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Un redivivo Mattia Pascal

di Yvonne Carbonaro

Numero 258 - Marzo 2025

Geppy Gleijeses al Teatro Mercadante interpreta il celebre capolavoro pirandelliano


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Geppy Gleijeses insieme a Marco Tullio Giordana, che ha poi curato la regia, ha provveduto alla trasposizione del celebre romanzo pirandelliano in testo teatrale e si è totalmente calato nel personaggio che ha interpretato con abilità da grande attore e con un notevole apporto di sagace di ironia. Il romanzo risale al 1904.



La vicenda si svolge a cavallo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento e non ha una durata specificata, comunque dalla presunta morte di Mattia Pascal al suo ritorno a Miragno, passano poco più di un paio di anni. L’intreccio è complesso e molto articolato ed è stata certamente impresa ardua estrapolarne l’essenza per creare un copione da palcoscenico. Impresa ardua e ben riuscita. Il testo, asciugato per l’occorrenza, evidenzia i tratti essenziali della storia e il carattere del personaggio che, nel suo sdoppiarsi per un fortuito caso del destino, esprime i concetti base della poetica pirandelliana. Se ciascun uomo è uno nessuno e centomila, Mattia Pascal è anche Adriano Meis, ma in ciascuna delle due identità vive il disagio e l’insoddisfazione dell’incompiutezza. La volizione di cambiare vita, là dove non si sente realizzato, lo spinge ad approfittare dell’equivoco di essere creduto morto per sciogliere i legami con un vissuto che gli sta stretto e cercare di assumere un’altra maschera, di trasformarsi in un altro per godere di tutte quelle cose che prima gli erano negate: divertirsi, viaggiare, giocare d’azzardo, avere avventure amorose. Ma incappa così in un’ulteriore trappola: Adriano Meis nella società non esiste, nella struttura burocratica del vivere civile è nessuno. La sua falsa identità invece di regalargli la tanto desiderata libertà gli impone una marginalità insopportabile. Decide di fare ritorno al suo paese e riprendere la sua vera identità, ma un’altra dura realtà lo aspetta: il reinserimento nel suo antico ruolo non è più possibile, tutto è mutato, la moglie si è risposata, si è creata un’altra famiglia nella quale per lui non c’è più posto. È ormai un soggetto senza identità:

una maschera nuda, e anche qui dovrà accontentarsi di vivere ai margini. Un amaro umorismo nasconde il pessimismo di fondo dell’autore che, disilluso dagli eventi della storia, ha visto frantumarsi i valori e le certezze proprie del’800 borghese e non riesce ad individuare nuovi valori nell’epoca in cui vive. Qual è dunque il senso della vita? La dialettica illusione-realtà non ha soluzione. Pirandello mira ad evidenziare la falsità su cui è fondata la vita sociale e l'assurdità della condizione esistenziale di ciascun individuo, dominata dal caso e dalle convinzioni sociali. Quindi la crisi di Mattia è la crisi dell’io nell’uomo del ‘900, prigioniero di una forma dalla quale cerca di uscire per assumere nuove forme comunque insoddisfacenti. Gleijeses, pluripremiato attore napoletano già allievo di Eduardo, trapiantato a Roma in qualità sia di interprete che di regista, nell’85 diventato familiare al grande pubblico con il film “Così parlò Bellavista”, ce ne dà una ottima interpretazione: elegante, misurata, malinconica e disincantata insieme. Suggestivamente innovative le scene di Gianni Carluccio che, invece della tradizionale tarlatana, utilizza sullo sfondo nero dei lunghi teli sospesi a differente profondità che creano differenti prospettive alla proiezione delle foto e dei video di ambienti interni ed esterni. L’intento dichiarato è di mescolare il linguaggio teatrale con quello del cinema allora agli esodi. Costumi di Chiara Donato, musiche di Andrea Rocca. Bravissimi tutti gli attori del cast ciascuno dei quali interpreta due personaggi: Marilù Prati, Ciro Capano Roberta Lucca, Giada Lorusso, Totò Onnis, Salvatore Esposito, Teo Guardini, Davide Montalbano, Francesca Iasi. Uno speciale encomio nella parte di Anselmo Paleari a Nicola Di Pinto, attore di grande esperienza con partecipazioni in innumerevoli film.



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