“Prigioniero del Sogno” è un omaggio al simbolismo più puro, caratterizzato tanto dai luoghi quanto dalle persone. I vari personaggi parlano e agiscono, ma ciascuno di essi non appare mai come una figura “unica” e “individuale”, bensì come “simbolo”, a volte positivo e a volte negativo, di una categoria ben definita. Il protagonista è un “puro folle” (Parsifal), che incarna i desideri e le contraddizioni dell’Uomo in cerca di se stesso, della sua Anima e di un ruolo nel mondo. Dovrà fare i conti con una realtà per lui agghiacciante, la realtà della vita, che risulta “insopportabile” a coloro che non riescono ad accettarne le regole, sempre malsane, perché retaggio delle tante “ombre” dell’animo umano e non delle poche “luci”. È proprio in questo gioco terribile che si “confrontano” le figure di Ingrassia, il potente funzionario dei Servizi Segreti, e Amato, il modesto capo della Squadra Mobile, che ha ben chiaro, dentro di sé, il limite tra bene e male e non fa nulla per celarlo. Un esercito composito e variegato di “figure e figuri” funge da necessario corollario alla storia, disegnando il caleidoscopio umano che colora i giorni di ogni comunità. Poi c’è lei, Flavia, che suggella la storia d’amore secondo i canoni cari all’autore, che in parte rimandano al romanzo cortese del ciclo bretone.