Applausi a scena aperta
Un successo dopo l’altro per il conduttore e regista, fresco reduce dal grande riscontro avuto al Teatro alla Scala, in vista di prossimi emozionanti progetti
È un autentico fuoriclasse dello Spettacolo italiano, Mario Acampa. Spazia dalla musica, dove è di casa al Junior Eurovision Song Contest su, all’intrattenimento con Urban Green e Italian Green su, fino all’approfondimento, le storie per il sociale su, dove riaffiora tra le parole quella laurea in giurisprudenza presa studiando nelle pause in camerino da ragazzo. -taglio- Ma mentre si fa largo nel piccolo schermo consacrandosi come candidato concreto nella rosa dei conduttori istituzionali del futuro prossimo televisivo, Acampa non ha mai lasciato il suo amato teatro dove sbaraglia le carte e raccoglie nel prestigioso Teatro alla Scala oltre 10 minuti di applausi per la regia del Cappello di Paglia di Firenze di Nino Rota. Un allestimento visionario e dinamico dove, nell’idea di Acampa, l’azione si svolge senza sosta all’interno di una fabbrica di cappelli parigina del 1955. Un escamotage travolgente che sposta la dimensione della farsa in quella del sogno e si sovrappone in gioco di geometrie registiche sopraffine e ricerca interiore dei personaggi con maestria da teatrante navigato. Un meccanismo perfetto quello di Acampa che in Scala è già di casa da anni, da quando ha reinventato la stagione educational con una serie teatrale scritta e diretta, Le Mirabolanti avventure di Lalla e Skali, con cui colleziona da 4 stagioni il tutto esaurito ad ogni concerto. Dopo i debutti al Teatro antico di Taormina e Tindari, oggi Acampa si afferma nel teatro della lirica più autorevole nel mondo, il Teatro alla Scala, come regista dalla personalità ben definita: la ricerca poetica, la sovrapposizione dei piani, il dinamismo sapiente, la matematica della comicità. Una sintesi perfetta del suo poliedrico talento che si sublima e si fa certezza anche nel mondo operistico in attesa di vederlo finalmente al timone anche di un programma importante quanto il suo talento. Mario, come nasce questo prestigioso coinvolgimento come regista del Cappello di paglia? “Il Teatro alla Scala è diventato casa da ormai quattro stagioni. Ho debuttato qui come regista e autore 3 anni fa col primo spettacolo per la serie “Lalla e Skali”, ovvero i concerti per famiglie che ho ideato per la Scala e che ancora oggi continuano. Un giorno, alla fine di una riunione, il sovrintendente Meyer mi chiese di rimanere seduto insieme al resto della direzione artistica. Sentirsi chiedere l’onore di fare una regia nel Tempio della musica è un momento indimenticabile… Arrivavo dallo splendido debutto di una mia regia al teatro antico di Taormina e da anni di spettacoli in tutta Italia, ma debuttare alla Scala è un privilegio senza eguali.” Dieci minuti di applausi per la prima alla Scala: cos'ha rappresentato, per te, un riscontro di questa portata? “Quando elaboro una regia mi preoccupo principalmente di fare scelte coerenti. Il rispetto con cui mi pongo nei confronti del libretto, del palco e degli artisti ha quasi un senso di sacralità… Metto in scena ciò che sento, che mi fa ridere, che mi commuove, che mi emoziona, ricordandomi di essere prima di tutto onesto con il pubblico. Sentire quell’onda di applausi che ti assale è come sentirsi gridare “anche noi abbiamo provato le stesse emozioni che hai provato tu!” e mi dà un profondo senso di umanità, di empatia, di speranza.” Contemporaneamente continui a portare avanti i tuoi impegni televisivi, come conduttore, in Rai… “Sono in Rai da 15 anni. Ho avuto e ho la fortuna di fare programmi in cui credo molto e che mi portano in giro per l’Italia e mi fanno conoscere luoghi e soprattutto persone con cui raccontare storie. “Urban Green” con Carolina Rey è stato un viaggio ogni volta sorprendente; i miei reportage sulla disabilità in “O anche No” mi danno la possibilità di vivere una reale inclusione. In fondo c’è una connessione tra ciò che faccio in teatro e ciò di cui parlo in tv. E poi il Junior Eurovision, un appuntamento che da anni mi vede alla conduzione e che anche stavolta è stata una bella maratona su Rai2.” Come riesci a portare avanti, parallelamente, la carriera di conduttore e quella di regista? “Raccontare la vita in teatro mi viene più facile quando ho il contatto con la realtà. Credo sia importante, nel mio processo creativo, mantenere il legame con le persone, con le parole, con le emozioni… altrimenti diventa tutto solo cerebrale. Fortunatamente le opere in teatro si programmano sempre con anticipo e questo mi permette di poter organizzare le settimane e i mesi con serenità. Non mi pesa non avere i classici “giorni liberi”, mi sento fortunato a fare un lavoro che amo e che mi permette allo stesso tempo di caricare e scaricare emozioni.” A livello professionale, quale vorresti fosse il tuo prossimo step? “Ogni volta che sento una musica immagino a come metterla in scena. Sto studiando un allestimento per il Conte Ory di Rossini e sarebbe bello poterlo realizzare in un teatro d’opera, ma mi affascina anche l’idea di scrivere un nuovo libretto… In attesa di un mio programma in tv!” Se sogno un nuovo programma tv? Sarebbe bello! Magari sulla musica, di sicuro di intrattenimento. La tv è uno strumento affascinante se veicola contenuti che facciano bene all’anima. Intanto ci sono gli appuntamenti in Scala e poi il debutto alla regia con l’orchestra sinfonica della Rai a Natale.”