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Una teoria equa della giustizia

di Pasquale Matrone

Numero 257 - Febbraio 2025

libertà, eguaglianza sociale e sostanziale devono godere di pari dignità; e la politica ha l’obbligo d’individuare strumenti giuridici atti a rendere le istituzioni più trasparenti e oneste. Giusto vale più di Bene nella teoria morale


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Nel mondo antico, la giustizia è stata intesa come virtù generale onnicomprensiva. A partire da Aristotele, poi, lo stesso vocabolo è stato usato per indicare una virtù particolare tesa al rispetto delle regole che governano le relazioni sociali e che si suddivide, a sua volta, in giustizia commutativa, distributiva o legale, vendicativa o punitiva. -taglio- La prima concerne i rapporti dei singoli tra loro; la seconda fa riferimento alle relazioni tra la società e i suoi membri; la terza, infine, si identifica col potere giudiziario. Il principio ideale superiore al quale si fa riferimento per stabilire la qualità di una norma meritevole di regolare gli obblighi tra gli uomini, a seconda delle varie visioni del mondo, è stato identificato, di volta in volta, con i seguenti valori: eguaglianza, bene comune, libertà, felicità… rispetto del rango, del merito, del lavoro o del bisogno di ciascuno. La legge deve essere imparziale e avere come fondamento solo la ragione. L’allegoria che la rappresenta è una dea bendata che, con la mano destra, regge una bilancia: nessuno è al di sopra della legge; e, con la sinistra, impugna una spada: la pena è identica per tutti. La legge, infatti, deve prescindere da: ceto, razza, ideologie, cultura, religioni... Le “regole” adatte ad assicurare l’interesse di tutti devono, perciò, essere eque e giuste… A sostenerlo è John Rawls (1921- 2002) nell’opera intitolata Una teoria della giustizia. Ufficiale dell’esercito americano durante la seconda guerra mondiale, il filosofo, dopo la tragedia di Hiroshima, decide di abbandonare la vita militare per dedicarsi agli studi sulla giustizia e alla carriera universitaria.-taglio2- Per lui: libertà, eguaglianza sociale e sostanziale devono godere di pari dignità; e la politica ha l’obbligo d’individuare strumenti giuridici atti a rendere le istituzioni più trasparenti e oneste. Giusto vale più di Bene nella teoria morale. Se, infatti, la felicità sociale viene identificata con la semplice somma delle felicità individuali, alcune libertà fondamentali rischiano di essere negate. Due, dunque, sono i pilastri sui quali deve fondarsi la giustizia. Il primo è quello della libertà eguale: ogni persona ha diritto alla libertà, sempre nei limiti del rispetto di quella degli altri; il secondo è quello della differenza solidale: eventuali ineguaglianze, infatti, hanno ragion d’essere solo se utili ad arrecare benefici a coloro che, per motivazioni diverse, risultano svantaggiati. Solo procedendo in piena sintonia, giustizia ed equità rendono possibile un armonico rapporto tra il singolo e la società.





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