Non è depressione, non è dipendenza dai videogames, non è solo un disturbo d'ansia. Cosa c'è da sapere e come intervenire
Un fenomeno quasi sconosciuto che comporta, per chi ne è colpito, un completo isolamento dal mondo: la vita si svolge in totale solitudine in una stanza, la camera da letto, nella quale si legge, si disegna e si naviga su internet, unico mezzo di contatto con l’esterno.-taglio- Cos’è la sindrome di Hikikomori? Hikikomori è un termine giapponese che indica letteralmente “tirare” e “ritirarsi”. E' usato per indicare coloro, per lo più adolescenti, che “scelgono” di ritirarsi dalla vita sociale fino al punto di vivere in una o poche stanze anche per anni. Vista l'importanza e la portata del fenomeno, in Giappone il governo nipponico ha stabilito veri criteri diagnostici per individuare il disturbo. Innanzitutto non ha le caratteristiche di una sindrome ma è riconosciuto nel paese del sol levante come un autentico disturbo mentale; prevede come criterio diagnostico un tempo di ameno 6 mesi di ritiro sociale completo; rifiuto scolastico e/o lavorativo; assenza di altre patologie psichiatriche che spieghino i sintomi (es. schizofrenia, ritardo mentale etc.); esclusione di coloro che pur avendo un ritiro scolastico e lavorativo mantengono invece l'aspetto della socialità. Negli Stati Uniti, come pure in Europa, il fenomeno è in importante espansione sebbene nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5) in uso a livello mondiale per classificare i disturbi, non sia ancora citato ufficialmente come patologia distinta. Perché questo fenomeno colpisce prevalentemente gli adolescenti? Prevalentemente ne sono colpite le persone in adolescenza perché si tratta anche di una fase di disagio in cui da un lato si contesta ed abbandona il mondo adulto, dall'altro il gruppo dei pari e la socializzazione diventano obiettivo e preoccupazione al tempo stesso. Questi motivi fanno degli adolescenti la parte di popolazione maggiormente colpita. E’ altresì vero che, se in Giappone il fenomeno è un fatto sociale, in realtà nel resto del mondo è comunque un fatto noto ai sanitari ma che assume la denominazione di “depressione con ritiro sociale e comportamenti ossessivi”, essenzialmente gli stessi sintomi del Hikikomori giapponese. Può colpire anche gli adulti? Sì, nonostante alcuni dati raccolti da associazioni dedicate al disturbo (anche se ripetiamo che non è ancora riconosciuta ufficialmente con tale nome, escluso per il Giappone) indichino una prevalenza tra i14 ed i 25 anni, sembra esserci un notevole numero di “reclusi sociali” over 40. La paura di affrontare il mondo ed una bassa resilienza (o risorse sviluppate) espone al rischio di ritiro anche fasce più adulte.-taglio2- Quali sono le manifestazioni più comuni in questo tipo di patologia? Inizialmente la perdita di interesse per il “mondo” si accentua sempre di più, successivamente comincia il ritiro dalle proprie attività (lavorative o di studio); solitamente inizia una dipendenza da internet, poi il ritiro sociale completo, fino a non lavarsi o non uscire più dalla propria stanza; l'inversione dei ritmi circadiani (sonno-veglia) fino ai casi più gravi di convinzioni irreali su di sé o sul mondo. Quale tipo di interpretazione possiamo dare a questo fenomeno? Alla base vi è spesso una scarsa fiducia in sé, un mancato apprendimento dei comportamenti sociali e dei costrutti che stanno alla base delle relazioni, poca esperienza ed una relazione probabilmente di eccessiva dipendenza con uno dei genitori. Il troppo timore del “fuori” ovviamente blocca la normale attitudine dell'essere umano a “sperimentare se stesso” come sostiene A. Kelly, famoso terapeuta statunitense del secolo scorso. Quale ruolo giocano le nuove tecnologie in tutto questo? Probabilmente alto, in quanto spesso i bisogni di relazione vengono spostati sul “virtuale”. Ma non si può accusare i “mezzi” anche perché nell'esperienza clinica è troppo rischioso togliere quel minimo contatto con il mondo lì dove l'equilibrio personale è già molto fragile. La depressione ha un ruolo in tutto questo? Senza dubbio. In realtà sebbene non abbia questo nome in Italia ed Europa, la depressione adolescenziale ed il ritiro sociale sono fenomeni ben noti anche nel nostro Paese. Da molti anni assistiamo ad un fenomeno molto simile in diversi ragazzi. Quale consiglio possiamo dare ai genitori che hanno figli con questa problematica? Suggerirei di non attendere che la gravità o il tempo di ritiro si facciano eccessivamente intensi, distinguendo ovviamente i casi in cui vi è un motivo ben chiaro del ritiro sociale e lì dove la durata va da qualche giorno a qualche settimana. Ma se le tempistiche si allungano ed il ritiro è importante è necessario un intervento specialistico in tempi adeguati, meglio evitare che tale comportamento si prolunghi per anni. In fondo i sintomi sono anche un segnale di allarme per chi ci sta vicino.