No limits
Uno dei registi italiani più apprezzati degli ultimi dieci anni, alla Mostra del Cinema di Venezia ha sbaragliato la concorrenza vincendo il premio per la miglior regia
Dopo ben quattro anni di assenza da uno dei Festival più importanti del panorama cinematografico, Luca Guadagnino torna al Mostra del Cinema di Venezia con una pellicola destinata a diventare un’altra “chicca” del suo portfolio già ben fitto di capolavori come “Chiamami col tuo nome” e “Suspiria”, solo per citarne alcuni. In questo 2022,-taglio- il regista palermitano, porta al Lido “Bones and all”, che alla rassegna veneziana si aggiudica il Leone d'argento, il premio per la regia, per un film che è stato definito dalla critica bello, attesissimo ed esemplare di una delle direttrici forti che sta prendendo il cinema ovvero: l'internazionalizzazione ed il conseguente mix produttivo tra paesi diversi. “Bones and all” è un lavoro girato in America e che vanta un cast tutto americano con Timothèe Chalamet e Taylor Russell – una delle promesse del cinema internazionale ndr. - è prodotto dallo stesso Guadagnino con la sua Frenesy Film e la statunitense Per Capita Productions con The Apartment di Lorenzo Mieli e molti altri e sarà in sala con Vision dal 23 novembre. La storia è incentrata sul primo amore che sboccia tra due ragazzi ai margini della società, due vagabondi uniti da un oscuro segreto che intraprendono un'odissea lunga mille miglia per le strade più solitarie del midwest dell'America di Ronald Reagan. A dispetto dei loro sforzi saranno i traumi del passato a far scaturire nei due giovani quella crescita e presa di coscienza necessari alla loro vita. Incontriamo Guadagnino per scoprire cosa si nasconde dietro a questo suo ultimo capolavoro. Partiamo subito dal suo ultimo lavoro “Bones and all”, un film che lei stesso ha definito speciale… ci spieghi la motivazione… "Sì, è questa una pellicola che ho amato girare e produrre, non che i miei lavori precedenti non siano altrettanto amati, ma in questo film sento di aver messo davvero tutto me stesso e tutta la mia arte. Inoltre, c’è da dire grazie al direttore Barbera che protegge i cineasti, lui mi ha scelto 20 anni fa con il mio primo lavoro, e continua a credere fortemente nei miei progetti. Fare film è sempre stata la mia vita dai primi in super 8. ‘Bones and all’ celebra un matrimonio speciale tra Italia e America ed è testimonianza di un cinema che non conosce geografia, non conosce confini.” A proposito di questo, invece, ci sono molti suoi colleghi che volutamente scelgono di distaccarsi dall’universo americano del cinema… “Certo, ma sinceramente non riesco a capirne la motivazione. Il regista, come l’attore o qualsiasi altro lavoratore deve, dal mio punto di vista, inevitabilmente adeguarsi ai tempi che corrono. Ormai siamo in un mondo iperconnesso, dove non esistono più distanze sconfinate e dove ovunque possiamo assistere ad un meltin’ pot culturale importante, dove tutto è fusione, unione, e perché no anche confronto e soprattutto conoscenza. Il cinema americano ha da sempre delle caratteristiche profondamente differenti da quello italiano, però credo che il segreto sia bilanciare questi due mondi così diversi, ma fondamentalmente uguali. Non è un processo semplice, è vero, e spesso bisogna scontrarsi con delle opinioni completamente diverse e poco condivisibili, ma un equilibrio è possibile… basta lavorarci!” Ormai sono anni che lei è considerato un regista internazionale, ma come sono stati i primi passi nel cinema americano? “Quando sono ‘approdato’ in America, qui ero già noto… insomma avevo già dimostrato di voler essere un grande regista; quando sono arrivato oltreoceano venivo considerato come ‘un italiano bravo, ma anacronistico per la loro visione cinematografica’. La differenza sa dov’è stata? Non mi sono fatto minimamente toccare da tutte queste opinioni, o meglio, le ho viste come dei consigli e ho subito iniziato a pensare a come poter dimostrare di essere adatto anche al loro contesto, ma devo dire che nella mia testa già c’era l’idea di abbattere questo ‘confine’ e cercare di creare un’unica cosa.” Quindi adesso l’equilibrio di cui parlava è stato trovato? “Difficile dirlo, anche perché in generale sono una persona che cerca di spingersi sempre oltre. Se sapessi chi sono sarei anche annoiato da me stesso. La mia ambizione cinematografica è quella di avere il controllo su quello che faccio e, al tempo stesso, abbandonarmi al piacere assoluto di lavorare con amici che sono ormai la mia famiglia per creare qualcosa che è il risultato di un lavoro collettivo e quindi di un equilibrio.” In questo film ha scelto come protagonista maschile Timothèe Chalamet, non è la prima volta che lavorate insieme… “Quando ho iniziato a scrivere e ad immaginare questa storia io avevo già in mente di volere lui, ho capito fin da subito che sarebbe stato perfetto per il tipo di personaggio che stavo strutturando. Timothèe è un attore eccezionale, poliedrico e soprattutto un grande professionista, anche se quando lo si vede lavorare sembra faccia tutto senza il minimo sforzo. Proprio questa naturalezza mi piace di lui, ricordo che quando lo provinai per ‘Chiamami col tuo nome’ dopo numerosi attori, ne rimasi totalmente folgorato… e pensare che aveva detto più o meno solo tre battute. Trovo che sia perfetto per il cinema ed inoltre è stato bravo a non ‘incastrarsi’ in uno stereotipo, cosa che invece spesso accade specialmente ai giovani attori. Per ‘Bones and all’ ho apprezzato molto la sua curiosità verso il personaggio, ma in generale abbiamo una grande sintonia, è un ragazzo in grado di capire ciò che voglio in quella determinata scena… diciamo che è solo l’inizio del nostro ‘sodalizio artistico’.” Un’ultima domanda: su cosa sta lavorando adesso? “Sono alle prese con un film totalmente diverso. ‘Challengers’, infatti, è una commedia sportiva americana. Ho il piacere di lavorare con un cast incredibile che include Zendaya, Mike Faist e Josh O'Connor. L'uscita è prevista per il prossimo agosto, quindi adesso mi tocca rimboccarmi le maniche! – ride ndr.”