Una scrittrice, sceneggiatrice e traduttrice tedesco-ungherese
Terézia Mora è una scrittrice, sceneggiatrice e traduttrice tedesco-ungherese. Nata a Sopron e cresciuta bilingue, per i cambiamenti politici avvenuti in Ungheria nel 1990,
si trasferisce a Berlino per studiare cultura ungherese, teatro e sceneggiatura. Ha all’attivo diversi romanzi tradotti in 20 lingue ed ha ricevuto importanti riconoscimenti tra cui l’ “Ingeborg Bachmann” e due “German Book Prize”. Tra i suoi titoli pubblicati in Italia, “Tutti i giorni”, “L’amore tra alieni”, “La metà della vita”, del 2024. In quest’ultimo romanzo racconta un “amore tossico” ma anche, attraverso di esso, le macerie morali causate dalla vita all’epoca del Muro di Berlino. “Essere liberata da una dittatura in giovane età – spiega la scrittrice – ma conservarne ancora un ricordo vivido, ha lasciato il segno nella mia vita”. Tante persone della sua generazione sono ancora traumatizzate e “soffrono di un disturbo da stress post-traumatico permanente”. I personaggi delle sue storie vivono l’abbandono e devono trovare la forza in se stessi, farcela da soli, essere tenaci. Muna, la protagonista di “La metà della vita”, nasce in una città piccolo-borghese ai tempi della DDR che abbandona per amore di Magnus, dominato da una pulsione di morte. Una vita dolorosa, per una donna intelligente, sensibile, dalla famiglia disastrata,
disposta a sacrificare se stessa ai desideri dell’uomo che ama. La storia si dipana come un film drammatico, introspettivo, sulle fragilità umane, in un contesto storico che amplifica la difficoltà di compiere scelte, proiezione di un conflitto interiore. “Se scegli il partner sbagliato, se rimani in un lavoro in cui vieni trattato male, non importa quanti muri di Berlino cadano, sarai comunque infelice”, spiega Mora. “I miei personaggi sono più soli di prima, ma in qualche modo lo vogliono. Questo è il prezzo che pagano per la loro libertà”, afferma l’autrice che esorta a riflettere sulle scelte che facciamo in nome dell’amore che, spesso, diventa dipendenza. Il crollo di certezze esistenziali, gli effetti della dittatura e del capitalismo condizionano i rapporti interpersonali, le nostre scelte. Più libertà non significa automaticamente più felicità perché nessuno verrà a salvarci da noi stessi, segnati da un passato opprimente e da un futuro incerto nel quale sopravvivere è già un traguardo.