Le massime latine ci esortano a pensare in grande. Nonostante le difficoltà
Le festività sono oramai alle nostre spalle, però siamo ancora in pieno inverno a livello non solo meteorologico, ma soprattutto psicologico, perché le belle giornate appaiono ancora lontane. Anche metaforicamente. Perché il nuovo anno si prospetta come portatore di una vera e propria sfida. Sociale ed esistenziale. O ce la caveremo o crolleremo. -taglio- “Tertium non datur”, vale a dire “Una terza condizione non ci è consentita”. Dal canto nostro siamo convinti che ce la faremo. E, per essere rincuorati e rinsaldati in questa convinzione, volgiamo con fiducia gli occhi alla cultura dei nostri Padri, che resero grande e immortale l’antica Roma. La quale si scontrò con molti nemici (dai Galli ai barbari), ma, dopo sorti alterne, riuscì a prevalere diventando più forte di prima. Molti sono gli aforismi che gli scrittori incentrarono sulla tesi della necessità del rischio: ad essi fanno da pendant altre massime, secondo cui il successo gioioso scaturisce dall’impegno sofferto. Passiamo in rassegna alcuni di questi detti memorabili, partendo da quelli che teorizzano la necessità di vincere la paura. Cominciamo con un aforisma di Publilio Siro, che nell’età cesariana (I sec. a. C.) criticava i timorosi: “Chi ha paura vede anche i pericoli che non ci sono”, che ha una variante nello storico Tito Livio, 27, 44, 10 (“La paura è un interprete che tende sempre al senso peggiore”). Nelle varie lingue europee si è poi diffuso un proverbio, che, tradotto in italiano, corrisponde a “La paura ingrossa il pericolo”. E’ noto poi l’aforisma dal tono ironico “Ha paura della sua ombra”. -taglio2- Esso figura nel testo di Cicerone “Commentariolum petitionis” e corrisponde esattamente alla sua traduzione in greco, attestata in Aristofane e in Platone. Un’ulteriore variante si trova in Giovenale e recita così “Tremerai anche per l’ombra di una canna che si muoverà alla Luna”. E le avventure della vita, che hanno messo a dura prova la nostra resistenza, vanno ricordate come monito a noi stessi e a coloro che verranno dopo di noi. Perciò Virgilio, contemporaneo di Ovidio, nel primo libro dell’Eneide, pone sulle labbra di Enea -che intende rincuorare i suoi compagni dinanzi alle difficoltà da fronteggiare- questa memorabile frase: “Forse un giorno sarà bello ricordare tutto questo”. Frase, che, Eleonora Pimentel Fonseca citò, salendo sul patibolo nel 1799 in quanto patriota della Repubblica partenopea. Lei subì dolorosamente la morte, ma fu tristemente lieta per aver vissuto un alto ideale. Insomma, le grandi gioie sono figlie di grandi dolori. Lo afferma anche la tradizione cristiana. Una delle frasi più toccanti contenute nei Salmi biblici (126:5-6) recita: “Quelli che seminano con lacrime, mieteranno con canti di gioia. Se ne va piangendo colui che porta il seme da spargere, ma tornerà con canti di gioia quando porterà i suoi covoni.”