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I primi ospedali e le prime scuole mediche

di Alfredo Salucci

Numero 254 - Ottobre 2024


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I monaci benedettini hanno avuto il pregio di copiare e ricopiare tanti libri, anche dei secoli precedenti, che altrimenti sarebbero andati persi, con gravissimo danno per la cultura.-taglio-
Altro pregio è stato quello di seguire con scrupolo l’insegnamento di Cristo ama i prossimo tuo come te stesso, uno dei principali comandamenti. Amare il prossimo è anche soccorrerlo nel bisogno, nel dolore e soprattutto nella malattia, e san Benedetto da Norcia era ben consapevole di questa cosa. Sulla sua scia, poi, anche i Cistercensi e i Cluniacensi si prodigheranno nell’assistenza ai malati. Nella sua “Regola”, san Benedetto afferma che è dovere fondamentale del monaco prendersi cura dei fratelli monaci malati. Cura che non si doveva limitare a soddisfare le esigenze basilari come quelle del fornire l’acqua, il cibo e un letto per riposare. Soccorrere il malato significava anche e soprattutto alleviare il suo dolore, medicare sue le piaghe e curare le sue malattie. Essere di aiuto ai malati non era cosa semplice e chi decideva di dedicarsi a loro doveva necessariamente acquisire una certa dimestichezza con le ferite e le malattie. Nasceva così la figura del monachus infirmarius, un monaco capace di preparare medicamenti, come un farmacista, e di curare, come un medico. A questi monaci era affidata l’assistenza sanitaria del monastero. Il capitolo 36 della “Regola benedettina” è dedicato ai fratelli infermi, questa regola dispone che l’assistenza agli infermi deve avere la precedenza e la superiorità su tutto. Per gli ammalati bisognava allestire dei locali idonei con bagni e assegnare un assistente diligente e premuroso capace di prendersi cura di loro. Anche l’alimentazione doveva essere speciale: gli ammalati avevano il permesso di mangiare carne per potersi rimettere in forze.
Il soccorso ai malati, come anticipato sopra, non si limitava a soddisfare i bisogni primari, ma doveva necessariamente entrare anche nel merito delle cure. In pratica bisognava anche intervenire con la somministrazione di farmaci per curare le varie patologie. Questa cosa fece sì che i monaci si impegnassero anche nello studio e nella produzione di farmaci. -taglio2- Nasce così l’Orto dei semplici, orto in cui i monaci coltivavano erbe medicamentose che, dopo la preparazione, venivano costudite il appositi contenitori, i cosiddetti armarium pigmentariorum dei monaci erboristi.
Oltre alla preparazione e conservazione di erbe medicinali, c’era anche la necessità di preparare nuove figure di monachus infirmarius per sostituire quelli che diventavano vecchi o inadatti a proseguire quel tipo di attività. Nacque così una vera e propria scuola atta a formare questi monaci che si dedicavano ai malati. Questa cosa sta a significare che chi intendeva prodigarsi nella cura degli infermi doveva acquisire determinate competenze. E dove poteva apprendere l’arte medica se non dai maestri del passato? Così i monaci si impegnarono anche a copiare e studiare molti testi di medicina, in particolare quelli di Galeno e di Sorano di Efeso. Questa medicina monastica all’inizio ebbe come obiettivo quello di soccorrere i monaci del monastero sofferenti e bisognosi di cure. I monasteri, però, divennero presto anche ospizi per i pellegrini di passaggio che, oltre a essere accolti, erano anche curati, se ammalati. Così i monaci realizzarono le prime case di cura, che saranno i futuri ospedali. Ma iniziarono anche quella che oggi è la medicina domiciliare. Infatti i “medici-monaci” cominciarono anche a uscire dalle mura monastiche. Il Vangelo insegna che bisogna soccorre tutti quelli che hanno bisogno di noi, in pratica il prossimo. Così la loro opera fu estesa anche agli ammalati che erano nelle vicinanze del monastero. I laici furono molto interessati a questa nuova disciplina, tanto che alcuni di loro furono desiderosi di apprendere questa scienza: nasceva così la medicina laica che avrà un grande sviluppo nei secoli successivi.





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