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Nemo profeta in patria

di Teresa Pugliese

Numero 205 - Dicembre 2019

Mosè Santamaria torna sulle scene musicali con “Salveremo questo mondo”


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La consapevolezza di un nuovo punto di partenza. È così che recitano i versi della sua nuova canzone, ed è da qui che riparte Mosè Santamaria. Esce, infatti, venerdì 22 novembre sui digital store e su tutte le piattaforme di streaming “Salveremo questo mondo”, il nuovo album del cantautore genovese che è anticipato dall’ omonimo singolo. Un disco maturo, fatto di sonorità pop che raccontano semplicemente la quotidianità di ognuno di noi fatta dal via vai di tutti i giorni, ma impreziosita sempre dall’amore. La poliedrica anima di Mosè, segna un tratto distintivo nella sua arte, fatta di gioco, ironia, parole scritte e cantate per divertire, ma soprattutto per divertirsi. Un artista cresciuto a pane e musics, ascoltando artisti come Claudio Rocchi, Eugenio Bennato e Giorgio Conte. Noi di Albatros lo abbiamo incontrato per parlare di questo suo nuovo lavoro.

Come nasce l’idea ed il progetto di “Salveremo questo mondo”?

"Non è nato proprio con l’idea di salvare questo mondo, nel senso che volevo scrivere tutto un altro tipo di album, volevo in realtà parlare della morte, intesa in senso di ricordo che siamo vivi. Una morte vista in positivo, non in negativo. -taglio-Poi l’idea è cambiata. In realtà non so se saremo noi a salvare questo mondo o se si salverà da solo, la questione lascia tanti spiragli di interpretazione, che poi è quello che volevo trasmettere. È un invito a guardarsi dentro, un posto che spaventa tutti quanti, anche se è il luogo più intimo che abbiamo."

Hai definito quest’album “propositivo”. Come mai?

"Il mio è un messaggio positivo, ma preferirei fosse considerato più propositivo. Questo perché essere propositivi richiede un certo impegno, il mio è un invito all’azione, a fare, a guardarsi dentro, a cambiare qualcosa nella nostra quotidianità, a notare le cose che ci stanno intorno."

Nel tuo nuovo singolo traspare molta ironia. Può essere per te una chiave di lettura per interpretare il mondo che vuoi descrivere?

"Assolutamente sì. L’ironia è alla base della mia musica. La ricetta di questo mio nuovo disco, rispetto al primo, è diversa e l’ironia fa parte di questi ingredienti. “Salveremo questo mondo” è un disco vero, da questo punto di vista, l’ho scritto con l’esigenza di dare e trasmettere qualcosa, di far star bene sia me che gli altri, potrei definirla quasi una cura."

Sei figlio di una scuola cantautoriale molto importante come quella genovese. Ti definisci o ti senti un cantante impegnato?-taglio2-

"Io vengo da Genova ma mi piacerebbe essere più considerato dalla mia città. Mi sento legato a Fabrizio De Andrè, ma ho provato questo legame solo quando sono andato via dalla mia terra, prima lo ascoltavo ma non provavo quella sensazione che poi ho sentito dopo, ho imparato a conoscerlo e ho capito tante cose. Mi reputo un cantante impegnato ma credo che un po' di leggerezza non guasti. La mia esigenza non è solo fare l’intellettuale, per me è importante che la persona, quando ascolta la mia musica, stia bene."

Sei cantautore, poeta e musicista, tre anime che convivono nella tua arte. Qual è quella nella quale vesti meglio?

"Attualmente mi sento un cantautore pop. In realtà oggi mi sento Mosè, un ragazzo che non vuole essere più il mistico quotidiano del primo disco, non mi sento più quello che deve dimostrare qualcosa a qualcuno, ma sono Mosè che quando va a fare un live, vuole veramente che in quel momento si crei qualcosa di bello con della gente, qualcosa che portiamo tutti a casa. Non sono una persona particolarmente religiosa, nonostante il nome che porto, ma prima di salire sul palco faccio sempre una piccola preghierina, e chiedo di stare bene, di poter cantare e provare e trasmettere sensazioni positive. Voglio semplicemente divertirmi."





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