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Musica Assoluta

di Umberto Garberini

Numero 201 - luglio-agosto 2019

Una tavola rotonda e un concerto per ricordare il maestro Francesco d’Avalos


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Scompariva cinque anni fa, il 26 maggio 2014, il maestro Francesco d’Avalos: compositore e direttore d’orchestra, nato a Napoli nel 1930, discendente di una delle più importanti famiglie della nobiltà europea. Principe e musicista, dunque, come il suo celebre antenato Carlo Gesualdo da Venosa, ma, nel caso di d’Avalos, condizione anacronistica, guardata con sospetto e pregiudizio nella sua carriera professionale. L’Associazione Alessandro Scarlatti lo ha ricordato con il concerto inaugurale della stagione e un convegno dal titolo “La terza via della musica del Novecento”, svoltosi al Conservatorio di Napoli. Sono intervenuti gli storici Renato Di Benedetto, Dinko Fabris e Daniela Tortora, coordinati dal direttore artistico Tommaso Rossi; presenti in sala allievi ed estimatori del Maestro, il figlio Andrea e Michela Fasano, che ha curato l’edizione delle opere in programma. Seguiva, infatti, l’esecuzione del Quintetto per pianoforte e archi (1963) e del Quintetto con soprano (1986), splendidamente realizzata dal pianista Francesco Caramiello, dal Quartetto Nous e dal soprano Leslie Visco: opere emblematiche dello stile del Compositore, ampie e complesse, ma nello stesso tempo limpide e coerenti, sintesi di tradizione (segnatamente mitteleuropea e romantica) e indiscutibile modernità. -taglio- Mai rinchiuso negli angusti limiti tecnicistici della propria arte o della vanità d’artista, d’Avalos ha vissuto la musica come esperienza totalizzante, assoluta, vera e propria concezione del mondo. “Quando gli uomini pratici - in particolare i politici e quelli che operano nell’economia - suppongono che sono loro a produrre i mutamenti della Storia e della società, vivono un’illusione, poiché la Storia ha già attuato quei mutamenti nel pensiero e nell’arte”. Questo afferma d’Avalos nella premessa del denso volume “La crisi dell’Occidente e la presenza della Storia” (edizione Bietti, 2005). “Il significato di questo libro - prosegue - risiede nel cercare di comprendere quale tendenza ha oggi la Storia, dal momento che la ‘crisi della civiltà’ ancora domina l’Occidente. L’aspetto fondamentale di questa mia ricerca si attua attraverso la musica, ma va oltre essa”. Incalzanti sono le implicazioni di natura storico-sociologica, letterarie, filosofiche, in cui particolare rilievo riveste il tema religioso. L’autore ne sostiene il valore di conoscenza ontologica che determina l’evoluzione dell’Io e il contenuto di alcune opere d’arte e di pensiero. Proprio per il suo carattere atemporale, tale forma di conoscenza viene indicata come “prima strada” per un nuovo inizio. Fra rimandi e citazioni da Thomas Mann a Goethe, dai Vangeli a Wagner e Scriabin, si ripercorrono i momenti salienti della Storia e della creatività umana. Fino alla crisi del Ventesimo secolo, in cui è prevalsa la visione negativa, la “seconda strada”, che ha dissolto e distrutto ogni legame con il passato. Se è possibile una rinascita, l’arte deve riappropriarsi del suo -taglio2- significato originario, ovvero di forma chiusa e oggettivata delle medesime tensioni che muovono la natura e l’universo: solo così l’uomo può dominarle e riaffermare la propria Libertà: “Con tale sentimento di speranza si completa l’intero significato che connette le mie principali opere musicali”, scrive d’Avalos in conclusione del capitolo sulla poetica. Decisiva è l’indagine sulla teoria musicale: “L’attività del compositore si basa proprio sull’assecondare o contraddire la naturale tendenza dei suoni: ciò rappresenta il fondamento dell’espressività della musica”. Seguono fitte considerazioni sulla tecnica, dal concetto di sonorità reale come “unicum” timbrico, alla dimensione verticale e orizzontale della musica, che corrisponde al rapporto spazio-temporale della realtà: proprio questo è stato gravemente compromesso nella musica del Novecento, a causa di un eccesso di pressione armonica irrisolta che impedisce il flusso melodico. L’ultima parte del libro è dedicata all’interpretazione musicale, che costituisce l’atto conclusivo della creazione artistica. Questa prende vita solo nel momento dell’esecuzione e nel suo svolgersi nel tempo, dunque, compositore e interprete perseguono un identico scopo, ma con funzioni differenti: “Vero interprete è chi trova la necessità estetica di un determinato fraseggio o di una determinata dosatura del suono, giungendo così a un’insostituibilità di interpretazione. Poiché questa, una volta trovata, è di importanza pari alle note le quali non sono sostituibili”.





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