Brillante apertura di Stagione per il Teatro di Napoli - Teatro Nazionale, con “Piazza degli Eroi” (“Heldenplatz”) di Thomas Bernhard
Roberto Andò firma la regia del capolavoro di Bernhard “Heldenplatz”, amara riflessione sul ritorno dei fascismi nell’Europa contemporanea, registrato al Teatro Mercadante lo scorso dicembre dove avrebbe dovuto debuttare segnando l’inizio della stagione teatrale. Trasmesso in prima assoluta da Rai5 Cultura, -taglio-per la regia televisiva di Barbara Napolitano, il lavoro è prodotto dal Teatro di Napoli - Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e dalla Fondazione Teatro della Toscana - Teatro Nazionale. Un’anteprima televisiva che anticipa le date di una tournée italiana che toccherà le città di Torino, Roma, Brescia, Palermo, Trieste, Modena, Firenze, e naturalmente Napoli, Covid permettendo. Ultimo lavoro teatrale di Bernhard, che si congeda così dal teatro, nel 1988 (e dalla vita, che lascia il 12 febbraio 1989), è un’opera sorprendentemente attuale, suo testamento spirituale e politico. Vienna, 1988: il professor Josef Schuster, intellettuale ebreo, torna nella sua città dopo l’esilio ad Oxford, durato cinquant’anni; il professore avverte tutto l’odio, l’antisemitismo, la seduzione del fascismo e del nazismo che lo costrinsero ad emigrare, non lasciandogli altra scelta se non quella del suicidio. Piazza degli Eroi è luogo simbolo di tanta follia, la stessa piazza in cui Hitler, nel 1938, osannato dagli austriaci, diede l’annunciò dell’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania nazista. “Piazza degli Eroi – spiega Roberto Andò – è un capolavoro che, inspiegabilmente, in Italia non è stato mai messo in scena. Oltre a essere il testamento di Thomas Bernhard, lo si può considerare il suo testo più politico, pur consapevoli che questo autentico genio ha sempre declinato la politica in termini esclusivamente poetici. Qui Bernhard colpisce con il suo furore indomabile la zona più oscura del nostro tempo, il ritorno in campo di una destra fascista o nazista. -taglio2-Nel disegnare il suo estremo congedo dalla vita e dal teatro, Bernhard sceglie di dare un nome e un tempo all’ottusità brutale che vede avanzare. Ma come accade nelle opere più profonde e profetiche, l’Austria di Bernhard è un luogo concreto e, contemporaneamente, una metafora. Se è venuto il tempo di rappresentare in Italia Piazza degli Eroi – afferma il regista – è proprio perché, a dispetto della inedita precisione realistica di Bernhard, per comprendere oggi il senso di questo testo visionario e catastrofico non occorrono indicazioni di luogo e di tempo. Gli spettatori che assisteranno a Piazza degli Eroi, capiranno subito che l’azione si svolge in una qualsiasi piazza da comizio, di una qualsiasi città d’Europa”. L’incapacità di adattarsi ad un luogo, la dissoluzione familiare, i gesti reiterati, sono cifra stilistica dello scrittore che “leggeva” la follia dell’Europa che scivolava nel baratro. Nella pièce compare anche un Pianista che suona e si aggira silenzioso tra i personaggi – uno sguardo critico, esterno, sull’azione scenica. Notevole il cast nel quale primeggiano Renato Carpentieri nel ruolo di Robert Schuster, fratello del professore e Imma Villa, la Signora Zittel, la governante; Betti Pedrazzi è la Signora Schuster, Silvia Ajelli, Anna, Paolo Cresta, Lukas, Francesca Cutolo, Olga, Stefano Jotti, il Signor Landauer, Valeria Luchetti, Herta, Vincenzo Pasquariello, il Pianista, Enzo Salomone, il Professor Liebig. Belli i costumi di Daniela Cernigliaro, le scene di Gianni Carluccio, il suono di Hubert Westkemper. Un segno forte ideato dal regista, le numerose paia di scarpe sparse sulla scena, simbolicamente a rappresentare la diaspora e l’interminabile cammino di un popolo, oggetti anonimi lasciati dalle vittime dell’Olocausto. Lo stesso Bernhard collezionava centinaia di scarpe, esposte oggi nella sua casa-museo. Plauso alla regia di Andò, già apprezzato per “Minetti”, di Bernhard, con un maestoso Roberto Herlitzka. E plauso alla visionarietà di uno dei maggiori drammaturghi del ‘900, capace di leggere le ferite del tempo e di farcene percepire ancora il bruciore.