Le teorie filosofiche, platonica e aristotelica non solo non coincidono, ma in alcuni casi sono molto lontane l’una dall’altra, e a nulla sono valsi, fino a oggi, i tentativi dei filosofi successivi di conciliarle. Analizziamo alcune differenze di pensiero tra Platone e Aristotele
Platone e Aristotele, maestro e allievo vissuti ad Atene nel V e IV secolo a.C., restano, ancora oggi, i due più grandi filosofi. Il loro pensiero continua a illuminare i pensatori moderni e le loro idee, spesso divergenti, continuano a far discutere. Questa cosa ci fa capire come nell’Accademia platonica vigesse una vera libertà di pensiero, ognuno poteva esprimere le proprie idee, anche in contrasto con quelle del maestro. Questa libertà di opinioni ha consentito al pensiero di Aristotele di potersi sviluppare in tutta la sua originalità senza timore di essere condizionato dal maestro o dagli altri accademici. -taglio-
Le teorie filosofiche, platonica e aristotelica non solo non coincidono, ma in alcuni casi sono molto lontane l’una dall’altra, e a nulla sono valsi, fino a oggi, i tentativi dei filosofi successivi di conciliarle. Analizziamo alcune differenze di pensiero tra Platone e Aristotele.
Circa la concezione dell’essere, Platone intende la realtà in modo verticale. Esistono due mondi, dualismo platonico, quello terreno e sensibile in cui viviamo e quello sovrasensibile, ossia il mondo reale sede delle idee. Per Aristotele il mondo è solo quello sensibile, non esistono altre realtà. Al riguardo è opportuno ricordare l’eloquente dipinto della Scuola di Atene di Raffaello in cui Platone è rappresentato con il dito rivolto verso l’alto a indicare l’iperuranio, oltre il cielo, mentre Aristotele è dipinto con il braccio rivolto verso il basso a indicate la terra, il nostro mondo, l’unica vera realtà.
Altra differenza significativa è il modo di apprendere le cose, ossia come perveniamo alla conoscenza. Per Platone la conoscenza non è altro che ricordare, reminiscenza, riportare alla memoria quello che la nostra anima ha visto nel mondo delle idee, prima di scendere nel corpo. Anche per la conoscenza, Platone concepisce un dualismo: l’opinione e la scienza. L’opinione è un qualcosa di mutevole che non offre nessuna garanzia di conoscenza, mentre la scienza ha per oggetto la vera realtà, ossia il mondo delle idee a cui si perviene con l’intelletto, la facoltà che consente di raggiungere il grado più alto della conoscenza. Per Aristotele, invece, sensibilità e razionalità sono congiunte e partecipano insieme al processo della conoscenza. Noi incameriamo nella nostra mente tanti dati che provengono dai sensi; questi dati, poi, vengono elaborati in modo razionale. Questa operazione ci consente di conoscere.-taglio2- Per Aristotele pure l’opinione ha una importanza nel consentire e promuovere la conoscenza, anche se non sempre coincide con la verità. Inoltre, per lo stagirita non esiste nessuna subordinazione fra le varie scienze, sono tutte utili all’apprendimento.
Per quanto riguarda la scrittura, Platone la riteneva inadatta a trasmettere la conoscenza; inoltre riteneva che svilisse la memoria. Infine sosteneva che lo scritto senza il suo autore non è capace di difendersi dagli attacchi di critici e lettori. Per Aristotele, invece, la scrittura ha un ruolo importante sia per la comunicazione sia per la conoscenza.
Altra differenza importante tra i due filosofi è il modo di concepire l’anima. Per Platone l’anima è separata dal corpo ed è immortale. Questo significa che esiste indipendentemente dal corpo, anzi il corpo per l’anima è un carcere da cui l’anima tenta di fuggire per fare ritorno al mondo delle idee. Per Aristotele l’anima ha tre facoltà: vegetativa, sensitiva e intellettiva e non può sussistere da sola in quanto legata strettamente al corpo, quindi è mortale. Ma nei suoi scritti si legge anche che l’intelletto attivo è immortale. Questa teoria dell’anima, molto problematica, resta oggetto di interpretazione.
Per quel che riguarda l’etica, anche su quest’aspetto le idee dei due filosofi divergono. Per Platone le virtù, sempre in considerazione del suo dualismo, sono innate. Per Aristotele le virtù non sono innate, ma costituiscono il frutto dell’educazione che per essere efficace deve iniziare dall’infanzia.