Un’opera d’esordio imperdibile quella di Max Proietti, un noir a tinte crime dal titolo “Gli occhi del Male”
Max Proietti, laureato in Scienze e tecniche psicologiche grazie al suo background da psicologo, riesce ad accompagnare il pubblico e i lettori qualsiasi età essi abbiano, in una visita alla galleria degli orrori. -taglio- Per il suo nuovo libro “Gli occhi del Male”, ha scelto dieci personaggi emblematici (da Jeffrey Dahmer a Donato Bilancia, dalle Bestie di Satana a Ed Kemper) nel tentativo di spiegare la natura del serial killer, esorcizzando la paura che di solito ci scatena un male tanto profondo e insondabile. Grazie alla sua capacità di scavare nella psiche umana e attraverso affascinati analisi dettagliate su casi celebri e misteri irrisolti, Max è diventato celebre per gli esclusivi contenuti true crime diventando in breve tempo un punto di riferimento per gli appassionati del genere e non solo, seguitissimo sui social da migliaia di followers. "Gli occhi del Male" è il tuo primo libro che ci porta ad indagare il Male con la M maiuscola, come è nato il progetto e cosa devono aspettarsi i lettori dall'opera? “Il progetto di ‘Gli occhi del male’ è nato dalla mia profonda curiosità per la psicologia criminale e dalla voglia di portare alla luce le dinamiche oscure che spingono certe persone a compiere atti atroci. Da tempo mi occupo di true crime, ma con questo libro ho voluto andare oltre la semplice narrazione dei fatti, cercando di esplorare le radici psicologiche di questi crimini. I lettori devono aspettarsi un'opera che non solo racconta, ma analizza. Non mi limito a descrivere gli eventi, ma cerco di entrare nella mente di chi li ha commessi, per comprendere il "perché" dietro l'orrore. È un viaggio nelle profondità dell'animo umano, e spero che i lettori trovino spunti di riflessione che vanno oltre la cronaca.” Tu hai un background da psicologo, ma è arrivata prima la passione per la psicologia e in seguito quella per il true crime o viceversa? Raccontaci un po' di questo tuo percorso unico nel suo genere. “La passione per la psicologia è nata prima. Fin da piccolo ero affascinato dalla mente umana, dalle sue complessità e dalle sue vulnerabilità. Con il tempo, però, ho scoperto il true crime e ho capito che i due mondi erano strettamente collegati. L'interesse per la psicologia mi ha spinto a cercare di comprendere le dinamiche dietro i comportamenti criminali, mentre la passione per il true crime mi ha permesso di studiare casi concreti e applicare ciò che avevo appreso durante i miei studi. Questo percorso mi ha portato a una sintesi unica, dove posso unire l'analisi psicologica con la narrazione del crime, cercando di fornire un quadro completo del fenomeno.” Nel libro affronti differenti casi celebri di cronaca nera. Da Jeffrey Dahmer a Donato Bilancia, dalle Bestie di Satana a Ed Kemper. Se dovessi sceglierne uno quale sarebbe il più emblematico? “Se dovessi scegliere un caso emblematico, opterei per quello del Reverendo Jim Jones. Il massacro di Jonestown, che ha visto la morte di oltre 900 persone, è un esempio inquietante del potere che una singola figura carismatica può esercitare su un gruppo di persone vulnerabili. Quello che ha fatto Jones non è solo il frutto di una mente criminale, ma il risultato di un'abilità manipolatoria straordinaria, che ha portato alla creazione di una setta in cui la dipendenza psicologica e la perdita del senso critico hanno giocato un ruolo determinante. Questo caso non riguarda un singolo atto di violenza, ma la distruzione graduale e sistematica di individui che, per fragilità personali o necessità emotive, hanno finito per cedere alla volontà di un leader carismatico e malato.” Come definiresti un serial killer e quali sono le più comuni caratteristiche che, nella tua esperienza di studio e analisi, hai riscontrato? “Un serial killer è una persona che commette omicidi multipli, spesso con un intervallo di tempo tra un crimine e l'altro, spinta da motivazioni personali e psicologiche complesse. Le caratteristiche più comuni che ho riscontrato includono un'infanzia segnata da traumi o abusi, difficoltà nelle relazioni sociali e un senso di alienazione rispetto alla società. Molti serial killer mostrano tratti narcisistici o psicopatici, come la mancanza di empatia e di rimorso, e spesso cercano di compensare sentimenti di impotenza o inferiorità attraverso la violenza. È come se vedessero nei loro crimini una forma di riscatto o affermazione personale.”-taglio2- Quanto a tuo avviso i traumi sociali o infantili possono incidere nella costruzione di un serial killer? “I traumi infantili e sociali giocano un ruolo enorme nella formazione di un serial killer. Molti studi hanno dimostrato che abusi fisici, emotivi o sessuali durante l'infanzia possono creare una distorsione nella percezione della realtà e nelle relazioni umane. Queste esperienze traumatiche possono spingere una persona a vedere il mondo come ostile o pericoloso, sviluppando una tendenza alla violenza come mezzo per affrontare il dolore. Tuttavia, non tutti coloro che subiscono traumi diventano criminali, quindi è importante capire che questi fattori sono solo una parte di un quadro più ampio e complesso.” Solitamente c'è un limite sottile oltre il quale paure, preoccupazioni portano ad una rottura e trasformano "un personaggio" in un serial killer. Per la tua esperienza e nei casi raccontati nel libro, quali sono le motivazioni che li portano a superare questa linea sottile? “Spesso la linea che separa una vita "normale" dall'omicidio seriale è la combinazione di fattori interni, come traumi o disturbi della personalità, e fattori esterni, come eventi scatenanti o fallimenti personali. Nei casi che ho analizzato, molti serial killer hanno vissuto un momento di crisi personale che ha amplificato il loro senso di rabbia o impotenza, portandoli a superare quella linea sottile. Per alcuni, è stato un divorzio o la perdita di un lavoro; per altri, l'isolamento sociale o un fallimento relazionale. È in questi momenti che le loro paure o insicurezze si trasformano in un impulso distruttivo.” Sappiamo che sei seguitissimo, ma tu che rapporto hai con i social e con il tuo pubblico? “Il rapporto che ho con i social è molto positivo. Cerco di mantenere un dialogo aperto con i miei followers, rispondendo alle loro domande e interagendo sui temi che li interessano. Sono grato per il supporto che ricevo e cerco sempre di offrire contenuti di valore, stimolando riflessioni e discussioni su argomenti complessi come il true crime e la psicologia. I social mi permettono di connettermi con persone di ogni età e background, e mi piace il fatto che i miei contenuti abbiano il potere di aprire un confronto su temi importanti.” Max psicologo, grande appassionato di true crime e content creator: come convivono queste anime in te? Al di fuori del genere, a Max cosa piace fare nel tempo libero? “Queste anime convivono in modo armonioso, anche se può sembrare un equilibrio difficile da mantenere. I miei studi psicologici mi permettono di approfondire la comprensione delle dinamiche umane, mentre la mia passione per il true crime mi consente di applicare queste conoscenze a casi concreti. Al di fuori del true crime, mi piace molto leggere, soprattutto libri di storia o narrativa che mi aiutano a rilassarmi e a vedere le cose da altre prospettive. Amo anche passeggiare per Roma, la mia città, che non smette mai di ispirarmi con la sua storia e il suo fascino senza tempo.” Sogni nel cassetto e progetti futuri che sogni di realizzare? “Il mio sogno più grande è continuare a scrivere e a esplorare nuove sfide. Sto già pensando a un nuovo progetto editoriale, sempre legato al true crime, ma con un approccio diverso. Mi piacerebbe anche lavorare su progetti che combinino la narrazione storica con la psicologia, cercando di portare alla luce figure o eventi meno conosciuti che possano offrire spunti di riflessione sul presente. E poi, chissà, magari un giorno mi vedrete anche in qualche documentario o serie TV sul true crime!”