Con un suggestivo recital del pianista francese Yves Henry si è conclusa la quarta edizione del Luglio Musicale a Capodimonte
“La note bleue”, questo il suggestivo titolo del recital del pianista francese Yves Henry, che ha concluso con grande successo la quarta edizione del Luglio Musicale a Capodimonte, firmato dalla direzione artistica di Elsa Evangelista. Un viaggio nell’immaginario musicale che ruotava intorno a un solo suono evocativo e simbolico (Re bemolle/Do diesis), declinato nelle sue infinite possibilità espressive e sottigliezze timbriche, alla ricerca di un nuovo ideale sonoro. Per intenderci, prediligendo i tasti neri della tastiera, fra scale e tonalità dal colore più sfumato, caldo e profondo. Proprio come i romantici Notturni op. 27 n. 1 e n. 2 di Chopin, proposti in ordine inverso e alternati ai più estroversi Minuetto e Finale della “classica” Sonatina di Ravel: un contrasto inevitabile fra cuore e ragione, fantasia e rigore, ma ancor più un dialogo a distanza fra spiriti affini e diversi insieme: l’uno eroico esule polacco, nato nel 1810, fremente di passione e rivolta, che legò -taglio-fatalmente il suo nome alla Parigi ribelle e rivoluzionaria; l’altro francese doc, classe 1875, cauto modernista, arguto innovatore e disciplinato cesellatore di forme antiche. Sul filo della memoria, il confronto avvolgeva e inghirlandava elegantemente le quattro composizioni, come altrettanti fiori o gemme profumate, che si intrecciavano e si richiamavano a vicenda; complice la calda atmosfera di una sera d’estate al crepuscolo, sullo sfondo del meraviglioso scenario naturale e architettonico del Museo e Real Bosco di Capodimonte (diretto da Sylvain Bellenger), la musica riverberava di tutto l’incanto della bellezza, quasi alla maniera impressionistica. In un silenzio baciato da suoni d’avorio, in quella misteriosa fusione cosmica fra dentro e fuori di noi, fluivano e si rincorrevano immagini e sensazioni inafferrabili, sfuggenti, forse irrazionali; eppure, tanto più vive e reali, intime e delicate come un sogno infranto che scuote l’anima e l’universo, ma che solo dà senso all’esistenza. La nostalgia esplodeva, impetuosa e furente, come il tumulto di un mare in tempesta, dal cui nero abisso riemergeva, ondeggiante e maestosa, la scintillante Barcarola op. 60: estrema trasfigurazione dell’arte pianistica in pura immagine sonora, che, insieme con la dolente e virile Mazurka op. 50 n. 3 - esplicito omaggio all’arte di Bach, legame indissolubile col passato -, è fra gli ultimi sussulti della inesausta creatività del grande polacco, a dispetto delle sue forze fisiche che andavano spegnendosi a soli trentanove anni. Impossibile non subire il fascino di una poetica così originale e profetica, di una voce così inconfondibile e universale, paragonabile per tanti aspetti, anche biografici, a quella del nostro Leopardi, maestri di -taglio2-eterna giovinezza. Al musicista prediletto, Yves Henry ha dedicato recentemente un corposo e impeccabile lavoro discografico (pubblicato da Soupir Éditions), con la registrazione delle opere composte o completate fra il 1839 e il 1846, durante i soggiorni estivi a Nohant, piccola cittadina di campagna nel cuore della Francia, fra i periodi più fecondi e forse più felici della vita di Chopin, circondato dalle cure e dalla venerazione della sua celebre ospite, la scrittrice George Sand. La ricerca del puro ideale sonoro, allusione e simbolo delle infinite e segrete corrispondenze fra l’uomo e la natura, fra l’arte e la vita, si avvertiva con personalissimo accento anche nel contorno raffinato e nobilmente espressivo del Nocturne n. 6 di Gabriel Fauré (1845-1924); ma culminava, con chiarezza di intenti, definitivamente, nel genio francese per eccellenza, Claude Debussy (1862-1918), mago incantatore e poeta dei sogni, spregiudicato artista dalla pennellata musicale rapida e perfetta: più che mai terso e trasparente il suo “Claire de lune”, che trascolorava e inondava di luce gli estatici versi di Verlaine; per scatenarsi, poi, nei zampillanti e vorticosi giochi d’acqua di “Poisson d’or” (dal secondo libro delle Images) e approdare finalmente su una favolosa e lussureggiante “Isle joyeuse”, rifugio dei Sognatori! Grandi applausi e consensi per Henry, che ritornava al suo splendido Yamaha grancoda - battezzato “James Dean” da Aldo Ciccolini, strumento offerto gentilmente da Alberto e Maria Rosaria Napolitano - e si congedava con una serie di bis tutta chopiniana, dal Notturno in do diesis minore, opera postuma, a una girandola di Valzer amatissimi.