Il celebre attore e regista racconta i suoi prossimi progetti e le idee sul futuro, “al di là dell’algoritmo”…
A Palazzo Reale di Napoli, al “Campania Libri Festival”, per il ciclo “Cinema e Letteratura” a cura di Titta Fiore, incontro con Sergio Rubini, gran finale dei tre giorni di kermesse. Un’emozione per Rubini tornare a Palazzo Reale di Napoli dove girò, nel 1998, una scena di impiccagione nel “Conte di Montecristo”, al fianco di Gerard Depardieu, Ornella Muti, Jean Rochefort, per la regia di Josée Dayan.-taglio- Al pubblico televisivo propone una visione inedita, complessa e moderna di Leopardi nella miniserie “Leopardi. Il poeta dell’Infinito”, di cui firma la regia e condivide la sceneggiatura con Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini, in onda su Rai1 il 16 e 17 dicembre 2024. Nel cast Leonardo Maltese (Giacomo Leopardi), Cristiano Caccamo, Giusy Buscemi, Valentina Cervi, Fausto Russo Alesi, Bruno Orlando, Serena Iansiti, Maria Vittoria Dallasta, Andrea Pennacchi, Roberta Lista, Alessandro Preziosi e Alessio Boni.
Come ha immaginato Leopardi?
“Leopardi era un giovane pieno di amore per la vita, con un pessimismo da leggere come eccesso di vitalismo. Mette al centro della riflessione un nuovo umanesimo. Intellettuale, filosofo, indagatore dell’animo umano, proiettato nel futuro, non fu compreso dai contemporanei. Non era un pessimista a monte ma a valle. Amava troppo la vita. Nella serie Leopardi è senza gobba, per raccontare la morfologia del suo pensiero, quello arguto e comico delle “Operette Morali”. È stato un trasgressore, uno spregiudicato, con un pensiero complesso, un ragazzo ribelle. Era un visionario, sospettoso nei confronti delle macchine, come noi oggi nei confronti dell’AI. Era animato da un amore vibrante, spasmodico, con il desiderio di staccarsi da Recanati. Le tante conventicole lo hanno tirato a sé: nichilista, patriottico, convertito… in realtà non apparteneva a nessuno. Spero che il film piaccia ai giovani e che serva a divulgare il pensiero di questo grande intellettuale da portarsi dentro.”
Anche su Antonio Ranieri si getta una nuova luce…
“Si, è sempre rappresentato come un parassita, una persona scadente. La sua colpa fu quella di scrivere “Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi”, nel quale racconta un’amicizia bellissima, ma scritto male e in tarda età. In realtà Ranieri era un uomo preparato, aveva fatto il Grand Tour e ricevuto una formazione simile a quella di Leopardi. Anche sul rapporto di Leopardi e Ranieri con Fanny abbiamo raccontato l’essenza più profonda, poetica, lontana dal gossip.”
Lei sta lavorando al seguito de “I Fratelli De Filippo”, grande successo al cinema e visto su RAI1 nel 2021…
“Sono meridionale e già da ragazzino, grazie a mio padre grande appassionato di teatro e capocomico di una compagnia filodrammatica, avevo subìto il fascino di Eduardo e della sua famiglia.-taglio2- Eduardo ha scelto la croce dell’ “antipatico” per rafforzare il teatro napoletano, la commedia dell’arte. L’antipatia dell’autore per poter raccontare la propria visione del mondo! Una storia, quella dei tre fratelli, che mi aveva colpito molto. Stiamo per iniziare la scrittura. Il progetto, fin dall’inizio prevedeva il racconto della prima fase, quella della rivalsa che li condusse al successo. Poi saremmo passati al racconto della sofferenza e della dissoluzione del trio, portandoci fino a quando Eduardo scrisse “Napoli milionaria”. Per motivi produttivi decidemmo poi di tagliare la nostra storia in due. Li abbiamo lasciati nel Natale del 1931 e la seconda parte inizierà dal giorno dopo intrecciando la storia di Eduardo, Peppino e Titina con i drammatici accadimenti della guerra ma anche con la speranza della rinascita. Perché puoi nascere nelle retrovie ma con il talento e la tenacia puoi ribaltare il tuo destino e sarà un modo anche per raccontare la storia del nostro Paese, che alla fine con forza, rialza la testa e ritrova la sua dignità.”
Lei è attore di cinema e di teatro: quale ama di più?
“Amo tantissimo il teatro, amore ereditato da mio padre. Mi piace come spazio di ricerca ma non mi piace la vita del teatro: il buio, svegliarsi tardi… Il cinema mi irregimenta, il teatro mi fa smarrire. A teatro, con Luigi Lo Cascio abbiamo portato in scena “Delitto/Castigo” e con Daniele Russo “Il caso Jekyll”. La commedia, cristallizzata, mi spaventa. Preferisco mettere le mani sui libri. Devo raccontare, trasmettere le emozioni che ho ricevuto dalla lettura. Lavoro con mia moglie che scrive con me le sceneggiature. Penso alla profondità delle parole di Dostoevskij.”
Cosa pensa dell’AI?
“Noi viviamo nella periferia del mondo. Una narrazione fatta da algoritmi produrrà un pubblico di algoritmi. In questo caso si crea narcosi, significa dare al pubblico ciò che gli piace, il teatro gastronomico, la serie che non ha fine. L’algoritmo non ci impegna, è puro intrattenimento. Il cinema è il luogo in cui si mette il punto che ha senso. Siamo vivi se ragioniamo, grazie alla dialettica. L’AI ci può rendere fantasmi. Prima degli uomini i numeri? Così saremo sempre degli schiavi. I governi devono vigilare.”