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Legami eterni

di Maresa Galli

Numero 183 - Dicembre 2017

Un’opera senza tempo “Così fan tutte” di Mozart, che ritrova una nuova luce attraverso la regia di Chiara Muti


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La “prima” è prevista nel novembre 2018 al San Carlo per l’inaugurazione della prossima Stagione d’opera: “Così fan tutte”, di Wolfgang Amadeus Mozart, è la prima, storica coproduzione tra due delle più antiche e illustri istituzioni musicali del mondo: la Wiener Staatsoper e il Teatro di San Carlo. Il nuovo allestimento, in programma il prossimo anno a Napoli e successivamente a Vienna, conterà sulla prestigiosa e attesissima direzione del maestro Riccardo Muti. I sovrintendenti Dominique Meyer e Rosanna Purchia hanno scelto la sede del Massimo napoletano per una prima serie di riunioni operative con il direttore artistico Paolo Pinamonti e con la regista Chiara Muti, la scenografa Leila Fteita, il costumista Alessandro Lai e gli staff artistici e tecnici dei rispettivi teatri. “Così fan tutte”, capolavoro assoluto del teatro musicale, chiuderà l'edizione 2018 di “Napoli Città Lirica”, progetto sostenuto dalla Regione Campania. Il primo passo di questa rinnovata relazione tra le due città capitali musicali e tra i due teatri sarà l’ultimo capolavoro della trilogia italiana di Mozart, nata dalla collaborazione con Lorenzo da Ponte, “Così fan tutte”, che il compositore volle ambientare a Napoli, città dove soggiornò nel 1770 e dove ascoltò opere di Jommelli, Cafaro e de Majo. Finora, il San Carlo ha ospitato due produzioni della Wiener Staatsoper: “Nozze di Figaro” il 22 settembre 1959 al Teatro di Corte e in collaborazione con la Rai, e i balletti “La Valse” di Ravel e “Alles Walzer” di J. Strauss/Mahler il 2 maggio 2003. La regista Chiara Muti, racconta l’opera e l’allestimento ai lettori di Albatros.

Lei ama "Così fan tutte" da quando era bambina. Quale l’emozione di dirigerla al San Carlo? -taglio- “Per me è un onore tornare al San Carlo e curare la regia di ‘Così fan tutte’, opera che conosco a memoria sin da bambina e che approda a Vienna e a Napoli. Questa meravigliosa storia mostra di possedere una propria armonia, che nel corso del tempo è sempre rimasta inalterata. Mozart desiderava scrivere un’opera per il San Carlo, e questo è un atto d’amore per la città di Napoli. Nei suoi 40 giorni trascorsi nel capoluogo partenopeo, nel 1770, il compositore sperò di firmare un contratto con il Lirico che, però, sfumò. All’epoca era considerato un intrattenitore! Quando, però, le note di Mozart risuonano al San Carlo si dà onore a chi in questo teatro non le ha sentite! Ho amato quest’opera dall’età di 10 anni, quando vidi una meravigliosa messa in scena a Salisburgo. Voglio restituire al pubblico la luce che questa città deve aver lasciato negli occhi di Mozart, quella che si vede nelle guaches napoletane, la profondità della tessitura musicale e delle parole.”

Cosa rappresenta “Così fan tutte”?

“’Così fan tutte’ è il trionfo degli elementi: il mare che si perde nel cielo, il cielo nel mare, simbolo di emozioni che non possono essere veicolate in modo oggettivo. Qui, fondamentale è il rapporto tra musica e parole: nella trilogia dapontiana c’è un sommo lavoro e si leggono spunti cari alla commedia dell’arte. ‘Così fan tutte’ travalica il tempo, è un’opera impalpabile, specchio dell’immagine di se stessi e la scenografia terrà conto di queste trasparenze, di un mondo onirico, come un acquario nel quale i personaggi fluttuano. La musica deve veicolare la malinconia, e l’opera è un po’ autobiografica: Mozart, dopo aver frequentato due sorelle, sposa quella più bruttina e di minor talento, e ne è pienamente consapevole. Inoltre, essa veicola la trasformazione, il cambiamento, l’innocenza... è l’opera della quale abbiamo meno traccia, la più complessa, poiché Mozart non ci ha lasciato quasi nulla di scritto, ma abbiamo la musica!”

Giorgio Strehler, che è stato suo maestro, affermava che per comprendere l’opera d’arte occorrono tre doti: rispetto, umiltà, amore: condivide? -taglio2- “È assolutamente così: noi non siamo creatori, siamo ‘servi’ delle grandi opere che ci sono state lasciate e, anche se entra una parte di creazione nell’interpretazione, non si può stravolgere il grande lavoro dell’autore. Ciò non significa fare un’opera vecchia, anzi: tutto quello che è eccessivo invecchia prima. Strehler non invecchia mai! Che cos’è la modernità se non il messaggio che è nel capolavoro e riuscire a trasmetterlo ai giovani? Se i ragazzi vedono una storia rimaneggiata cosa capiscono? Occorre sempre seguire una logica e non strumentalizzare libretto e musica.”

Lei ha curato regie di opere di Hindemith, Gluck, Purcell, Puccini... quali ha sentito più vicine?

“Direi che quasi quasi le opere che conosco di più mi fanno paura: conoscevo poco la ‘Sancta Susanna’ di Hindemith: quando devo studiare da zero è più facile. Per ‘Le Nozze di Figaro’ e ‘Così fan tutte’ ho dentro un’immagine ben precisa, ed è difficile fare tabula rasa. Cerco di avere sempre rispetto dell’opera e quella che amo di più è quella che sto facendo in quel momento!”

L’emozione di lavorare con suo padre sul podio...

“Mio padre rappresenta questo connubio tra Vienna a Napoli, quello che è stato il mix vincente di Mozart, quello che è il più italiano dei compositori viennesi: unire la grande musicalità e l’amore per la vocalità e il teatro della Scuola Napoletana con la strumentazione tipica della Scuola Viennese. Poterlo mettere in scena con mio padre sul podio, è un sogno che si realizza. Si incontrano le due capitali che hanno cullato Mozart, è un’unione vera, sentita! Tornare al San Carlo è un’emozione: Napoli ce l'hai nel sangue, anche se non la vivi. Mio padre me lo ripete spesso. Mia nonna voleva che tutti i suoi figli nascessero qui: si trasferì in Puglia per un periodo e fece un viaggio in treno con le doglie per partorire a Napoli. A chi le chiedeva perché, rispondeva: ‘Se giri il mondo, ti chiedono dove sei nato e rispondi ‘a Napoli, la gente ti rispetta.”

Non ci resta che farle un enorme in bocca al lupo...

“Crepi il lupo!”


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