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Rassegne d’autore

di Massimiliano Craus

Numero 246 - Dicembre-Gennaio 2024

Grande successo per la V edizione di “Esplorare”, incentrata sul celebre “Bolero” di Ravel


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La quinta edizione di Esplorare in onore del “Bolero” di Maurice Ravel ha chiuso i battenti ed il direttore artistico Domenico Iannone già pensa al giro di boa verso il secondo lustro. In questa quinta edizione si è puntato diritto al cuore del Novecento con il “Bolero”, opera magna di un secolo danzante che ancora oggi ha attirato giovani e non al Teatro Kismet di Bari. -taglio- Il “Bolero” da sé ha generato una sinergia tra AltraDanza ed i Teatri di Bari e Officina dell’Arte – APS proprio per riascoltare più volte l’eco dello spartito di Ravel. Il progetto “Cinque coreografie per cinque scenografi” ha portato in scena il “Bolèro” di Ravel infatti in diverse riletture. Ma andiamo con ordine, ovvero con una prima serata con ben quattro coreografie diverse: l’apertura a cura di Sabrina Speranza con una speciale rilettura del capolavoro raveliano, “L’occhio di Dio”, con la scenografia di Paola Santoro. Lo spettacolo è stato incentrato sulla sezione aurea o “Divina Proporzione”, collegata ai vari elementi della natura e dell’arte. Dal DNA, fino all’uragano e alle galassie, mostra tutto il mistero che il cosmo nasconde. Lo scopo è quello di rendere lo spettatore consapevole del mistero che la sezione aurea nasconde e di farlo riflettere sull’esistenza dell’infinito. A seguire “Le Bolerò” del Ballet Center, con le coreografie di Alessandra Lombardo e Antonella Domanico e la scenografia di Angela Saponara. in una arena virtuale, dodici danzatori si sono contesi la scena sulle note del “Bolèro”, e la versione dell’artista elettronico Prequell ha reso la scrittura musicale incalzante, enfatizzata da un gioco di corpi intrecciati attraverso la pregiata partitura coreutica. L’altro spettacolo incentrato sulle musiche di Ravel è stato «rEvolution», coreografia di Gabriella Zizzo e Raffaella Pucillo, scenografia di Dorotea Sabini. Un mutamento graduale e ritmico, una presa di coscienza ed un risveglio. L’uomo-automa incastrato nei processi della gabbia sociale si riavvia attraverso il cortocircuito, che come un virus cresce, matura e si espande, fino alla rivoluzione. Il rovesciamento del sistema segna la rinascita, l’emancipazione e la libertà di esistere e autodeterminarsi. Un’altra serata è stata invece appannaggio di “Out of Closet”, con la coreografia di Fabrizio Delle Grazie e la scenografia di Giovanni la Torre: -taglio2- un inno alla libertà di essere chi si desidera di essere. Una persona, come un armadio, può nascondere molte cose dentro di sé. Il viaggio all’interno di questo armadio esplora l’identità di un individuo che si spoglia di tutti gli artifizi dettati dall’appartenenza sociale e riscopre la sua vera identità, svincolata dal concetto di genere binario. É un’identità che transita nel mezzo. La chiosa ha infine visto andare in scena “Adoro Bolèro” di Fabrizio Natalicchio, con la scenografia di Francesco Ceo e Michele Tataranni. Qui il senso è partire dal concetto di “adorazione”, espresso nella prima versione del “Bolero” di Ravel e portarlo ad una visione totalmente nuova. Gli uomini che adorano la donna diventano fedeli che adorano una reliquia. In tal senso si susseguono in scena due “ambienti virtuali”: quello in cui avviene la preparazione della madrina, e quello in cui viene portata in processione. Tutto è teso a mantenere il concetto originale del “Bolero” seppur decontestualizzandolo, e a mantenere forte l’identità territoriale e culturale di coreografo, scenografi e danzatori. In linea con le tradizioni pugliesi, tra sacro e profano, in maniera analoga a tutto quello che rappresenta il “Bolero”, tra adorazione e perdizione. In scena tra Cattedrali e Festa Patronale, tra vetrate e luminarie; fra donne e sante, i ritmi di Ravel hanno trovato nuova linfa vitale in chiave totalmente inedita, donando allo spettatore emozioni senza tempo. Cosa si voleva di più? La danza ha trovato i suoi estimatori in primis nei contenuti proposti in una rassegna che si fa sempre più autoriale, proprio come nelle corde del direttore artistico Domenico Iannone.





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