Gli uomini hanno raccontano non semplicemente per dispiegare la situazione, per eccitare l’inventiva, per abbandonarsi all’estro, ma specialmente per misurare la realtà
Gran parlare, a proposito e a sproposito, dei premi letterari. Chi li manovra? Come vengono scelte le opere da valutare? Chi, e da chi, viene insignito dell’autorità di indicare i titoli dei romanzi più meritevoli? Perché i piccoli editori non hanno spazio? E poi ci sono: giurie popolari, giurati, presidenti… -taglio- Che cosa intende per letteratura ciascuno degli ‘anelli della catena’ da cui verrà emesso il verdetto finale? Tra i concorrenti: il ‘girella’, in sintonia col ‘vento’ ideologico del momento; il ‘sornione’, che arricchisce l’editore, cedendo all’ordine di ‘sfornare’ centinaia di titoli con gli stessi personaggi e gli stessi schemi graditi a un pubblico facile da sedurre; il “mediocre”, inserito perché utile a dare più smalto al ‘predestinato’; il calciatore, venerato da milioni di tifosi; il giornalista ‘ammanigliato’; il ‘plagiatore sarto’, capace di assemblare pezze, celandone ad arte le cuciture…
E ci sono, infine, coloro che scrivono per ‘necessità’, per un’esigenza esistenziale incoercibile. Per campare, fanno altri ‘mestieri’; e si dedicano alla narrativa, rubando tempo al riposo e ai propri cari. Sanno come vanno le cose. E, tuttavia, continuano a crederci. Doveroso sottolineare che si tratta di autori per nulla intenzionati a educare e a formare. Scrivono per il motivo che Ricoeur sottolinea più volte nei suoi saggi: “Sono convinto che gli uomini hanno raccontato non semplicemente per dispiegare la situazione, per eccitare l’inventiva, per abbandonarsi all’estro, ma specialmente per misurare la realtà .-taglio2- [...] Raccontiamo delle storie perché [...] le vite umane hanno bisogno e meritano d’essere raccontate. [...] Tutta la storia della sofferenza grida vendetta e domanda d’esser raccontata.”
Se questa, dunque, è la ragione che li guida, meglio farebbero a non lasciarsi coinvolgere? Certamente no. A patto, però, che siano disposti a non manifestare il loro disappunto, a non impaludarsi in polemiche inutili e a mantenere il dovuto distacco. Il loro premio sta nella coerenza con le intenzioni sottese alla propria scrittura e nella decisione di essere stati comunque presenti. Non tutti i premi sono eguali. Ci sono anche eccezioni meritevoli di rispetto. Doveroso, a questo punto, tenere presente altresì che la gloria, per alta che sia, è fugace, “fumo” pronto a dissolversi. Se è vero, infatti, che “la poesia vince di mille secoli il silenzio”, è altrettanto vero che “involve tutte cose l’obblio nella sua notte”; e che “l’estreme sembianze e le reliquie/ della terra e del ciel traveste il tempo.”