Sull’onda del successo in tutti i sensi: stiamo parlando del campione italiano di surf che ci fa “entrare” nelle sue acque, trasmettendoci un amore che va oltre il professionismo
Rudy Ghiara ha ventisei anni, e nonostante la sua giovane età oggi è uno dei surfer professionisti italiani più conosciuto all’estero. Per lui il mare è immensità, rischio, ma anche emozioni, prudenza e tanta disciplina. -taglio- La sua specialità è il Big Wave Riding, la modalità più estrema nell’ambito di questa disciplina. Rudy affronta in tutta solitudine l’oceano, le onde, le sfide e lo fa con estremo coraggio. Con il tempo questa passione è diventata molto di più e della sua bravura se ne sono accorti molti brand come Mont-Blanc, Jeep ma anche varie riviste di moda e sport. Rudy è un ragazzo responsabile, molto determinato, professionale. A noi di Albatros Magazine ha raccontato un pezzo della sua vita e l’amore per questo fantastico sport. Quando è nata la passione per questo sport, e quando hai capito che questo poteva diventare per te un lavoro? “Questo sport l’ho praticato per la prima volta circa 10 anni fa, ed è successo quasi per caso. I miei amici già lo conoscevano, un giorno sono stato invitato ad andare con loro e così ti ho cominciato a surfare. Diciamo che il mare mi è sempre piaciuto, è un elemento nel quale mi trovo bene. Poi, quando sono stato avvicinato da chi nel settore si occupava di marchi e che cercavano atleti che potessero dare visibilità ai loro brand, ho capito che poteva essere qualcosa di più. Lì mi sono reso conto che le mie prestazioni in acqua potevano fare la differenza, ed allora sì, è diventato un mestiere per me.” Sei specializzato nel Big Wave Riding, la modalità più estrema nell’ambito del surf, la vedi come l’ennesima sfida per te? “Nel surf ci sono diverse modalità, questa del Big Wave prevede cavalcare onde molto grandi. Si può fare in due modi, sia con un team che utilizza moto d’acqua o spotter e che comunica tra di loro quando queste onde molto grandi stanno per arrivare, sia quella più estrema che pratico io e cioè quella nel quale non c’è nessun supporto esterno, nessuno che ti avvisa di quello che sta arrivando. Si pratica a remi, come il surf tradizionale, si nuota fin quando non arriva il momento giusto. Il gesto atletico viene effettuato nel momento perfetto dell’onda.” Il tuo è un approccio davvero estremo, c’è stata almeno una volta nella quale hai avuto davvero paura? “Il mare e l’oceano sono elementi che vanno rispettati, davvero, ed io cerco sempre di farlo. Rispetto non è sinonimo di paura ma sicuramente è sinonimo di cautela, in acqua certamente non comandiamo noi, quindi bisogna sempre aver cautela. -taglio2-Durante la mia carriera ho affrontato un paio di situazioni difficili dove ho rischiato la vita. Ero tra l’altro anche da solo, quindi per me la difficoltà è stata ancora più grande, ne sono venuto fuori autonomamente, nonostante la paura. Mi viene in mente una volta a Nazarè, il primo anno che sono stato lì, mi sono trovato davanti ad onde di 20 metri, ed essendo periodo di Covid quel posto era quasi vuoto. Dopo quattro ore di remata costante per trovare l’onda giusta, ne ho presa una veramente grossa, e dato che a livello fisico e mentale ero davvero stanco non sono riuscita a finire il rive, sono caduto e l’onda mi ha spinto per molti metri sott’acqua ed in quel momento ho ricevuto un knockout, mi sono spento, sono svenuto per alcuni secondi, quando mi sono ripreso sono riuscito ad usare la giacca di salvataggio per tirarmi in superficie. Ho ricevuto altre onde, fino a quando la forza della corrente mi ha trasportato in spiaggia.” Queste situazioni sono molto estreme, ma lasciano dentro così tanta adrenalina che ti viene voglia di riprovare poi? “Sono situazioni che ti fanno certamente riflettere, la vita non è un gioco. Pur essendo questo uno sport o una professione, dobbiamo sempre pensare che a casa abbiamo persone che ci amano e che si preoccupano per noi. Questa è una spinta a prepararsi sempre al meglio, ad avere ben presente quello che facciamo, ed essere sempre pronti ad uscire da qualsiasi situazione, sani e salvi.” Lo sport che pratichi ed i brand che rappresenti ti portano a vivere all’estero per molto tempo. Cosa ti manca dell’Italia? “Sicuramente mi manca la mia famiglia, il mangiare bene, i pochi amici che si hanno. Per il resto, abitare all’estero mi ha dato grandi possibilità e sono grato per questo. Ho imparato varie lingue, questo mi ha permesso tante cose, prima di tutto rapportarmi con molte culture diverse e migliorami. In Italia purtroppo non ci sono molte onde, e per poter migliorare nel mio mestiere ed avere performance sempre più alte è importante per me trovare la situazione giusta.” Un consiglio che tu daresti ai giovani che vogliono provare ed approcciarsi a questa disciplina sportiva. “Questo sport può dare molto, sia a livello psichico che fisico, io mi soffermerei più sull’aspetto mentale. Chiunque lo pratichi, sia da principiante sia da professionista, può trarne grandi vantaggi, aiuta molto, trasmette serenità. È utilizzato anche come cura per esempio nelle terapie per il disturbo dello spetto autistico. Il mio consiglio è quello di armarsi di tavola e muta e di provarci.”