La “damnatio memoriae” di Scipione l’Africano, a suo tempo per istigazione di Catone il Censore, oggi per l’incuria e la negligenza delle istituzioni preposte
Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano per la decisiva vittoria su Annibale in Africa a Zama durante la seconda guerra punica, è stato uno dei più grandi condottieri romani. Dopo aver salvato Roma dalla terribile minaccia di Annibale, fino a quel momento invincibile, ottiene per Roma dal re di Siria, Antioco, -taglio- l'incontrastato dominio sul mar Egeo e ricchezze inestimabili. Ma il Senato, irriconoscente, intenta ai suoi danni un processo per corruzione. Il principale accusatore è Catone il Censore, capo del partito conservatore, che ha in odio ogni innovazione, soprattutto la cultura greca, ed è eternamente contro la prestigiosa famiglia degli Scipioni della gens Cornelia, come lo era stato prima Quinto Fabio Massimo. L’Africano, amareggiato, si ritira con i suoi legionari in una villa rustica a Liternum presso il lago Patria, il cui nome deriverebbe dalla sua celebre frase: “Ingrata Patria non avrai nemmeno le mie ossa”. Tolte le confuse reminiscenze scolastiche di alcuni o il frettoloso apprendimento delle guerre puniche da parte degli studenti, la figura di Scipione da noi in fondo è poco conosciuta e ricordata. Lo scrittore e studioso spagnolo Santiago Posteguillo gli ha invece dedicato una lunga appassionata e appassionante trilogia (nella traduzione italiana divisa in 4 volumi) che va dalla infanzia alla morte, molto ben scritta, dettagliata e documentata sulla scorta delle storie di Tito Livio e Polibio. Comincia con “L’Africano” e prosegue con “Invicta legio”, “Il tradimento di Roma” e “La fine di Scipione”. A Liternum Scipione nel 183 a.C. muore, cinquantaduenne, e la sua tomba sarebbe stata collocata al centro del foro rinvenuto tra gli anni 1932-37, in cui sono allineati i tre principali monumenti della città: il Capitolium, la Basilica e il Teatro oltre a domus e ruderi di altre strutture di epoca imperiale. Nei pressi del lago vi è un impianto termale con il calidarium e una vasca con tre sorgenti d'acqua dolce. La città ebbe un notevole sviluppo in epoca augustea ed era collegata con il porto di Puteoli tramite la via Domitiana. Si sa che la zona era abitata già in epoca preistorica e popolazioni di stirpe osca vi fondarono una prima città, poi ampliata dai romani sulla sponda del lago presso la foce del fiume Clanis. Oggi tentare di visitare le rovine dell’antica Liternum e la tomba di Scipione è impresa ardua e frustrante. La stessa Pro Loco locale, che un tempo organizzava visite guidate per le scuole, non è più autorizzata a farlo. Il Parco archeologico è un ammasso di sterpaglie incolte senza sentieri. La zona del Foro, -taglio2-in totale abbandono, è recintata e chiusa da un cancello di cui non si sa chi abbia la chiave. Palese e assolutamente vergognoso il disinteresse del Comune di Giugliano, della Soprintendenza Archeologica dei Campi Flegrei, della Provincia oggi Città Metropolitana, della Regione e di qualunque altra istituzione nei confronti di un bene pubblico tanto ricco di storia, collocato in una zona molto interessante anche dal punto di vista naturalistico, per la presenza di molte specie di avifauna, che versa invece nel degrado più assoluto. Il Lago Patria, l'antica Literna Palus, nome che fa riferimento alla natura una volta malsana e paludosa della zona, è un bacino salmastro di origine vulcanica, di 1,87 Kmq di superficie, alimentato da sorgenti di acqua dolce e dal torrente Vena. Costituisce una delle zone umide più importanti della Campania. Sarebbe adattissima al birdwatching per scopi didattici ed è invece frequentata da cacciatori di frodo, infestata di zanzare e con ponticelli di legno fatiscenti che minacciano di aprirsi sotto il peso di chi li percorre. L’intero Parco Archeologico di Liternum, oggi così malridotto, comprende un'area di circa 85.000 mq. Era stato realizzato dal Comune di Giugliano in Campania con i fondi europei del POR Campania 2000\2006. Patetici cartelli scoloriti ne riportano ancora la pianta in cui sono indicati i monumenti, incluso un anfiteatro e una necropoli, e legende che illustrano inutilmente gli inaccessibili reperti agli sparuti e tenaci turisti che vi si avventurano invano alla ricerca delle tracce dell’Africano e dell’antica urbs, rimanendo delusi e scandalizzati dallo stato dei luoghi. Tutto quel territorio alla foce del Volturno, una volta bellissimo, ricco di spiagge e di pinete è ridotto in una situazione di squallore dovuto a selvaggia speculazione edilizia, insediamenti abusivi, spazzatura, mare inquinato. È una triste vergogna. Così la memoria del grande Scipione precipita nuovamente nell’amaro destino dell’oblio e a lui non resta che rivoltarsi nella sua tomba dimenticata.