Multi sunt vocati, pauci vero electi (Matteo, XX,16) mi pare proprio l'espressione confacente per asserire che i veri poeti, come Mario Raito, sono una pleiade perché caratterizzati da una poesia autentica. Oggi facilmente viviamo in un'epoca, in cui molti si autocelebrano quali poeti. Ma la poesia che ci tocca l'anima e suscita emozioni, non disgiunte da considerazioni profonde come quella di Raito, appartiene ad un gruppo elitario. Il poeta Raito è stato sempre caratterizzato da una certa ritrosia-riservatezza senza inseguire nessuna vanagloria tipica di chi vuole apparire a tutti i costi. Le sue cogitationes/riflessioni esistenziali raccolte in questa silloge di 73 composizioni ci offrono la storia di un'anima, lo spaccato di un uomo alla ricerca perenne del proprio IO, di un uomo inquieto che cerca disperatamente l'etiologia di una vita, impregnata di pathos. Talora, ad una lettura non attenta, questi scritti possono apparire iperbolici, ma non lo sono! perché estrinsecano quelle difficoltà che Eugenio Montale aveva ben illustrato nella lirica Spesso il mal di vivere ho incontrato. Mario possedeva una elevata vis sentiendi/grande sensibilità che gli permetteva di cogliere i vari e complessi momenti di una vita non facile. Quello che lo ha sempre distinto, e in questo volumetto emerge, è il suo forte senso di ironia ed autoironia, come se egli stesso volesse prendersi in giro per questo suo poetare.