In nome delle donne
Un film importante, impegnato e purtroppo ancora molto attuale quello trattato dal nuovo film dell’attrice e regista. Un debutto dietro la macchina da presa dal grande impatto
Da anni è una delle stelle di prima grandezza del mondo dello spettacolo, avendo ampiamente dimostrato di saper recitare, cantare, imitare e presentare. Paola Cortellesi, artista poliedrica, di recente è riuscita a dimostrare di essere anche una straordinaria regista.-taglio- Il suo esordio dietro la macchina da presa con "C'è ancora domani" - ritratto neorealista in bianco e nero di una donna coraggiosa all'indomani della fine della seconda guerra mondiale - ha catturato l'attenzione e l'ammirazione sia del pubblico che della critica, segnando un nuovo capitolo nella sua già straordinaria carriera. Il film, infatti, non solo ha brillato con successo all’ultima Festa del Cinema di Roma, conquistando ben tre riconoscimenti, ma sta riscuotendo un grande successo anche nelle sale cinematografiche. Una storia che tratta temi purtroppo attuali anche oggi e che vede nel cast, oltre alla stessa Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli e Vinicio Marchioni. Una nuova avventura, quella di Paola, che offre una prospettiva fresca e unica sul cinema, dimostrando ancora una volta il suo talento multiforme. “C’è ancora domani” è il titolo del tuo primo film da regista. Come nasce? “Tutto è nato grazie a un confronto con Furio Andreotti e Giulia Calenda, due sceneggiatori con cui lavoro da tanto tempo. Avevamo il desiderio di raccontare la vita di quelle donne che difficilmente vengono celebrate. Era da tempo che portavo dentro di me un'immagine: una giornata che inizia con uno schiaffo in faccia dato ad una donna che poi si ritrova ad adempiere alle faccende quotidiane come una Cenerentola qualsiasi. Infatti non sono esistite solamente Nilde Iotti e le grandi donne che hanno scritto con coscienza la nostra costituzione e hanno combattuto per quei diritti di cui godiamo ora. Sono tante le nonne e le bisnonne che mi hanno raccontato storie di quell'epoca che hanno dell’incredibile, storie che si consumavano nel cortile di casa, davanti a tutti. Sono donne che hanno messo in piedi il costrutto sociale del nostro Paese, crescendo figli e curando mariti che andavano e venivano dal fronte. A quelle stesse donne, però, era stato insegnato che non valevano niente. La mia cara nonna, una donna non erudita ma eccezionale, a cui chiedevo sempre dei grandi consigli, gran parte dei suoi discorsi li chiudeva sempre così: “Però… che capisco io!”.” Il film ha ottenuto tre riconoscimenti all’ultima Festa del cinema di Roma (ndr, Premio del Pubblico, Il Premio speciale della giuria e La menzione speciale Miglior opera prima).… “Per me era stata già una vittoria poter aprire la Festa del Cinema. Sono particolarmente felice del Premio del Pubblico e del Premio speciale della giuria che spesso non vanno insieme. È grande motivo di orgoglio per me il fatto che sia accaduto con questo mio primo film.” Hai avuto difficoltà a dirigere te stessa? “Durante le riprese mi hanno vista correre come una pazza dal set al monitor (ride, ndr). Essendo anche interprete del film, ho messo sul piano della preparazione tre settimane di prove teatrali tra noi del cast, cosa che spesso non si fa. Questo è servito a me per dirigere il cast ma è servito anche a loro per poter tirare fuori dei dubbi e darmi dei suggerimenti. I loro consigli sono stati preziosi e hanno contribuito a migliorare le scene che stavamo interpretando.” È stato difficile portare questa storia sullo schermo trovando un equilibrio tra drammatico e commedia? “Questo film è molto drammatico ma l’unico modo in cui so raccontarlo è un registro umoristico. È sicuramente un racconto spericolato, però era l’unico modo in cui volessi farlo. Insieme a Furio e Giulia ci siamo chiesti spesso quanto potessimo spingerci sul linguaggio ironico, a volte cinico, trattando un argomento così duro come la violenza domestica. Bisogna tenere conto che all’epoca in cui è ambientato il film, la violenza era un dato di fatto e come tale l’abbiamo trattata, come qualcosa di ordinario. Le cose che capitano quotidianamente, in fondo, non hanno un colore solo, drammatico o ironico, così come c’erano entrambi nei racconti che mi venivano fatti da piccola, che erano estremamente drammatici. Ricordo che i miei nonni mi raccontavano di queste di situazioni dure ma allo stesso tempo anche surreali.” La violenza viene messa in scena in maniera delicata, grazie anche a delle raffinatezze registiche… “Siamo abituati a scene di violenza iperrealistiche, a volte anche esagerate, al limite dello splatter. Non mi piaceva che quel momento, molto importante e delicato da trattare ma anche molto violento, venisse in qualche modo scavalcato da una sorta di voyeurismo. Mi piaceva raccontarlo come un rituale: qualcosa che accade spesso e che probabilmente la protagonista si racconta in questo modo. Questo vale anche per i segni sul naso e il livido che appare e scompare: la realtà c’è ma nella sua testa va anche via, perché lei se lo lascia alle spalle e ricomincia una nuova giornata come se niente fosse. Ed è proprio questa, secondo me, la cosa più grave.” Quanto c’è di contemporaneo in questa storia? “Purtroppo nonostante le tante conquiste ottenute, quella mentalità che pensavamo morta è ancora viva e ben radicata nel tessuto sociale del paese.” Un altro tema attuale toccato nel film è quello sul divario salariale tra uomo e donna: qual è la situazione nel mondo del cinema? “Tutti i rimandi della storia al mondo contemporaneo non sono mai casuali: abbiamo voluto parlare di quanto queste cose che ci sembrano così lontane abbiano invece delle fortissime radici nella vita contemporanea di molte donne, soprattutto nella percezione che hanno di loro stesse. Per quanto riguarda questo tema dei passi sono stati fatti, ci sono delle leggi che sono state applicate, ma nella realtà il gap sussiste ancora. Mi ricordo che quando facevo questo lavoro da un bel po’, ho sentito un commento sul mio contratto: “Beh… ottimo per essere una donna”. Io ho avuto grandi opportunità nel mio mestiere però anche chi non ne ha, a parità di competenza, deve avere lo stesso trattamento a livello economico.” Un’ultima curiosità: pensi di tornare dietro la macchina da presa? “Sì, ne sento proprio la necessità. Questa avventura mia ha fatto crescere tanto e non perché un ruolo sia più importante di un altro, ma perché questo ruolo prevede molte cose a cui badare. Adesso ho una visione più ampia della storia che si va a costruire. So già che sarà un’altra avventura bellissima.”