Giovane e già meritatamente famoso, sceglie con cura ogni copione e i personaggi che interpreta al cinema sono intensi e raccontano storie importanti
Luca Marinelli è uno dei migliori attori della nuova generazione. È l’indimenticabile Cesare nel film “Non essere cattivo”, testamento artistico di Claudio Caligari arrivato alle soglie degli Oscar, che costituisce la chiusura dell’ideale trilogia del regista iniziata con “Amore tossico” e proseguita con “L’odore della notte”. -taglio- Per la sua interpretazione vince il Premio Pasinetti al miglior attore alla 72esima Mostra del Cinema di Venezia e ottiene una seconda nomination ai David di Donatello 2016. Interpreta il personaggio dello Zingaro nella pellicola rivelazione “Lo chiamavano Jeeg Robot”, prezioso film d’esordio di Gabriele Mainetti. Per questo ruolo riceve il David di Donatello come migliore attore non protagonista, un Nastro d’Argento e un Ciack d’Oro nella medesima categoria. In tv ha fatto parte del cast di serie di successo, da “Provaci ancora prof” a “Butta la luna 2” a “Maria di Nazaret”. A teatro è attore di testi classici e contemporanei, fino a “Sogno di una notte d’estate” per la regia di Carlo Cecchi. Dopo aver frequentato l’Accademia d'arte drammatica Silvio D’Amico di Roma, Marinelli, che sognava di fare l’attore sin da piccolo, nel 2010 approda al grande schermo con il ruolo di Mattia ne “La solitudine dei numeri primi” di Saverio Costanzo. La consacrazione giunge con la commedia romantica “Tutti i santi giorni”, di Paolo Virzì. Interpreta anche un ruolo ne “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino. Tutti grandi registi che lo hanno scelto con convinzione ma il suo ricordo più importante è legato a Claudio Caligari. “Senza di lui il mio Cesare non sarebbe venuto fuori – spiega - il personaggio nasce dalle sue indicazioni, dalla sua scrittura. Quando ho letto la prima volta la sceneggiatura di ‘Non essere cattivo’ mi è venuto l’affanno. -taglio2- Claudio ha fatto vivere a me e ad Alessandro Borghi il mondo di Ostia nel passaggio tra l’eroina e le droghe chimiche, ci dava indicazioni e poi ogni tanto diceva: ‘Fatela come la sentite’. Purtroppo questa fiducia, questa libertà rimarranno un’esperienza unica”. Del cinema italiano, che apprezza e segue anche da Berlino, città nella quale ha scelto di vivere, evidenzia lo scarso coraggio dei produttori. “Se penso che ‘Non essere cattivo’ rischiava di non essere realizzato mi viene la pelle d’oca; un film che ci ha portati anche a Los Angeles rischiava di non essere fatto. E stessa storia anche per ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’. La verità è che si fanno solo le cose comode.”, afferma. Prossimamente lo vedremo in “Ombre bianche” di Fabio Mollo e in “Tutto per una ragazza”, tratto dal romanzo di Nick Hornby e diretto da Andrea Molaioli, in cui interpreta il giovane padre del protagonista, che è un adolescente, genitore suo malgrado. Lo attende anche una fiction Rai sulla vita di Fabrizio De Andrè nella quale dovrebbe interpretare il ruolo del cantautore nella maturità. Con la sua compagna ha fondato un’associazione, “PenPaperPeace”, che gli ha permesso di costruire due scuole ad Haiti dopo il terremoto. Il suo sogno è quello di farla conoscere in Italia. Il desiderio più grande è quello di continuare a fare cinema d’autore, quello capace di osare regalando emozioni indimenticabili.