A Volturara Irpina uno straordinario fenomeno idrografico
Visto che l’emergenza sanitaria consiglia di non uscire dalla regione fino a nuove disposizioni, ne approfittiamo per segnalare dei luoghi poco noti della nostra bella terra. Volturara Irpina, che nell’attualità conta meno di 3500 abitanti a causa della migrazione degli abitanti verso centri più industrializzati, fa parte del Parco Regionale Picentino. -taglio-Questo prende nome appunto dai Monti Picentini, tra cui si eleva la cima più alta, il Terminio, dal latino TER per le tre cime che lo contraddistinguono, in gergo locale il “Montagnone”. I faggi ne ricoprono la parte alta e i castagni le pendici. È popolato di volpi, lupi, tassi e cinghiali. In zona può capitare di vedere il falco, la poiana, il picchio, il gufo, il merlo acquaiolo, il martin pescatore e, a valle, nelle parti più umide, rane rospi e salamandre. Il paese dista da Avellino circa 18 km ed è ubicato vicino ad una vasta piana circondata dai monti. Il nome secondo alcuni potrebbe derivare da Utur che significa in osco-sannitico acqua stagnante e, prendendo in considerazione l’ipotesi di un’origine etrusca di Volturara, la radice “Volt” indicherebbe la loro Dea. Risalgono al 797 le prime notizie scritte circa l’origine storica del luogo, certamente legato alla pastorizia, data la ricchezza dei pascoli montani nel periodo estivo, quando i pastori transumanti vi fissarono probabilmente le loro dimore divenute stabili nel tempo. Fu dominio romano e di quell’epoca restano cippi funerari e il tracciato di una importante strada (la Sabae Maioris), in epoca medievale feudo o frazione di Montella fino a che non si rese indipendente. Fece parte del Principato Ultra. Il Castello era un baluardo contro le incursioni e costituiva un anello di una catena di castelli vicini tra di loro da cui venivano avvistati i nemici per prepararsi alla difesa. Da visitare: la Chiesa di San Nicola e il Museo Etnografico che documenta la storia e le modalità di produzione di vini del territorio. Il paese è circondato ad Est e a Nord da una vasta pianura una volta preda di acque stagnanti per un terzo dell’anno, e perciò povera di terreno coltivabile. Secondo gli studiosi a seguito del terremoto del 5 Dicembre 1456 si formò un inghiottitoio che assorbe circa 900 litri di acqua al secondo in condizioni normali: la cosiddetta "Bocca del Dragone", punto d'inizio di una complessa rete idrografica sotterranea, dove le acque della piana defluiscono fino a perdersi negli oscuri meandri calcarei della montagna.La circolazione idrica sotterranea del bacino si esplica a due differenti livelli attraverso una falda profonda di base,-taglio2- situata nei calcari fratturati del massiccio carbonatico dei monti Terminio e Tuoro ad una profondità di circa 140-190 metri>. Sempre a causa delle acque stagnanti, dovute a forti acquazzoni invernali ma anche estivi, la zona è stata per secoli tormentata dalla malaria: “il veleno del Dragone”. Le prime notizie bibliografiche sulla necessità della bonifica risalgono agli inizi del 1700. Una lunghissima questione bloccò nel tempo i lavori per timore che venissero a ridurre la portata delle acque del Serino che riforniva Napoli. Nel 1932 il territorio fu finalmente bonificato con canalizzazioni e reso vivibile per gli uomini e utile alle coltivazioni. Dopo la bonifica, vi fu creata la colonia estiva per la villeggiatura dei bambini poveri, ubicata nel verde, a una certa distanza dal centro abitato. Gli anziani del luogo ricordano che dopo i temporali estivi un meraviglioso arcobaleno scintillava sulla piana e il sole tornava a splendere. Il paesaggio era limpido e l’aria pulita, ma si verificava uno strano fenomeno: la strada veniva letteralmente coperta, oltre che da vivaci ranocchie che saltellavano qua e là, da animaletti neri e lucidi dalla forma di lucertole, che dovevano essere probabilmente salamandre. Nell’attualità con le piogge invernali si forma un suggestivo bacino, il cosiddetto" Lago Dragone ", che è asciutto d’estate quando le acque vengono inghiottite dalle Bocche del Dragone nelle grotte calcaree sottostanti, lasciando a vista varie sorgenti e cascatelle. Le parti della bocca, essendo calcaree, hanno scarso potere assorbente e può anche capitare che lo scioglimento delle nevi e le abbondanti piogge facciano diminuire ulteriormente tale potere assorbente e per un po’ la piana si allaghi. All'interno della Bocca d’estate si può camminare accanto al flusso d’acqua su un marciapiede di cemento lungo settanta metri finché si giunge ad una fenditura nella roccia dove l’acqua precipita con un rumore assordante. Numerose escursioni vengono organizzate sia da enti locali che dal CAI.