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PAUL THOREL

di Joanna Irena Wrobel

Numero 212 - Luglio-agosto 2020

Il ricordo e la memoria prendono forma in opere suggestive, piene di struggente bellezza e di rara originalità.


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Uno sguardo attento, mobile e profondo, viene catturato (passo dopo passo) da immagini alterate, dissolte in una nebbia dell’ignoto e per questo, intriganti e attraenti. Le opere di Paul Thorel, con le loro forme, colori, visioni oniriche, invitano più a “sentire” che a “capire”. Richiedono tempo di approccio e di lettura diverso da una sbirciata fugace,-taglio- costringendo l’occhio a sincronizzarsi con la mente, per percepire fino in fondo ciò, che la tecnologia ha scomposto ed elaborato di nuovo. Madre napoletana e padre francese, Paul Thorel (1956-2020) è nato a Londra, vissuto a Roma, studiato a Parigi, abitato a Napoli, dove si è trasferito nel 1994. Ha iniziato a dipingere nel 1970 e, in seguito, ha frequentato un corso di pittura da Carla Accardi a Roma. Profondamente attratto da tecnologie innovative, sin dal 1979 ha cominciato ad esplorare la creazione delle immagini elettroniche, intraprendendo gli studi all’Institut National de l’Audiovisuel di Parigi, dove si è specializzato nel campo degli effetti speciali e dei video analogici. Considerato tra i pionieri dell’utilizzo delle tecnologie digitali nella fotografia e nella pratica artistica, ha sempre ritenuto i nuovi mezzi espressivi come l’unica possibilità di arricchimento e di espansione per sviluppare la personale ricerca stilistica. Ben presto, Thorel si dedica a progetti sperimentali, collaborando con centri di produzione televisiva, aziende informatiche, università, realizzando progetti per il cinema, il teatro e la comunicazione pubblicitaria. Dagli anni ’80 la sua ricerca si concentra sulle possibilità di applicazione delle tecnologie digitali nella fotografia. I risultati vengono pubblicati sulle riviste internazionali del settore, come Aperture, Zoom, Photographies Magazine e altre. Tutti i lavori di Paul Thorel si basano sulle immagini reali, che attraverso l’elaborazione digitale vengono scomposte e poi ricomposte sotto un punto di vista diverso. La scomposizione porta a scomparire tutti i tratti riconoscibili in linee orizzontali, laterali, oblique, creando visioni rarefatte, indefinite, caratterizzate da una serie di distorsioni accidentali, che spesso culminano in un cosiddetto “effetto neve”. Per l’artista napoletano, le tecnologie sono lo strumento (e mai fine) per creare le immagini inedite, percettibili attraverso un punto di vista distante e con sguardo visionario. Un approccio artistico complesso, che invita a perdere la concentrazione, non essere troppo lucidi, -taglio2-percepire anzi che guardare, lasciando posto alle epifaniche apparizioni. E’ ciò che accade nei suoi “Ritratti”. Una ricerca volta a superare l’effetto dell’astratto, grazie all’utilizzo di migliaia di linee sovrapposte, dove attraverso una messa a fuoco dell’immagine, emergono delle “visioni” di volti dei personaggi più o meno noti. Opere in bianco e nero, stampate su carta fotografica, che tolgono tutti i dettagli naturalistici riconoscibili di un viso, dissolvendo ogni forma e connotati. Ciò che rimane è solo l’espressione priva di strati superficiali della faccia, separata dalla propria materialità e da ogni carattere somatico. Opere piene di delicata beltà, mistero e grazia infinita, frutto di una complessa elaborazione digitale e l’incrocio di molteplici prospettive (teoriche e pratiche), che avvicinano questi inediti ritratti più alla pittura, che alla fotografia tradizionale, di regola meno sottoposta a manipolazioni così radicali. Un’elaborazione dell’immagine analoga, che si avvicina a quella operata solitamente da un pennello sulla tela, con numerosi passaggi di sovrapposizioni, velature, pentimenti e ripensamenti. La lunga collaborazione di Paul Thorel con le industrie che operano nel campo della produzione dei software, lo porta all’approfondire il tema del trattamento numerico dell’immagine. Attraverso l’utilizzo delle tessere del mosaico, l’artista restituisce matericità ai pixel, che compongono le sue fotografie, suggerendo in modo disgiunto i nuovi profili, ombre, raggi di luce, riflessi dell’acqua. Il ricordo e la memoria prendono forma in opere suggestive, influenzate dalla storia secolare del territorio campano. Ne rimane un formidabile esempio, intitolato “Paesaggio della Vittoria”, un’opera monumentale realizzata per il Museo Madre di Napoli, sintesi di una ricerca decennale ispirata al mare e ai paesaggi napoletani. 150 mq di superficie, quasi 20 000 tessere di ceramica smaltata, una visione che parte da centinaia di fotografie di vedute marine, di quel Golfo così caro all’Artista visionario, scomparso prematuramente.





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