Il nuovo album di Giuseppina Torre e la storia di una rinascita
Ha tanto da raccontare Giuseppina Torre, una storia vera, sentita, sofferta ed un musica che esprime appieno questa forte emozione. “Gocce di veleno” è infatti la seconda composizione estratta da “Life book”, il nuovo album uscito il 21 giugno. L’artista siciliana ha composto “Gocce di Veleno” dopo aver letto il libro omonimo di Valeria Benatti: un racconto di un amore malato e opprimente, di gelosia e vendetta, di violenza fisica e psicologica che viene trasformato in musica. Un libro forte che ha colpito la pianista in maniera personale e che, dopo un periodo particolare, l’ha spinta a tornare alla sua amata musica. Le dieci composizioni di “Life Book”, con musiche composte ed eseguite da Giuseppina Torre, raccontano i pensieri e il vissuto dell’artista che negli ultimi anni ha vissuto sulla sua pelle, un vero e proprio “racconto di vita” in musica.
“Gocce di veleno” è uno degli inediti presenti nel tuo ultimo album e nasce dopo aver letto l’omonimo libro di Valeria Benatti, perché ti ha ispirato così tanto quest’opera?
“È un libro che tutte le donne dovrebbero leggere, mi ha colpito perché parla di una storia di violenza, di un amore malato che condiziona la vita della protagonista a tal punto che deve addirittura interrompere tutti i rapporti sociali e le amicizie. -taglio-Le cronache di tutti i giorni confermano che questo è un tema molto attuale e delicato. Questa storia mi ha così colpita che ho deciso di tradurla in musica. Ho riproposto anche lo stesso titolo perché il veleno di un rapporto malato si insinua dentro la persona e corrode il cuore e l’anima. Se non si è abbastanza forti, anche psicologicamente si può soccombere. O muore la tua anima dentro, oppure la violenza di questo amore malato ti fa morire fisicamente. Bisogna reagire in maniera forte e contrastare. Non ci si rende mai conto di quello che stai vivendo in prima persona, a volte ti abitui e consideri quell’amore malato una normalità.”
“Life book” riassume la tua storia personale, di musicista e di donna. Come mai hai deciso di raccontarla?
“Vengo anche io da una storia particolare di vita vissuta precedentemente, alla quale ho dovuto, per uscirne indenne, reagire. ‘Life book’ è un inno al coraggio, alla forza, alla determinazione di voltare le spalle al passato, prendere consapevolezza di sé stessi, rimboccarsi le maniche, rialzarsi e ricominciare un nuovo percorso di vita. Tutto dipende da noi, dal nostro volere, non dobbiamo piangerci assolutamente addosso. Io ho ricominciato da quello che più mi faceva stare bene cioè la musica e il pianoforte.”
La musica, quindi, ti ha aiutata?
“Sì, ed è assurdo perché in realtà avevo intenzione di abbandonare questo mondo. La musica mi ha salvato-taglio2- la vita. Grazie alle persone care che mi sono state vicine, e grazie soprattutto alla forza che ho ricevuto e alle mani che mi sono state tese. Ho avuto la fortuna di ricominciare da capo e da quello che più mi faceva stare bene e cioè la musica. Perché per me il pianoforte è la mia isola felice, dove prima mi rifugiavo ed ho continuato a farlo per guarire. Ho iniziato a scrivere questo mio nuovo cd e man mano cominciavo a prendere forza e consapevolezza di quello che stavo creando.”
La tua carriera è costellata da molti successi, qual è il sogno che non hai ancora realizzato?
“In realtà sono felice e soddisfatta di quello che ho fatto fin ora, per me ricominciare a suonare è già una vittoria, quasi non ci credevo più. Forse un sogno nel cassetto mi è rimasto: e cioè quello di scrivere la colonna sonora per un film, magari di Ferzan Ozpetek che è un regista che stimo molto.”
Hai curato le musiche del documentario “Papa Francesco. La mia idea di arte”, cosa ti ha lasciato questa esperienza, oltre ad una grande soddisfazione personale?
“Sicuramente è stata un esperienza straordinaria, mi ha lasciato tanto, specialmente in un periodo in cui mi serviva una cosa del genere. Il messaggio del Santo Padre poi lo sento molto mio, quest’arte espressa nelle grandi opere che mostrano la magnificenza di Dio, penso sia la cosa più significativa e bella.”