Uno dei grandi eventi del Napoli Teatro Festival Italia 2019 è stato il ritorno del regista colombiano Enrique Vargas
Enrique Vargas con il suo Teatro de los Sentidos, ha mutato per sempre la drammaturgia contemporanea, con il diritto di tutti “a reinventarsi, a rinascere, ad essere padroni della nostra storia”. Con il suo spettacolo “Oracoli”, a Napoli nel 2001, conquistò un folto pubblico che da allora lo segue con ancor più entusiasmo. Il nuovo spettacolo “Reneixer” è costruito sul mondo del vino con i suoi processi di trasformazione, impatto sensoriale, ebbrezza dionisiaca (“quale città è più dionisiaca di Napoli”? si chiede), essenziali alla trasformazione costante dell’uomo. Lo scorso mese di giugno “Reneixer” è andato in scena a Palazzo Fondi con un cast affiatato e valente composto da Chiara Baffi, Pancho Garcia, Gabriel Hernandez, Arianna Marano, Patrizia Menichelli, Giovanna Pezzullo, Gabriella Salvaterra, Daniela Cossu, Joan Gerard Torredeflot. Spiega il regista: - “la ricerca sul vino ci ha permesso di utilizzare tutti gli strumenti del linguaggio sul quale ricerchiamo da sempre, il linguaggio sensoriale. Toccare, annusare, gustare, vedere, udire: tutto mescolato nell’esperienza sinestesica che solo qualcosa di così potente e misterioso può permettere. Reinventarsi dipende da noi. Lavoriamo sul potenziale e sull’esigenza di cambiamento continuo. Da questo e dalla sua poetica dipende il futuro di un popolo. -taglio- La storia ci dirà. La domanda o il silenzio ci portano lontano o vicino. Mi sento il capo di una banda di bambini nella quale gli attori sono i maestri”, afferma, sottolineando il carattere di gioco del suo teatro. “A chi mi chiedeva, quando ero piccolo, cosa volessi fare da grande rispondevo “giocare”, e così il teatro è diventato la mia vita e il mio lavoro”. Con Vargas lo spiazzamento è continuo: il regista si è interrogato persino su come poter dar vita a “un Teatro dell’odio e a farci cacciare dal pubblico. Il primo esperimento è stato fatto con “Cuore di tenebra”, portato a Copenaghen, Barcellona e Pistoia. Vi sono state reazioni molto diverse da pubblico a pubblico. Quello napoletano però non è mai convenzionale. C’è da prendere esempio dalla natura – sostiene - scrollandosi di dosso lentamente le incrostazioni dell’egoismo. Imparando a stare insieme in un percorso sensoriale armonico dove l’essenziale è sentire con il cuore, nel mutuo appoggio che la terra cerca di raccontarci”. Con quella saggezza dei grandi, dei veri creativi, Vargas lascia un senso di sospensione affascinante, perché il suo teatro non dà risposte, al contrario, offre domande, conducendo nei labirinti oscuri e nei meandri della mente. “La vera poetica è quella del silenzio – sostiene -: i nostri interrogativi ci spingono molto lontano oppure molto vicino – dipende da noi. In noi echeggia una risonanza di paura, il terrore del buio, il terrore di perdersi, con la certezza che non ci si debba prendere troppo sul serio. Ecco dunque che quando l’uva dona tutta se stessa diviene immortale e così dobbiamo darci tutti, generosamente, far fermentare la vita”. Il teatro -taglio2- di Vargas nutre le menti e i sensi, è imprevedibile, non convenzionale, privo di sipario, nel quale ogni entrata rappresenta una soglia, uno spazio invisibile che è quello dell’immaginazione. “In un palazzo antico come Palazzo Fondi si dovrebbe entrare in ginocchio, per ascoltarlo, magia che Napoli offre! Occorre possedere un gigantesco orecchio perché l’aspetto importante del parlare è come fare a dialogare con il prossimo perché possiamo ascoltarlo”, afferma. Gli attori concordano nel dire che con il suo teatro Vargas li rende tutti ricercatori, compagni poeti, dai quali lui apprende lasciando una traccia indelebile nel mondo. La sua pianta germoglia e darà i suoi frutti. E tanti già sono pronti a seguire il nuovo laboratorio del regista sulla drammaturgia del Sé, per alimentare dubbi e non certezze, per “imparare a stare insieme in un percorso sensoriale armonico dove l’essenziale è sentire con il cuore, nel mutuo appoggio che la terra cerca di raccontarci”. Nel suo lavoro “Cosa deve fare Napoli per rimanere in equilibrio sopra un uovo” si interroga sulla domanda di Virgilio, sulle peculiarità di Napoli, “città nella quale si convive con la paura nei confronti del vulcano, perché non sappiamo che cosa potrà succedere. Ma tutto deve avere risonanza dentro di noi. Non mi sta bene che politici come Trump siano artefici assoluti del nostro destino. Dobbiamo avere il diritto di rinascere”, conclude. La drammaturgia sensoriale, quasi maieutica di Vargas è un arricchimento, un incontro fisico e spirituale tra antico e futuro, gioco e realtà, simbolo e visione.