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Luigi Mazzella

di Joanna Irena Wrobel

Numero 219 - Aprile 2021

Aveva dedicato all’Arte tutta la sua vita. Lì, nello studio di Villa Haas, storica dimora del Cardinale Ruffo di Calabria che si affaccia dal Vomero verso il Golfo di Napoli, creava e riceveva gli amici, i critici, i galleristi e i semplici curiosi


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Luigi Mazzella (Napoli,1936-2021) “scultore nato” (come lo definì la critica d’arte Palma Bucarelli), pittore, disegnatore di gioielli, per anni docente all’Istituto d’Arte “Filippo Palizzi”, si è spento qualche giorno fa a causa di complicanze dovute al coronavirus. Allievo di Ennio Tomai, di cui fu assistente di bottega e dal quale cercò di imparare tutti segreti del mestiere,-taglio- in quegli spazi affascinanti del proprio atelier combatteva, giorno per giorno, con tutte le materie possibili: dal bronzo al ferro, dal piombo all’argento, dal legno al marmo. Per lui, fare lo scultore era il frutto di una profonda padronanza: della materia, delle tecniche di fusione, del sapere artigianale legato alla manualità. Un contemporaneo “homo faber”, che non aveva paura di sporcarsi le mani e quando passeggiava per il lungo viale alberato della Villa vomerese alla ricerca di ispirazione, era sempre pronto a scambiare le proprie opinioni sullo stato dell’arte nel mondo e sugli artisti di oggi. Si rammaricava spesso, che l’Arte vera, basata sulla bellezza e sulla conoscenza, era morta da tempo. Secondo lui, gli antichi mestieri, non avendo più né maestri, né seguaci, erano destinati a scomparire inesorabilmente, lasciando il vuoto, che mai più si sarebbe potuto colmare. Le opere di Luigi Mazzella sono caratterizzate da una nuova e complessa figurazione: essenziale, lineare, asciutta, schietta, ma pur sempre di grande impatto emotivo e visivo. Il suo linguaggio personale, indiscutibilmente contemporaneo, è totalmente privo di qualsiasi compiacimento descrittivo. La narrazione, in ogni caso, è corroborata da una straordinaria capacità di sintesi coniugata alla tradizione, alla spiritualità e all’antico sapiente “mestiere” dell’artigiano di una volta. Le immagini e i manufatti, con la loro istantanea forza espressiva, sono in grado di restituirci con immediatezza l’intensità del racconto. Le sue opere acquisiscono la loro straordinaria chiarezza comunicativa grazie ad una lunga e assidua ricerca articolata e tormentata, che non ha mai conosciuto né pause di riflessione, -taglio2-né tentativi di deviazione. Un’arte, che si è sempre collocata nella scia di una sensibilità moderna, in linea con le grandi espressioni di avanguardie, senza mai aderire apertamente ad una precisa corrente artistica o di pensiero. Le sculture di Luigi Mazzella si distinguono per il senso dell’originaria necessità del lavoro plastico, concepito come tentativo di voler dominare un certo tipo di materia, apparentemente pesante e fredda. In particolare, colpisce la ricerca concentrata sui lavori con le grosse lastre di piombo, lavorato con una ormai rara tecnica a sbalzo, utilizzata per realizzare pregevoli opere sacre. Tutte le opere scultoree del maestro napoletano hanno un senso profondo del peso, del volume e della massa. Le loro armoniose proporzioni sono alleggerite da una sorta di una misteriosa spinta creativa, che richiama sovente il carattere peculiare della personalità dell’artista. Mazzella è stato sempre fortemente legato al territorio, alla sua straordinaria storia e secolare cultura. Nel 2016, in onore di Ennio Tomai, con il patrocinio del Comune di Napoli, ha installato in Piazza Ferdinando Fuga, a pochi metri dal proprio studio, uno svettante obelisco in bronzo, che con le luci e ombre create dalle plastiche onde luccicanti e sormontato da stilizzate figure di vari volatili, da subito, è diventato parte integrante del quartiere e un punto fisso di incontro. Se è vero, come diceva lui stesso, che “…gli artisti non muoiono mai, se veri nell’animo…”, lo rivedremo ancora aggirarsi con passo lento e lo sguardo sognante, a condividere le opinioni sull’Arte che fu, che è e che forse, un giorno, lo diventerà…





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