logo-Cultura

Lino Musella

di Maresa Galli

Numero 259 - Aprile 2025

Intensa e necessaria la nuova opera-concerto del grande attore e drammaturgo, che porta in scena un’autobiografia in versi di Pasolini


albatros-lino-musella

Grande attore, regista e drammaturgo pluripremiato, Lino Musella si distingue per la qualità delle scelte di spettacoli teatrali, televisivi, cinematografici.



Nella “Sala Assoli-Moscato” di Napoli Musella ha presentato “Come un animale senza nome”, opera-concerto originale su testi di Pier Paolo Pasolini, produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello – Cadmo. Da “Il poeta delle ceneri” a “La religione del mio tempo”, dagli “Scritti Corsari” a “Poesia in forma di rosa”, da “La ballata delle madri” a “Le ceneri di Gramsci” fino all’articolo “Io so” e all’ultima intervista concessa a Furio Colombo, lo spettacolo si dipana tra parole e musica. Non un semplice reading ma viaggio nell’universo pasoliniano, nella sua attualità di intellettuale scomodo e lungimirante, contro le stragi, la corruzione, il malgoverno. Musella/Canciello offrono una lettura intensissima dei versi pasoliniani a ritmo di rap, tra loop, campionamenti, invettive, per concludere con la voce del poeta che ricorda come la parola speranza sia stata cancellata dal suo vocabolario.
Come nasce l’idea dello spettacolo dedicato a Pasolini? “È una sorta di opera-concerto trasformato in drammaturgia poetica con Igor Esposito, accompagnata dalle sonorità musicali, eseguite dal vivo da Luca Canciello, amico da lungo tempo con il quale abbiamo già messo in scena spettacoli con macchine che producono suoni elettronici. I vari materiali, in prosa e in poesia, hanno sempre un’attenzione metrica, consapevole o inconsapevole. È un approccio con la musica collaudato. In questo caso le parole di Pasolini, a cominciare dal poema autobiografico “Poeta delle ceneri”, incidono con una loro sonorità. Sono un lettore appassionato delle opere del grande intellettuale e, da attore, approccio per la prima volta i suoi testi perché avverto l’urgenza di mettere in scena i suoi testi che parlano ai nostri tempi. Il “Museo per la Memoria” di Ustica di Bologna mi ha commissionato, nel 2022, una lettura su Pasolini. Ho sfruttato l’occasione e il budget disponibile e con i due amici artisti, Igor e Luca, abbiamo ideato “Come un animale senza nome”. Pasolini, che parlava di una cultura livellatrice e volgare, di falsi modelli, di esercizio della capacità critica, quanto è attuale? “Con le sue opere fa riflettere sulla responsabilità dello Stato, sul silenzio dei cittadini, sulla responsabilità di tutti. Il suo “Poema delle ceneri” è un’invettiva contro la società. Il mio approccio a Pasolini è pudìco:

l’ho amato moltissimo ma la mia vicinanza è anche distanza. Voglio restituire, con il mio profilo, la sua figura. È stato un profeta, e ciò che ha intravisto è stato un effetto domino. Quando c’è stata la strage di Ustica non era in vita ma quanto si è rivolto a quella condizione! L’evento per le sue caratteristiche, pur non dichiaratamente, si era subito mostrata come un’altra strage di Stato per l’occultamento della verità e i depistaggi conseguenti. Pasolini ha sempre collegato quel silenzio colpevole che oggi possiamo sentire moltiplicato. Oggi viviamo in una condizione inerme, non ci sono più neanche le menzogne dei governi. Vogliamo costruire resort su territori massacrati dalle bombe! Pasolini colpiva il potere e chi ne è connivente: cittadini, magistrati, tv, giornali…Ci insegna che la libertà andrebbe sorvegliata, risvegliata”. A teatro le parole diventano suono, musica… “Se la poesia chiede immobilità, le parole devono muoversi; il loro è un movimento sonoro, metrico, ritmico per far viaggiare la mente. Sono tante le possibilità offerte dalla musica elettronica, insieme armonia e noise, a richiamare le esplosioni dell’aereo, l’orrore, e il sentire di macchine impazzite.
Soccombere o diventare resilienti: come reagiscono gli artisti all’impoverimento culturale, alle difficoltà? “Posso rispondere per me stesso: tentando di mantenere alto il livello di qualità di fronte al rischio di abbassamento culturale collettivo. Posso tentare e sperare in uno sguardo critico dei cittadini. Ci si sente meravigliosamente piccoli ascoltando le parole di Pasolini. Occorre avere la sensibilità per capire ciò che si vede. Un lavoro come questo, che presentiamo nell’importante Sala Assoli, può essere ripreso in tutta Italia”. Dopo “Nonostante”, il film di Valerio Mastandrea, quali sono i nuovi impegni cinematografici? “Ho appena finito di girare la serie in sei episodi su Enzo Tortora, “Portobello”, di Marco Bellocchio. Io interpreto Giovanni Pandìco, “scrivano” di Cutolo, soprannominato “’o pazzo”, il pentito diventato poi collaboratore di giustizia che accusò il presentatore di collusione con la camorra. Un personaggio dalla mente contorta, surreale”.



Booking.com

Booking.com