Tanti i progetti ed i successi raggiunti dal regista Marcello Cotugno, che dopo i David di Donatello sarà presto impegnato con “The Red Lion”
Marcello Cotugno è regista, autore di diversi saggi e pubblicazioni, filmmaker, docente, pedagogo. Dal 2007 al 2015 è stato uno degli autori della serata David di Donatello per RAI 1. Ha diretto oltre sessanta spettacoli teatrali, scegliendo spesso con competenza e passione anche le musiche di scena, e realizzato diversi cortometraggi.-taglio- I suoi ultimi lavori teatrali, un successo di pubblico e di critica, sono stati Regalo di Natale, una produzione de La Pirandelliana, tratto dal celebre film di Pupi Avati, da oltre tre anni in tournée, Oh scusa dormivi, interessante testo dell’attrice Jane Birkin, una produzione del Teatro Stabile di Napoli e Un autunno di fuoco, di Eric Coble prodotto dalla Contrada di Trieste. Ai lettori di Albatros racconta i suoi molteplici progetti. Parliamo del corto Il perdono, che segna due sodalizi importanti della sua carriera, con due grandi amici: l’attore Lino Musella, uno dei più bravi attori italiani della sua generazione, e l’autore Dario Iacobelli… “ Il perdono nasce da un’idea mia e di Lino di voler realizzare una delle tante sceneggiatura di Dario, autore poliedrico prematuramente scomparso nel 2013. Il progetto ha avuto una lunga gestazione, iniziata nel 2016. “Grazie alla produzione Panamafilm di Paolo Rossetti siamo poi riusciti a realizzarlo nel 2018. Si tratta del mio nono cortometraggio, l’ultimo (per ora), poiché spero di dedicarmi a un progetto per un lungometraggio”. Il cast è esattamente quello ideale: assieme a Lino Musella, ci sono Valentina Acca, Alfonso Postiglione, Gennaro Di Biase e Emilio Vacca Valentina, in particolare è un’attrice che stimo molto e con cui collaboro da tempo. Apprezzata interprete de “L’amica geniale” con lei abbiamo da non molto messo in scena “Leni (Riefensthal) Il trionfo della bellezza”, scritto da mia moglie, Irene Alison. Il perdono ha vinto il premio come miglior attore protagonista a Lino Musella alla XIV edizione del Premio “Cortinametraggio” ed è stato finalista ai “Globi d’Oro” 2019. Abbiamo avuto un cast artistico d’eccezione con le collaborazione di Cesare Accetta per la fotografia, Luca Canciello per le musiche, (entrambi amici di Dario), per finire a Giada Esposito per la scenografia. Mi piacerebbe realizzare un film, ho un progetto con Milena Vukotic, già interprete a teatro di “Autunno di fuoco” con Maximilian Nisi. Ma il sogno nel cassetto è realizzare una miniserie da un mio testo teatrale, “Anatomia della morte di…”, la storia di un ragazzo che si suicida la notte di Capodanno del 2000, quando si temeva il Millennium bug: è un thriller psicologico che parla anche di nuove tecnologie (oggi informatica vintage) e di Internet. Il testo vinse un importante premio al Teatro Argentina sotto la direzione di Mario Martone” Al cinema lei è stato anche assistente di Sergio Castellitto: cosa le ha lasciato questa esperienza? “Con Sergio ho collaborato per cinque anni, dal 1997 al 2002; abbiamo fatto tanto teatro insieme e sono stato assistente del suo primo film. Da lui ho appreso la pragmaticità del fare e l’umanità. Abbiamo avuto un rapporto di amicizia oltre che lavorativo.” Lei insegna al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. “Sì, anche se in questo periodo anche la didattica si è spostata online: al Centro Sperimentale Di Cinematografia, all’Università Link Academy di Roma, a La Scaletta e all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, nel Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione diretto da Nadia Carlomagno. Quest’ultimo è un progetto ambizioso: un Master di Teatro Pedagogia e Didattica, con un approccio interdisciplinare nel quale confluiscono teatro, performance art, grafica, arti visive, computer art. Abbiamo lavorato sul limite imposto dalla quarantena, e i risultati sono più che soddisfacenti. Speriamo a settembre di poter tornare all’insegnamento frontale. Alla fine devo dire che questo momento di quarantena è stato anche costruttivo, consentendo degli approfondimenti di solito rinviati. La speranza di tutti noi del mondo dello spettacolo è quella di tornare a lavorare presto. La prospettiva Netflix mi sembra improbabile per il teatro; vorremmo che questo governo ci dicesse qualcosa: nei decreti non siamo neanche nominati! -taglio2-Spero che i direttori degli Stabili firmino un protocollo che ci consenta di tornare nei teatri, sia pure con minore pubblico in sala. Inoltre il riconoscimento delle categorie di lavoratori dello spettacolo è all’ordine del giorno, manifestazioni, proteste si sente sempre più la necessità di essere davvero riconosciuti e protetti, come avviene ad esempio in Germania e in Francia.” Passiamo al teatro: lei ha curato diverse regie di testi di Neil LaBute, autore che le è particolarmente caro… “Certo, nel 2001 ho portato per la prima volta in Italia la drammaturgia di LaBute. Ho diretto Bash, che avevo visto a New York; La forma delle cose, re(L)azioni, Some Girl(s), La distanza da qui, e sto per mettere in scena Fat Pig in una versione siciliana. Con LaBute siamo in continuo contatto, è un grande autore e posso dire anche un caro amico. È uno dei più interessanti rappresentanti dell’era post-Mamet, in grado di rappresentare la fine del sogno americano (occidentale), dell’utopia, la crisi post-borghese della classe media americana, raccontando la vita di persone ‘perbene’ che fanno cose molto cattive. Questa drammaturgia, di cui mi sono occupato moltissimo nella mia carriera, richiederebbe più attenzione anche se negli ultimi anni in Italia si leggono segnali positivi di apertura verso i testi. Il teatro di parola non va inteso in contrasto con il cosiddetto teatro post drammatico. La post drammaturgia, che non parte dal testo ma lo ingloba in un contesto pluridisciplinare, ha portato innovazioni vitali nel teatro contemporaneo, uscendo dagli schemi e proponendo temi politici, capaci di stimolare riflessioni profonde sulla società. Ma anche il teatro di parola può innescare riflessioni e stimoli utili alla crescita del pubblico, specialmente in un’era di superficialità e di non approfondimento. Milo Rau, per esempio, ha affermato di recente che quest’epoca ha bisogno di nuovi classici nei quali rispecchiarsi… “Sì, sono d’accordo. lo scorso maggio ho fatto una residenza con “Fattoria Vittadini”, collettivo milanese di teatro danza, alla Contrada di Trieste, Abbiamo lavorato ad un progetto basato sugli scritti di un collettivo inglese che si occupa di ecologia nell’arte: The Dark Mountain Project. Il risultato è stato una scrittura scenica che analizza proprio i danni che l’uomo ha fatto e continua a fare al nostro pianeta. La pandemia ne è una riprova. Lei è presidente dell’associazione culturale Te@troshock, che si occupa di teatro-terapia: ha in cantiere nuovi progetti? “Si. Con Gianluca Ficca e Bianca Nappi la stagione prossima faremo un laboratorio al Teatro Biblioteca Quarticciolo, a Roma, su testi di Italo Calvino. E spettacoli teatrali? Per il teatro sto lavorando a The Red Lion, di Patrick Marber, nella versione curata da Andrej Longo, con Andrea Renzi, Nello Mascia e Lorenzo Scalzo. È un testo che parla di calcio di provincia, ma non si limita a questo, è una metafora dei nuovi poveri e dei danni che il realismo capitalista miete in ogni categoria minore. Sarà in scena il prossimo luglio al Napoli Teatro Festival, prodotto da La Pirandelliana e Teatri Uniti. A luglio sarò a Catania, per una residenza su Fat Pig di LaBute, prodotta dal Teatro Stabile, in attesa del debutto rinviato alla prossima stagione. Il testo è tradotto in siciliano, con un cast molto interessante: Paolo Mazzarelli, Federica Carruba Toscano, Alessandro Lui e Chiara Gambino. E in autunno debutterà Peggy Pickit guarda il volto di Dio, di Roland Schimmelpfennig, che fa parte della Trilogia Africana dell’autore tedesco, un progetto curato da me, Valentina Acca e Valentina Curatoli, prodotto da Teatri Associati Napoli con il contributo del Goethe Institut, con, oltre alle già citate attrici, Emanuele Valenti e Biagio Forestieri. Insomma tutto quasi pronto per il ritorno a teatro.”