Dramma giocoso del disincanto, con versi di Da Ponte e la sublime musica di Mozart
“Così fan tutte, ossia la scuola degli amanti” al Teatro di San Carlo, ha aperto la Stagione di lirica e di balletto 2018-19. Lo spettacolo è un nuovo allestimento del Massimo napoletano in coproduzione con la Wiener Staatsoper (dove la si ascolterà nel 2020 e, in seguito, a Tokyo). Firma la regia Chiara Muti, alla sua terza collaborazione con il padre Riccardo, dopo “Sancta Susanna” di Hindemith e “Manon Leascaut” di Puccini; le scene sono di Leila Fteita e i costumi di Alessandro Lai. Attesissimo il ritorno di Muti sul podio, dopo 34 anni di assenza, dal dicembre 1984 quando diresse il “Macbeth” di Verdi per la regia di Sandro Sequi. Con quest’opera dalla musica straordinaria Mozart rende omaggio all’opera buffa napoletana settecentesca e non vi è dubbio che non sarebbe stato quello che è stato senza i grandi della musica europea che lo precedettero: Pergolesi, Vinci, Leo, Jommelli, Paisiello, Cimarosa. La vicenda dei due ufficiali napoletani che si travestono da nobili albanesi per mettere alla prova la fedeltà delle rispettive ragazze e conquistano l’uno la fidanzata dell’altro non è solo una farsa. Mozart rappresenta una vicenda sospesa tra menzogna e verità; Napoli nell’opera è solo evocata, in una dimensione metafisica che induce una profonda riflessione sulla natura umana, con nostalgia per l’innocenza perduta. Perfetta, soave, la regia di Chiara Muti, cresciuta ascoltando la musica di Mozart che conosce profondamente anche grazie a Strehler e Ronconi. Probabilmente la storia di “Così fan tutte” è realmente accaduta nel distretto di Neustadt, a Vienna, e l’ambientazione a Napoli è il risultato di uno spostamento geografico.-taglio-La regia colloca l’intreccio in un’ambientazione atemporale, dove è predominante il bianco che si colora di pastelli e tinte delicate per poi tingersi di rosso con i costumi dei fidanzati che ordiscono l’inganno delle due fanciulle. Su tutto sfavillii di specchi e riflessi sullo sfondo di un mare d’argento. “La scena immaginata è come una Lanterna Magica fatta di specchi che riflettono ciò che siamo nell’immaginario di chi ci sta intorno”, afferma la regista. Le coppie di innamorati risultano alla fine più credibili, anche per tessitura vocale, quando sono invertite. La regista si è ispirata come scenografia al tableau “Le serment du jeu de paume” di Jacques-Louis David. La partenza di Ferrando e Guglielmo, fingendo il loro arruolamento come soldati, è l’inizio di un viaggio che porterà all’addio alla fanciullezza, alla disillusione, accettando la sfida del loro amico, il vecchio filosofo Don Alfonso, a giocare con i sentimenti di Fiordiligi e Dorabella. “Con la sua storia di due coppie che si scambiano i partner dentro una partita di travestimenti che porterà alla luce la loro capacità di mentire e tradire – spiega Riccardo Muti - l’opera ha un’essenza tristissima nonostante le sue varie situazioni comiche o buffe. Si ride, ma stando in bilico su un abisso di malinconia”. Con le sue opere “italiane” Mozart rivoluziona il teatro musicale, trasformandolo nell’amaro gioco della vita. La messa in scena è di rara bellezza: tutto è perfetto, dalla regia alle scenografie, dai costumi alle suggestioni delle -taglio2-luci di Vincent Longuemare, dall’Orchestra al Coro diretto da Gea Garatti Ansini, più volte elogiati dal Maestro Muti, agli interpreti. C’è anche un’evocazione della Sesta napoletana, forma armonica che dà il colore della nostalgia e richiama la mediterraneità. Dalla deliziosa ouverture che mostra Guglielmo e Ferrando che si sfidano alla pallacorda, dalla giostrina alla mongolfiera dalla quale Cupido scaglia i suoi dardi, dai cavallini a dondolo alle farfalle di carta, dai vestiti delle spose illuminati alla mascherata della festa in un giardino incantato con animali del bosco che evocano il “Sogno di una notte di mezza estate”, dal labirinto al mare sempre presente, dalle figure/mimi che contornano i personaggi – tutto crea un senso di sospensione. Si ha come la sensazione di sentire il canto delle sirene di Ulisse nel golfo di Napoli. Tutti bravi i cantanti-attori: Fiordiligi, Maria Bengtsson, soprano dai bei filati e mezzevoci, di gran temperamento, (“Come scoglio immoto resta”); Dorabella, Paola Gardina, dai fantastici acuti (“E’ amore un ladroncello”, “Smanie implacabili”); Despina, Emmanuelle de Negri, ottima interprete del ruolo, brava anche nei travestimenti (“Una donna a quindici anni”); il filosofo e abile burattinaio Don Alfonso, Marco Filippo Romano, dotato di ottima tecnica vocale e padronanza scenica; Ferrando, Pavel Kolgatin (“Aura amorosa”, “Tradito schernito”,); Guglielmo, Alessio Arduini, dal bel timbro ricco di armonici (“Donne mie la fate a tanti”).