Una delle interpreti francesi più conosciute di tutti i tempi viene raccontata a teatro, in un’opera che racconta la nascita del mito
“Verso il mito. Edith Piaf, le canzoni, gli amori” è l’omaggio alla grande artista nel racconto teatrale di Gianmarco Cesario e Antonio Mocciola, per la regia di Gaetano Liguori. Al Teatro Totò in scena una coppia artistica affiatata, composta da Francesca Marini e Massimo Masiello. La Marini è mirabile interprete della cantante simbolo della Francia, sua icona. Al secolo Édith Giovanna Gassion, grande chanteuse réaliste, la Piaf è stata anche autrice di molte sue canzoni divenute successi internazionali. Minuta, di salute malconcia, soprannominata “Passerotto” (nell’argot parigino si dice piaf), ha avuto un’esistenza tragica costellata di dolori, di amori infelici, di amarezze. La madre Antonetta Marini, in arte Lina Marza, cantante di un caffè concerto, la partorì in un androne assistita da due poliziotti, il 19/12/1915, al 72 di Rue Belleville a Parigi. Il padre fu forse un muratore, amante occasionale, così come Luis Gassion, contorsionista amante della madre che le fece da padre affidandola alla madre tenutaria di un bordello. Un’infanzia terribile, che la segnerà per sempre, costellata da malattie, dalla cecità che l’accompagna dall’età di tre anni fino ai sette. -taglio- Violentata in tenera età, rimasta incinta di un “protettore”, perde la bimba di appena due anni. Poi la svolta, dovuta al grande dono di una voce straordinaria: incontra il musicologo Albert Richardit che la ascolta e decide di affidarla a Louis Leplee, proprietario di un locale alla moda che diverrà il suo impresario e il suo amante finché non morirà assassinato. Da quel giorno vive tanti amori con George Moustaki, Yves Montand, Charles Aznavour, Gilbert Bécaud, Leo Ferré, Eddie Constantine, che si servono della sua fama per fare carriera, con il cantante Jacques Pilles che sposa in prime nozze, con Theo Sarapò, di 24 anni più giovane, suo secondo marito, che morirà sette anni dopo Edith schiantandosi con la sua Porsche. Ma il suo grande amore fu il pugile Marcel Cerdan, morto tragicamente in un incidente aereo nelle Azzorre. Cerdan non ama viaggiare in aereo, e prenota il viaggio di ritorno da Parigi a New York in nave, ma Edith ha fretta di rivederlo e lo convince a prendere l’aereo - non potrà mai perdonarsi la sua morte. Così, la scena apre su una sala vuota, dove la Piaf si prepara a dire addio alle scene, in un ultimo, indimenticabile, spettacolo accompagnata da un giovane, lo stesso Masiello, di nome Azrael (secondo la tradizione coranica è l’Angelo della Morte): rivivrà i suoi incontri, i dolori, i successi. Piegata ma mai sconfitta, con un’immensa forza d’animo si getta a capofitto nel lavoro, divenendo ambasciatrice del canto per la Francia nel mondo: “Milord”, “Je ne regrette rien”, “Le vie en rose”, “Mon manege a moi”, “Hymne a l’amour”, “C’est l’amour”, “Tojours aimer” diventano successi internazionali. -taglio2- “L’Istrione”, “Et Maintenant”, “La Boheme” sono alcune perle del canzoniere maschile dello spettacolo. Le belle scene essenziali di Tonino Di Ronza riproducono un camerino e il palcoscenico delle grandi soirée, le musiche di Lino Cannavacciuolo fanno da colonna sonora e la regia di Gaetano Liguori è sapiente e misurata. Come in un film scorrono le fotografie dei suoi amori, tutti magistralmente interpretati da Massimo Masiello, ad eccezione di Marcel Cardan che appare in foto d’epoca. La Marini è straordinaria Piaf, intensa, drammatica, indifesa creatura e aquila reale, regina per immensità della sua voce e interpretazione. I due cantanti/attori si concedono fino alla spasimo, si trasfigurano agli occhi del pubblico diventando i loro personaggi per regalare emozioni immense. Bravi gli autori, Gianmarco Cesario e Antonio Mocciola che hanno già dato vita ad intense pagine di prosa e musica raccontando le biografie di Umberto Bindi (“Le note diseguali di Umberto Bindi”) e di Charles Aznavour (“Io, tra di voi”). Popolare nell’accezione più nobile, lo spettacolo si avvale di testi realistici/poetici, leggeri/grevi, anche un po’ surreali. Edith, un genio, per Jean Cocteau come fu Stendhal, poiché il genio si nasconde nelle semplici bellezze della vita. E lei, deformata dall’artrite reumatoide, sofferente per il tumore, per l’assunzione di alcool e di antidolorifici, per un tentativo di suicidio, è divina chanteuse.