‘L’eco del silenzio’, lavoro sfornato nel lontano 1995 per la Splasc(H) Record, ha mantenuto intatta quella potente sensazione di un album dai sound attualissimi ed appare da subito alla stessa stregua di un cd appena uscito dal recording e collocabile nel ‘future jazz’. Insomma i nove artisti protagonisti del lavoro erano già avanti di vent’anni.
È una fredda domenica di fine dicembre e davanti ad un caldo caffè, Leo Aniceto comincia ad aprirsi, raccontando di essersi sempre dedicato al suo pianoforte ed alla composizione di nuove armonie. Ma veniamo al musicista: «Faccio parte di quel gruppo dal quale, poi, è partito il ‘fenomeno Salerno’. Per qualcuno erano le prime esperienze …-taglio- Il periodo cui mi riferisco è quello a cavallo tra gli anni ottanta ed i novanta. C’è da dire che all’epoca erano molti i locali che preferivano la musica dal vivo e soprattutto quella che si poneva sotto l’etichetta jazz. Da questo gruppo sono nati artisti come i tre fratelli Deidda (Sandro, Alfonso e Dario), Aldo Vigorito, Carla Marciano, Matteo Saggese. Tanti i musicisti venuti fuori da questo nucleo di cui facevo parte. Il tutto si consolidò tra le ‘Botteghelle’, Circolo del Centro storico, nei pressi del Duomo di Salerno ed il ‘Mumble Rumble’ di Pastena, nella zona orientale della Città. Qui provavano i primi Neri per Caso ed era punto d’incontro di altri gruppi salernitani per sessioni di prove.» Ti ritrovi ad ascoltare un disco, un’armonia di Leo Aniceto. Che cosa provi con la sua musica? «Definirei il musicista un melodico. Amo i grandi melodisti del jazz come Bill Evans, Keith Jarreth, Herbie Hancock, grandi che fanno entrare nella loro musica fatta di ritmica e fantasia, frasi che riconducono alle melodie ricavate anche dalla musica classica.» Il genere che contraddistingue Aniceto è un jazz melodico, con una particolare attenzione al contemporaneo ed a tutto quello che viene dalla musica elettrica e dalle contaminazioni del mondo classico. -taglio2- «Le musiche che compongo sono quasi tutte alla portata anche di un fascia fruitrice che possiamo definire media, nel senso che anche chi non è avvezzo all’ascolto del jazz puro può apprezzare, perché ascolta una musica molto godibile e d’impatto non complicato» Bene, detto questo, Leo Aniceto non vorrà essere ricordato solo per quel lavoro che appare, come detto, intramontabile e sempre attuale. Chissà se avrà altri progetti che saltellano nella mente, chissà mai cosa possa avere nel cassetto, pronto ad essere tirato fuori. « Il progetto di alcuni anni fa, L’eco del silenzio’ nel quale erano presenti musicisti eccezionali come Umberto Fiorentino - romano di nascita, chitarra di enorme spessore - e Flavio Boltro - torinese, trombettista eccelso - e poi altri miei concittadini: dai fratelli Deidda a Jerry Popolo, passando per Aldo Vigorito. Intanto sono presente in una raccolta discografica ‘Set a side’ (cofanetto di tre compact disc), insieme ad altri 110 musicisti mentre in pentola c’è un nuovo lavoro (vinile e cd) con Dario Deidda, tra i migliori bassisti al mondo, Alfonso Deidda, al sassofono contralto e grande pianista, insieme a Lorenzo Tucci, di Atessa (Chieti), alla batteria, definito quale secondo solo a Roberto Gatto.