Il nuovo album dei Ronin, tra le note del passato ed un nuovo presente
Un personaggio forte “Bruto Minore” che a nominarlo incute già di per sé un senso di grandezza e prepotenza, una storia nella storia che diventa il nuovo album dei RONIN. Dopo un paio d'anni di pausa Bruno Dorella torna con una nuova formazione tutta nuova della band e un disco che cambia la strada tracciata fin ora, pur rimanendo legato alla tradizione strumentale e cinematica della band. A sentire i nuovi brani dei Ronin pare di notare una certa vicinanza estetica con la musica classica. L’album è ispirato ad una Canzone di Giacomo Leopardi, in cui si immagina il monologo di Marco Giunio Bruto dopo la sconfitta di Filippi e l'assassinio di Giulio Cesare. La sconfitta ritorna come un tema sempre caro all'immaginario dei Ronin, ma soprattutto ha per l'uomo di valore un'onorevole via d'uscita nel suicidio, visto come ultimo gesto per rimanere a testa alta di fronte all'insensibilità del Fato e della Natura verso le cose umane e verso i gesti di eroismo. Noi di Albatros Magazine abbiamo incontrato Bruno Dorella, storico fondatore della band.-taglio-
La storia di Bruto va di pari passo con il tono della vostra musica, come mai questa scelta?
“C’è una corrispondenza estetico-teorica tra la nostra musica, anche se è solo strumentale, e un tipo di approccio come può essere quello della canzone leopardiana. Non tanto nel personaggio di Bruto, ma in quello che è il significato più sottile della canzone, ovvero una specie di inno al suicidio, visto non come resa, ma come libera scelta dell’uomo valoroso difronte alla pochezza dell’umanità e alla pochezza della divinità che si fa beffa capricciosa dell’uomo. il suicidio è una dignitosa via d’uscita insomma.”
La vostra musica richiama la terra brulla anziché le distese di deserto o di acque, può essere vista questa come un’altra assonanza con la poetica leopardiana?
“Conosciamo tutti l’idea di una natura non esattamente amica che aveva il Leopardi, e la nostra musica ha sempre evocato gli elementi, essendo anche musicale non si può concentrare su un testo, l’ascoltatore viaggia e immagina così un proprio film. Spesso la nostra sonorità è stata anche associata al deserto e all’acqua. Per questo disco ho provato ad essere più legato alla terra, quella brulla, un disco più maschio, più virile.”
Questo disco è legato ad una nuova composizione del vostro gruppo, è una sorta di rinascita?
“Il gruppo rinasce continuamente, tanto è vero che abbiamo anche pubblicato un disco dal titolo ‘Fenice’. -taglio2-Non sono mai riuscito a fare due dischi con la stessa formazione, l’unico superstite sono io. Ho cambiato sempre parte o tutta la formazione, questo perché ognuno poi trova la sua strada, i suoi progetti, non ci sono mai stati dissensi artistici o umani alla base dello scioglimento dei Ronin. La nuova formazione ha influenzato la composizione di questo disco, in questo caso ci sono personalità molto diverse ma che sono coesistere insieme.”
Vent’anni di musica, cosa è cambiato in tutto questo tempo nella musica italiana?
“È cambiato tutto, soprattutto diverse volte nel corso del tempo, è cambiato tutto in noi e attorno a noi. Noi eravamo dei punk all’inizio della nostra carriera, con una passione per la musica, all’inizio faticavo a trovare gente che conoscessero queste sonorità. Nel frattempo la cosa ha funzionato e quindi siamo andati avanti, evolvendo senza cambiare la nostra essenza effettiva. Diciamo che secondo me l’epoca d’oro della musica italiana è finita negli anni novanta.”
Vi aspetta un tour in Italia e all’estero, c’è una differenza di pubblico tra quello italiano e quello straniero?
“Abbiamo suonato spesso in Europa, ci sono delle differenze culturali, questo è vero. Per esempio il pubblico tedesco adora queste sonorità, magari un po’ meno nella zona francese, anche se poi ci suoniamo tantissimo.”