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LUCIO DEL PEZZO

di Joanna Irena Wrobel

Numero 211 - Giugno 2020

Pitture-oggetto, “assemblaggi” policromi, composizioni elegantissime dall’aspetto ludico e profondamente ironico, caratterizzate da una straordinaria euritmia di rapporti cromatici e formali, formano il codice identificativo di tutte le opere di Lucio Del Pezzo


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Napoletano di nascita e milanese d’adozione, cittadino del mondo dallo spirito giocoso e sottile, artista poliedrico e dinamico, innovativo e profondo, Lucio Del Pezzo ,si è spento a Milano nel giorno di Pasqua. Diplomato all’Istituto d’Arti Applicate della sua città, fino al ‘58 prosegue gli studi all’Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Emilio Notte e di Mario Colucci. La fine degli anni Cinquanta, segna l’attiva partecipazione di Del Pezzo al Gruppo 58, movimento d’avanguardia napoletano collegato al Nuclearismo milanese di Enrico Baj. Per l’artista partenopeo, la personale ricerca di un nucleo primario, fondante, germinale, avviene attraverso la rottura degli schemi figurativi tradizionali. A quel periodo appartengono le prime sperimentazioni di accumulazione e di assemblaggio d’ispirazione neodadaista. Materiali di recupero, rottami riconducibili alla realtà urbana, convivono sulla tela insieme agli elementi caratterizzati da una preponderante valenza simbolica (gli ex-voto napoletani) o figure indissolubilmente radicate nella memoria collettiva (il personaggio della Marianna francese). Le opere pittoriche si vestono di una materia spessa e raggrumata, solcata da numerose crepe, interrotta dall’inserimento di vari oggetti. Un procedimento di forte ed immediata sintesi fra pittura e scultura, che da subito diventa una costante del linguaggio individuale dell’artista. Un linguaggio ricco e pieno di contaminazioni, caratterizzato da continui rimandi e un ironico ritorno al mondo dell’infanzia. All’inizio degli anni Sessanta, su invito di Enrico Baj, Lucio Del Pezzo si trasferisce a Milano, dove esordisce con una prima personale alla Galleria Schwarz. A stretto contatto con le opere di Sironi, Carrà, Morandi e (prima di tutto) di De Chirico, sperimenta ininterrottamente, ampliando la componente metafisica del proprio lessico artistico, creando inusuali intrecci e immissioni attraverso l’uso costante di forme geometriche decontestualizzate. Le sue opere, difficili da etichettare, sono una continua commistione tra vari media espressivi e complessi rituali, che solo un napoletano sa fare. Unisce immagini, esperienze, ricordi e le fissa nelle raffinate sequenze grafiche, -taglio2-creando una sorta di casellari ricchi di forma e di contenuto, come se fossero le lettere di un intimo alfabeto esoterico. Elementi architettonici e scultorei, convivono con la pittura, collage, materiali di recupero in una serie di opere inedite, dove regna l’ordine e il ritmo viene scandito solo dal colore. Nascono così i “Virtual Box”, composti da vari piani sui quali disporre le proprie creazioni, a metà strada tra l’immagine piana e l’oggetto tridimensionale. Pannelli monocromi divisi da ripiani orizzontali o da nicchie concave da occupare con sfere, coni, birilli, sagome, lettere. Un evidente e voluto richiamo alle icone dechirichiane, asciutte e immobili, immesse con rigore in una sorta di bacheche aperte, poste sulla tela. Dal 1964 Lucio Del Pezzo si stabilisce a Parigi, scegliendo come proprio studio lo spazio che fu di Max Ernst. In questo nuovo contesto, il suo lavoro si concentra sui temi nuovi del dilagante neorealismo francese, inducendo l’artista a riflettere sui concetti dello “scarto”, del “rifiuto” all’interno della nuova società di massa. Gli elementi del linguaggio metafisico, vengono affiancati agli soggetti tratti dalla cultura Pop anglosassone. Un modo giocoso, ironico e ludico, sognante e dissacrante per esprimersi liberamente, con una sorta di lente di ingrandimento analizzare e criticare la società contemporanea e il suo consumismo dilagante. Numerosi premi e riconoscimenti, nonché la partecipazione alla XXXIII Biennale di Venezia, segnano un punto di svolta nella carriera internazionale dell’artista napoletano. La sua attività si arricchisce di collaborazioni con i grandi gruppi industriali (Olivetti, Renault Italia, Ferré), musei (progetta elementi scultorei per il Centre Georges Pompidou di Parigi), teatri (numerosi progetti di scenografie). Dopo il definitivo ritorno a Milano (1979), prosegue la sua brillante ricerca di nuovi linguaggi espressivi, sempre distinti da una inconsueta chiave dissacrante e sulle forme geometriche primarie. Le opere di Lucio del Pezzo restano, per tutti, una sorta di realtà virtuali abitate da oggetti dell’uso quotidiano. Di lui, a Napoli, rimangono per sempre i quattro grandi rilievi in ceramica (intitolati Stagioni, 2003), collocati nelle stazioni della nuova Metropolitana di Salvator Rosa e di Materdei.





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