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Nuove esperienze artistiche

di Maresa Galli

Numero 239 - Aprile 2023

Entriamo nella Home Gallery di Lucia Mugnolo, curiosa e appassionata fotografa, che alterna l’obiettivo alle esposizioni


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A diciotto anni riceve in regalo la sua prima Nikon e da quel giorno non smette più di immortalare paesaggi, vestigia, persone: Lucia Mugnolo, già gallerista, una laurea in lingue e letterature straniere, è fotografa curiosa e appassionata dal 2010 e alterna alla fotografia la gestione di “Casa Mugnolo Home Gallery” a Napoli, che è anche B&B, a via Chiaia, -taglio- dove ha ospitato il laboratorio di fotografia esperienziale “Lo Sguardo Circolare”, a cura di Federica Cerami. Organizza anche dopo-mostre in collaborazione con Dino Morra che ha la sua galleria, “Mood Project”, a Santa Teresa a Chiaia. Ha seguito workshop con noti fotografi e fotoreporter: Mario Laporta, Stefano Cerio, Kadir Vanlohuizen, Pep Bonet, Yuri Kozyryef, Marco Zanta, Pietro Masturzo, Aaron Shuman, Nicolas Pascarel, Toni Thorimbert, Alan Marcheselli e Francesco Zizola, Giovanna Calvenzi e Antonio Biasiucci, Fabio Moscatelli, Stefano Mirabella, Irene Alison, Augusto Pieroni e tanti altri. Unisce la preparazione ad uno sguardo personale sul mondo. Dalle sue foto si evince la sua vasta ispirazione, uno sguardo che immortala luoghi e varia umanità… Che cosa le piace di più fotografare? “Sono molto curiosa, osservo tutto, cerco di andare oltre. Mi sento un po’ una scugnizza… Da ragazza dipingevo anche e ho fatto molti viaggi, visitato tanti paesi. Girando incontri gente di tutti i paesi, persone accoglienti. Ho studiato anche alla scuola di pittura di Tullia Matania ma alla fine ho scelto di dedicarmi alla fotografia a tempo pieno. Mi piace la resa immediata, cogliere l’attimo. E fotografo molto Napoli che offre mille stimoli. Quando scatti metti in gioco occhio-cervello-cuore. Ambisco a questa sincerità, una cosa un po’ folle!”. Quali sono i progetti che le sono più cari? “Nel 2019 ho conseguito il Master in Fotografia frequentando la masterclass, “Shot-Narrazione e ricerca”, alle Officine Fotografiche di Roma, con la fotografa documentaria Lina Pallotta. Ricordo con piacere la passeggiata fotografica alla “Valle dell’Inferno”, a cura dell’Ente Parco del Vesuvio, con Barbara Iodice e Mario Laporta. E non posso dimenticare le Processioni: quella del Venerdì Santo a Procida, dove un capitano mi fece da guida, straordinario: l’ospitalità dei procidani fu strepitosa; la Desolata di Canosa di Puglia; i Gigli di Nola; la Madonna dell’Arco; La Madonna delle Galline a Pagani. Ricordo il workshop a Serra San Bruno, Vibo Valentia, con Mario Laporta e Bruno Tripodi, “Gli ultimi carbonai d’Europa”: producono ancora il carbone secondo il metodo antichissimo dei Fenici.-taglio2- È un lavoro che si tramanda di padre in figlio da secoli. Ho partecipato ad un progetto di archeologia industriale con Lino Rosciano immortalando industrie abbandonate negli anni ‘60/’70, fatiscenti, le cui rovine si affacciano su un bellissimo mare, tra Vigliena e Castellammare di Stabia. Abbiamo fotografato anche Pompei, mettendo a confronto antico e moderno, memoria e futuro”. Il suo progetto "Lo Spazio condiviso. Diario di una pandemia” ha ricevuto una menzione al concorso indetto da Musa Fotografia, di Sara Munari, a Monza: ce ne parla? “Il lungo periodo del covid con tutti i suoi impedimenti mi ha offerto lo spunto per fare un progetto seguendo la giornata dei miei due figli. Avevo appena seguito un corso online con Lina Pallotta e pensai di raccontare le attività dei miei figli adolescenti, Ludovica e Carlo Andrea, con i loro contatti, le amicizie, lo sport praticato in casa… Chiusi con Amèlie e Dalì, i nostri due gatti in un monolocale di 45 mq, il mio b&b, in attesa che terminassero i lavori di ristrutturazione della nuova casa, abbiamo rafforzato il legame che ci unisce. Ho voluto documentare questo tempo sospeso come uno scrigno che racchiude il nostro amore. Il lavoro è piaciuto tanto da ricevere una menzione al concorso milanese”. *Un altro suo bel progetto è “Dark Carnival”, a cura di Irene Alison, direttore creativo di DERLAB… “Si tratta di foto che ho scattato al circo e, come ha scritto Irene nella presentazione, è per me luogo di introspezione, territorio archetipico che si snoda tra sogno e realtà. Ho cercato di cogliere lo stupore e la meraviglia di acrobati, bimbi, luci ed ombre, e per questo ho ritratto in bianco e nero”. A cosa sta lavorando attualmente? Cosa consiglia ai giovani che si avvicinano al mondo della fotografia?** “Sto lavorando ad un progetto che mi riguarda in prima persona: la mia infanzia, un bel regalo postumo per i miei cari genitori. Ai giovani dico di considerare che oggi è cambiato tutto: la comunicazione, gli influencer, il giornalismo. Bisogna reinventarsi. Bene se si alimenta questo mestiere ma sapendo che occorrono nuove modalità tecniche ed espressive. Ma questo i più giovani già lo sanno…”.





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