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Sperimentando

di Antonino Ianniello

Numero 222 - Luglio-Agosto 2021

“Locked Down Solo Bass” è il nuovo album di Pippo Matino, uno dei massimi del basso jazz e pop-rock


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Pippo Matino, grande espressione del jazz nazionale ed oltre, rispetto alle svariate versioni o varianti del basso elettrico (e mi riferisco a quelli con sei, sette, otto corde e più) preferisce lo strumento classico: quello a quattro corde e con i tasti. Nei due Conservatori, laddove insegna: l’Arrigo Boito di Parma ed il Giuseppe Verdi di Como, -taglio-Matino preferisce tuttavia insegnare con il basso quattro corde. «Beh, poi nella musica pop, ci sta anche bene lo strumento a cinque corde, anche se tutto dipende dall’ accordatura che il musicista vuol dare al suo strumento, ma nel jazz, almeno questa la mia forte convinzione, credo che occorra usare il basso ‘versione nuda’ … cioè a quattro corde perché, in fondo, lo strumento nasce a quattro corde.» L’artista partenopeo è senza alcun dubbio uno dei più grandi rappresentanti dello strumento, che in un primo momento era nato solo ‘da accompagnamento’, pur rientrando nella sezione definita ritmica. Oggi, al Conservatorio dei ‘ducali’ parmensi, insegna pop-rock mentre in quello ‘lariano’ del Verdi mantiene la cattedra di basso jazz. L’artista, come credo sia accaduto un po’a tutti, in questo periodo di pandemia, ha lavorato sperimentando nuovi suoni e realizzando un album, “Locked Down Solo Bass”, quasi a distanza e con il solo basso elettrico. Un disco che sta anche avendo un buon successo grazie alla caparbia forza di volontà nel voler ricercare nuovi sound. «Il disco è stato registrato a casa mia e poi con i ragazzi della ‘Sound Live Record’ di ‘Wakepress’, abbiamo realizzato il mio ‘song-book’ e copertina. Posso dire che si è trattato di un lavoro fatto sì in collaborazione ma che mi rende molto fiero e contento di un cd che contiene ben diciassette pezzi. Nell’album ho inserito tre omaggi a Pino Daniele e brani d’amore rivisitati appartenenti a diverse epoche. Suonare brani italiani, solo con il mio Fender Jazz, è una cosa che amo. Non mancano anche brani che definisco pezzi-follia e che sono dedicati a questi momenti di prigionia forzata.» Cosa caratterizza questo momento post-pandemico? «Credo che vi sia una grande paura del confronto. Noi tutti musicisti veniamo da una sorta di chiusura totale ed in tantissimi si sono dedicati a video postati su YouTube, a dirette Facebook, allo streaming. Ma certo è che comunque la tecnologia ci è venuta davvero incontro e ci ha salvato da sindromi ben più gravi. Ora con la riapertura, anche se parziale e con le dovute distanze e precauzioni, potremo finalmente superare lo scoglio del live e buttarci dietro questo brutto sogno. La paura del confronto viene determinata dal fatto che vengono a crearsi band dove uno solo è frontman o band leader mentre gli altri, posti un gradino sotto, fanno quello che dice il leader. Ecco questa è la paura del confronto. Il non doversi misurare con artisti di pari livello. Non nascondo che si ha ancora un po’ di timore. Occorrerebbe che i musicisti collaborassero di più insieme.» Cosa rimpiangi del tuo passato … cos’è che non hai fatto? «Ho adoperato una scelta e non rimpiango nulla. Avrei potuto guadagnare di più suonando con i neomelodici ma non mi andava di farlo. Ho scelto il jazz e lo rifarei ancora. Ma il mio sogno e l’errore della mia vita è il non essere restato negli States quando stavo per entrare bene nei meccanismi … beh! Ho dovuto lasciare tutto lì e son dovuto ritornare a Napoli. Questo il mio rimpianto più grande.» Poco prima parlavamo dello strumento a 4 corde e Matino oltre a ribadire il concetto già espresso di sofferma su due mostri del jazz e del funky-fusion: il modo di suonare il basso elettrico è stato stravolto dalla presenza di due inarrivabili della musica … si riferisce a Jaco Pastorius che ha suonato il basso a 4 corde ma senza tasti (fretless) ed al grande Stanley Clarke. «Sono stati loro a dare la spinta necessaria per una nuova concezione del basso elettrico. Di Pastorius si è detto di tutto e non possiamo aggiungere nulla.-taglio2- Il suo stile è ancora ricercato dalla maggior parte dei bassisti e questo vuol dire tanto. Clarke ha spinto ancora più sù il basso con quel modo di fare dello slap l’arma vincente.»Pippo dice di essere stanco di recitare il ruolo di manager di sé stesso. «Certamente … sono due cose che non si possono fare in contemporanea. O suoni, ricerchi e studi oppure decidi di diventare manager o meglio ancora produttore ed è stata questa la figura che ci è mancata e che forse manca al sud. L’imprenditorialità musicale è fondamentale e venne a mancare nel momento in cui, anni fa, decidemmo di mettere in piedi una superband insieme ad Antonio Onorato, il compianto Joe Amoruso ed un altro artista. Ma immaginate cosa sarebbe stato? Resta una notte dove abbiamo progettato, deciso di fare un disco … poi tutto finì in una bolla di sapone. Se vi fosse stata la figura del produttore, all’epoca, oggi staremmo a parlare di altro. Pandemia inclusa!» Ascolta Pippo, molti bassisti sono anche passati al contrabbasso. Perché tu questo percorso non lo hai seguito? «Ho sempre creduto nel basso elettrico e nella sua funzione e sonorità. Per un periodo sono passato al contrabbasso ma l’amore per il basso elettrico a quattro corde mi ha sempre tirato da quella parte. Nulla … è una scelta di vita.» L’artista, nato a Portici, è riconosciuto da tutta la critica tra i maggiori conoscitori dello strumento e con il quale ha un inequivocabile legame particolare. «Cominciai a suonare da adolescente e con il passar del tempo sono entrato in diverse formazioni dove ero sempre il più piccolo. Questo tipo di rapporto viscerale, in verità, venne fuori ancora di più tre anni dopo quando cioè cominciai a studiare lo strumento. Un paio di anni dopo registrai il mio primo disco ‘Bassa Tensione’ e quando, in pratica, avevo già iniziato a collaborare con i ‘Napoli Centrale’ di James Senese.» Pippo Matino, musicista che ha dato tutto il suo essere per questo strumento grazie al quale, con il passare del tempo, diventa essenziale ed a tratti solista nella musica. L’artista, dopo anni a Roma, si è ristabilito nel napoletano, ha partecipato anche in molti dei più importanti lavori di jazz e fusion realizzati negli ultimi anni in Italia. Matino è stato presente nei lavori di Flavio Boltro, Stefano Di Battista, Robin Eubanks, Bireli Lagrene, Billy Cobham, Horacio ‘El Negro’ Hernandez, Antonio Onorato, Ernesto Vitolo, Agostino Marangolo, Marco Zurzolo, James Senese, Rocco Zifarelli, Napoli Centrale e James Senese in ‘Tributo a Joe Zawinul’. Il partenopeo è senza dubbio alcuno un musicista poliedrico spaziando dalla musica jazz e relative contaminazioni, al funky, blues, e fusion. «Ho realizzato sino ad ora, compreso l’ultimo, dodici album ed avrei intenzione, se questo anno ce lo permetterà, di passare al tredicesimo cd. Un nuovo lavoro da realizzare in quartetto e soprattutto con un pianoforte. Insomma una formazione che mi vedrebbe in una posizione che definirei tradizionale. Un lavoro che dovrà essere di matrice jazz con molta contaminazione … magari coinvolgendo musicisti americani, magari realizzandolo anche a distanza, ma l’obiettivo è finire il disco entro dicembre di questo nuovo anno.» Matino, alla fine, è la dimostrazione di come possa essere cambiata la concezione del basso elettrico. Uno strumento che era considerato un qualcosa di ‘superfluo’ per l’economia di un gruppo musicale, specialmente funky o jazz, ma vi è stata una rivoluzione totale che ha spinto a rivedere l’importanza di un basso elettrico. Metamorfosi la cui paternità è da attribuire a quell’intramontabile mito che è stato Jaco Pastorius, che ancora oggi influenza tutto il ‘movement’ dei bassisti.





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