Primo singolo per Vincenzo Incenzo, prodotto da Renato Zero e precursore dell’album “Credo”, realizzazione del sogno di una vita...
Vincenzo Incenzo si presenta al pubblico come cantautore dopo aver firmato negli anni alcuni dei pezzi più belli del panorama musicale italiano. Dopo una carriera trascorsa magistralmente dietro le quinte, il sogno diventa realtà, anche grazie alla spinta del collega e amico Renato Zero e alla voglia di esprimere “l’essenza più profonda” di se stesso, fatta di “amore e rabbia”, con la passione e l’impegno di sempre.
Partiamo subito dal tuo ultimo progetto discografico: come nasce “Credo” e qual è il fil rouge che lega le tracce?
“‘Credo’ nasce per una voglia, che non si è mai sedata in questi anni, di tornare al sogno iniziale di fare il cantautore. Io sono partito da un piccolo locale romano, il Folk Studio, e lì ho cominciato a muovere i primi passi come cantautore, poi il lavoro di autore mi ha preso la mano per venticinque anni e davvero non ho più avuto tempo di pensare ad un progetto mio, anche perché ero già ampiamente gratificato da quello che stavo facendo. Poi Renato – Zero, ndr – ha ascoltato per caso due anni fa un mio provino, che era in realtà di un brano che volevo dare a lui, e da lì è partito tutto... Mi è tornato entusiasmo, passione e ci ho messo davvero tanto impegno: questo è il ‘filo rosso’ che lega tutto il progetto, testimoniato anche dal titolo stesso.” -taglio- Il disco è stato anticipato dal singolo “Je Suis”, di cosa si tratta? Possiamo affermare sia rappresentativo dell’album stesso?
“Per certi aspetti sì. Il disco è scisso a metà, strappo e riconciliazione: c’è tutta una sfera che forse è anche quella per cui sono maggiormente conosciuto come autore, cioè quella sentimentale e intimista, e l’altra più ‘polemica’, della quale fa parte appunto ‘Je Suis’, la volontà di tirar fuori tutta l’ipocrisia che si nasconde dietro questo mondo mediatico, dei social soprattutto, nel quale una frase come ‘je suis’, nata con nobili intenti dai fatti di Parigi, può trasformarsi in un mezzo per scaricare la coscienza e in qualche modo liberarsi in maniera fittizia.”
Quanto di autobiografico c’è nei tuoi testi?
“Molto, io faccio quasi delle cronistorie. Per me è molto più facile partire dalla realtà che inventare: molte volte i testi delle mie canzoni sono pezzi di messaggi che ho inviato, di lettere o di bozze di pensieri scritti sull’autobus o ancora di chiacchierate fatte con amici... e questo poi è il test più attendibile per me, perché se un testo emoziona prima me stesso, e lo dico con tutta la sincerità e l’umiltà possibile, allora mi sento abbastanza sicuro di poterlo rendere pubblico!”
Facciamo un salto nel passato: come nasce la tua passione per la musica?
“Beh... io sono figlio di musicisti: mio padre è stato per oltre trent’anni primo clarinetto dell’orchestra di Santa -taglio2- Cecilia e questo sembrerebbe un vantaggio ma in realtà non lo è stato perché mio padre non ha mai favorito questa mia vocazione, forse perché reputava questo lavoro un salto nel vuoto... Tuttavia io ho sempre cercato la mia strada, prendevo lezioni di pianoforte da solo a quattordici anni, ho viaggiato tanto, sono stato a Bologna ai tempi dell’università e ho sempre inseguito questo sogno che avevo, con la creatività, caratteristica che mi son portato dietro per tutta la mia carriera!”
Nell’arco della tua carriera hai collaborato con diversi artisti di calibro internazionale, quale delle tante esperienze ricordi con maggior entusiasmo?
“Ce ne sono certe, ad esempio quella con Renato Zero, più che ventennale, che mi fanno pensare poco al fatto che sono nato come fan della sua musica ed ora ci collaboro fraternamente trovandomi allo stesso tavolo a scrivere canzoni. Poi penso a quelle con Sergio Endrigo, Michele Zarrillo, Lucio Dalla, incontro veloce ma ricco, tutti acceleratori di crescita senza paragoni.”
Cosa bolle in pentola per il prossimo futuro?
“Il mio grande sogno è quello di esibirmi, di cantare in pubblico, quindi con Renato stiamo cercando di trovare la dimensione più consona per fare questo, come potrebbe essere il teatro, ma sicuramente in tutti i posti in cui andrò ho preteso il pianoforte, per avere un rapporto più diretto e sincero col pubblico.”