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L’Inquisizione medievale

di Alfredo Salucci

Numero 256 - Dicembre 2024 - Gennaio 2025

combattere le eresie con l'inquisizione


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L’Inquisizione fu decisa durante il Concilio di Verona nel 1184 da papa Lucio III e dall’imperatore Federico Barbarossa con lo scopo di combattere le eresie, in particolare quella catara e quella valdese. I Catari avevano l’idea che ci fosse una competizione tra la potenza del male, identificata, in alcuni casi, con Geova,-taglio- il Dio collerico dell’Antico Testamento, e il Dio misericordioso del Nuovo Testamento. I Valdesi, invece, invocavano il ritorno alla povertà evangelica. Questo richiamo era rivolto anche alla Chiesa interessata al potere temporale. I Valdesi, inoltre, erano convinti che gli uomini giusti erano in grado di comprendere e di predicare la Sacra Scrittura senza intermediari.
Papa Lucio III per combattere queste eresie promulga nel 1184 la bolla Ad abolendam (Per abolire) in cui stabiliva che tra i compiti del vescovo rientrava anche la ricerca degli eretici per processarli; le condanne potevano essere anche di natura corporale. Questa presa di posizione, però, non diede i risultati sperati, tanto che nel 1231 papa Gregorio IX toglie questo compito ai vescovi e riorganizza il processo incaricando dei giudici nominati dal Papa stesso. I giudici inquisitori furono scelti dai due Ordini mendicanti: i frati domenicani e i frati francescani. Nel 1252 Papa Innocenzo IV emana la bolla Ad extirpanda (Per estirpare). In questa bolla si ammetteva anche l’uso della tortura, questo serviva a far sì che l’eretico facesse i nomi di altri eretici. La tortura in seguito fu confermata da Papa Alessandro IV nel 1259, e da Clemente IV nel 1265. All’Inquisizione, in materia di fede, erano soggetti tutti senza distinzione di ceto, quindi non solo i laici ma anche gli appartenenti alla Chiesa, vescovi compresi. L’Inquisizione si attuava, oltre che contro gli eretici, contro coloro che da battezzati abbandonavano la fede, contro le streghe e i maghi per le loro stregonerie, contro coloro che si spacciano per sacerdoti, contro gli scismatici, contro chi non accettava quanto stabilito dalla Chiesa, come non credere alla Madonna nata senza peccato originale. Il processo non era accusatorio, ma inquisitorio. La differenza è notevole. Nel processo accusatorio, -taglio2-previsto dal diritto romano, il giudice è arbitro tra l’accusatore e l’accusato, c’è quindi un contradditorio tra le parti e chi accusa ha l’onere della prova. Se l’accusatore non riusciva a dimostrare quanto affermava contro l’accusato il giudice lo avrebbe condannato alla stessa pena che sarebbe stata inflitta all’accusato se ritenuto colpevole.
Nel processo inquisitorio, invece, il giudice è colui che accusa. In questo caso bastava una denuncia anche vaga, e iniziava il processo. Il magistrato spesso svolgeva le sue indagini in modo segreto, raccogliendo prove per dimostrare la colpa dell’accusato. L’avvocato difensore, quando presente, non doveva difendere l’inquisito ma convincerlo a dichiararsi colpevole per essere assolto o condannato al minimo della pena. Il processo poteva essere svolto anche senza la presenza dell’imputato, nel caso fosse fuggito. Spesso gli inquisitori adottavano il carcere preventivo, e dove era detenuto l’inquisito infiltravano i loro confidenti per spiarlo. Infine, oltre a utilizzare le astuzie più subdole, usavano minacce per estorcere la confessione, anche per reati non commessi. Le pene erano varie: abiura, cucirsi delle croci evidenti sul vestito, andare in Terrasanta come pellegrino o a combattere. C’erano anche pene in denaro fino alla confisca dei beni. Ma la pena poteva consistere anche nel carcere a vita o nella pena di morte al rogo, le esecuzioni che prevedevano lo spargimento di sangue erano vietate. Le fiamme, poi, richiamavano molto quelle dell’infero. Nelle maglie dell’Inquisizione incapparono molti innocenti e tanti personaggi importanti la cui sola colpa era quella di essere persone di cultura. Vale la pena ricordarne qualcuno: Giordano Bruno messo al rogo, Tommaso Campanella torturato e carcerato per 27 anni, Galileo Galilei condannato ad abiurare. Tutti filosofi che ricordano tanto la fine del primo grande filosofo: Socrate.





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