La menaica è una pesca antica, diffusa dalla notte dei tempi, portata sulle coste cilentane dai greci e tramandata dai pescatori di generazione in generazione, conservando le memorie di Itali, Enotri e Greci dell’antica Pixous. Questo mare calmo, che accarezza le agliaredde delle spiagge, ha ascoltato per millenni le confessioni dei pescatori. Confidenze che oggi racconta Pino Veneroso, dall’alto dei suoi anni e delle sue esperienze, alla riscoperta di quelle tradizioni troppo spesso dimenticate oppure lasciate in disparte per inseguire nuove tecnologie. La pesca con una rete speciale di cui si scrive in quest’opera, che ha preso il nome dalla barca che per questa veniva utilizzata, ha sfidato tempi ed evoluzioni, perché il sapore delle alici, pescate con maglia calibrata e selettiva, è inconfondibile e ha anche una funzione fondamentale dal punto di vista della sostenibilità. L’umanità degli aneddoti di Veneroso caratterizza, infine, queste pagine, le cui origini vengono da lontano, riecheggianti nel vento che ha cinto i più grandi navigatori della storia.
Pino Veneroso Nato nel borgo marinaro di Gozzipuodi a Marina di Pisciotta (SA) nel 1943, lì ha vissuto fino all’età di 18 anni dedicandosi principalmente alla pesca delle alici. Discende da diverse generazioni di uomini dediti al mare. Nel 1962 si è arruolato nel corpo della Guardia di Finanza, ramo Mare, frequentando la scuola nautica di Gaeta. I primi tre anni di servizio li ha vissuti fra Rimini, Marina di Ravenna e Porto Garibaldi, dove si congedò attratto dal desiderio di scoperta di nuovi mondi. Da lì la sua decisione di partire per Amburgo dove ha inizialmente trovato lavoro presso un cantiere navale e si è successivamente imbarcato per 4 mesi su un peschereccio d’alto mare tedesco che stava salpando per il mare della Groenlandia per una campagna di pesca del merluzzo. Ritornato in Germania è subito ripartito per la Norvegia come turista per poi rientrare da Oslo a Marina di Pisciotta in autostop. Decide nuovamente di arruolarsi frequentando il corso da Sottoufficiale ad Ostia (RM) ed il corso di Comandante di Motovedetta d’altura a Gaeta (LT). Lascia, quindi, definitivamente la Guardia di Finanza nel 1983 ritirandosi con la sua famiglia nel borgo che gli ha dato i natali con il desiderio di vivere di e per il mare. Nel 2003, con la sua piccola barca a vela di 9 metri, ha realizzato il sogno accarezzato fin da bambino: solcare gli oceani. È quindi partito in solitaria con rotta verso Capo Horn, le cui vicende ed episoni sono narrati nell’opera Con lo Jutta sulla scia de “Il Leone di Caprera” (2014).