Un viaggio tra gli aforismi degli scrittori latini, che spingono l’uomo verso una vita tranquilla soprattutto dopo il Caos e la Paura
Voglia di normalità. E’ questo l’obiettivo che sta dominando la nostra vita di questi anni, dominati dall’emergenza Covid e, negli ultimi mesi, dallo spettro della guerra che incombe su di noi. Negli anni scorsi puntavamo ad augurarci un futuro radioso, delle estati memorabili, felicità e successi. -taglio-Ora invece desideriamo obiettivi quasi minimi, che possono ricondursi ad una vita tranquilla, a una realtà con problemi risolvibili, lontana dagli eccessi e da mete altisonanti che si pongano come una giusta e pacata via di mezzo. Per convincerci della bontà di questi obiettivi possiamo, come al solito, fare ricorso ad aforismi che i saggi della Capitale del Mondo elaborarono per dischiudere la strada della normalità alle persone che, accettando la bontà e la bellezza della “medietà”, riescono a vivere bene e pacatamente. Iniziamo il nostro viaggio. Esiste una massima latina che recita sinteticamente “Ne quid nimis”, cioè “Nulla di troppo (sottinteso “non fare”) e che è usata da Terenzio nella commedia “Andria”: era talmente famosa che l’autore la fa pronunciare ad un servo. Con una lieve variante, ma con lo stesso significato (“Nil nimis” o “Nil nimium”), essa si ritrova in Cicerone e Seneca. Un distico di Catone la amplia con altre espressioni e con un esempio paradigmatico: “Fuggi ciò che è eccessivo, ricordati di godere del poco: è più sicura la nave che è portata da una corrente di media intensità”. E, ritornando all’ambito comico, ci imbattiamo nella versione di Plauto, che nel “Poenulus” sentenzia-taglio2- “Tutti gli eccessi portano un eccesso di brighe”. Tra le varianti medievali va segnalata quella che recita “Ogni troppo si trasforma in vizio”, da cui forse deriva la celeberrima espressione popolare “Il troppo storpia”. L’esaltazione della vita tranquilla era peraltro anche implicita nell’espressione oraziana (“Carmi”, 2, 10, 59) “aurea mediocritas”, che non va tradotta come “aurea mediocrità”, ma come “aurea via di mezzo”, perché essa permette di evitare sia la squallida povertà sia la eccessiva ricchezza che suscita l’invidia degli altri. Ed ancora Orazio sentenziò nelle sue “Epistole” che “la virtù è il punto medio fra due difetti, da entrambi equidistante”. Da questo aforisma all’altro che recita “In medio stat virtus” (“In mezzo sta la virtù”, sentenza della Scolastica medievale che deriva dall'aristotelica “Etica Nicomachea”) il passo è breve. Il successo di questo concetto è talmente evidente che il suo significato si è affermato fino ai grandi pensatori dell’Occidente, come Blaise Pascal nei suoi “Pensieri”. Il carattere “medio”, che è esaltato da queste frasi, ci proietta verso un altro concetto molto contemporaneo: la mediazione, la trattativa, l’accordo, quello che gli Inglesi chiamano “gentlemen agreement”. Di un accordo e di una trattativa diplomatica di questo genere abbiamo bisogno in questi tempi cupi, segnati dalla guerra e dal sangue.