da specchio, ovviamente negativo, di una realtà che abbiamo sotto gli occhi, purtroppo molto spesso”.
Lei è nel nutrito cast di “Diamanti”, il nuovo film di Ozpetek, interamente girato a Roma che racconta la vita che ruota attorno a una grande sartoria di cinema. Il film è appena uscito nelle sale italiane. Ci racconta il suo personaggio?
“In realtà il mio personaggio nel film “Diamanti” è un uomo violento, che usa violenza dentro casa nei confronti di Nicoletta, interpretata magnificamente da Milena Mancini. È un uomo orrendo. È un ruolo piccolo, una piccolissima partecipazione al servizio di una storia completamente al femminile, al servizio di una dinamica del personaggio di Milena Mancini”.
Nel teatro si è cimentato con Beckett, Pirandello, Ibsen, Shakespeare, Williams, Albee e altri mostri sacri. Ha in programma nuovi spettacoli? Con la sua “Anton Art House” ha nuovi progetti in cantiere?
“Come attore direi che altri spettacoli, diretto da altri registi, per adesso non ce ne sono. C’è un grande progetto per le Stagioni teatrali successive però non posso ancora dire nulla. Nel frattempo, ci sono i progetti con la nostra Anton Art House, con Milena Mancini: due monologhi che ha scritto e che interpreta lei, “Sposerò Biagio Antonacci” e “Amore, il teorema di Sara” di cui ho curato la regia, prodotti da noi che stanno andando ancora in giro. “Sposerò Biagio Antonacci” ha fatto oltre quaranta date in tre anni; “Amore” ha debuttato a marzo scorso e adesso iniziamo a portarlo in giro. Riprenderò anche “In vino veritas”, uno spettacolo con me e due musicisti in scena, Pino Marino e Alessandro D’Alessandro che hanno composto la colonna sonora e la eseguiranno dal vivo ogni sera. Saremo al Teatro Manzoni di Milano l’11 gennaio. Poi il 16, 17, 18 e 19 gennaio saremo al Teatro Palladium a Roma, il 25 gennaio al Teatro Comunale di Trento. È uno spettacolo sul vino e su come è stato decantato nella grande letteratura mondiale, nella poesia, i racconti e quindi su cosa rappresenta: l’accoglienza, la convivialità, l’ebbrezza, la cultura, il condividere, la malinconia. Uno spettacolo pieno di sentimenti che vede un coinvolgimento molto partecipato del pubblico. Sono molto contento di riprenderlo. Avevamo debuttato a Roma, all’Auditorium Parco della Musica”.
Come si sconfiggono la violenza, l’alienazione, la dipendenza dai social di tanti giovani? L’arte, il teatro, possono avere un ruolo importante nella loro crescita?
“Intanto non si possono sconfiggere da soli. C’è bisogno di una società civile intorno, della scuola, degli insegnanti, di tante cose che oggi stanno venendo sempre meno, purtroppo. Però penso che si sconfiggano iniettando fiducia e lavorando per l’autodeterminazione dei nostri figli, sullo sviluppo della loro personalità, sul loro sguardo critico sul mondo, fornendogli tutti gli strumenti per poter avere un giudizio, un filtro critico, rendendoli esseri pensanti e non esseri in mano al giudizio degli altri. Per concludere, la risposta su quanto la cultura, il teatro, i libri, il cinema, l’arte in generale possa fare sulla crescita non solo dei giovani ma di ogni individuo, perché si continua a crescere per tutta la vita, non lo dobbiamo dimenticare mai, penso siano fondamentali. Qualsiasi tipo di arte è uno specchio davanti a noi che ci fa conoscere meglio, che ci indica le direzioni, che ci fa riflettere sui nostri sentimenti, ce li fa conoscere prima che li viviamo. Si dice che prima delle opere di William Shakespeare l’umanità non sapesse che si poteva amare “in quel modo” o odiare “in quel modo” o avere quella sete di potere “in quel modo”…Qualsiasi arte è un faro che illumina il nostro sentire, l’educazione dei nostri sensi, i nostri sentimenti, è uno specchio che ci fa conoscere meglio e indagare su chi siamo. Penso che la vita sia fondamentalmente conoscere se stessi, possibilmente migliorandosi, giorno dopo giorno. È lo scopo dell’arte, del teatro, dal mito della caverna di Platone in poi”.