Dopo anni di crisi la produzione è stata ripresa e la città è rinata
Le sorti di questa cittadina sono strettamene legate alla lavorazione del grano. Il nome Granianum si originerebbe dalla Gens Grania di epoca romana. -taglio-Nei secoli la tradizione si è perpetuata con l’intensa attività di molitura nella Valle dei Mulini. In epoca medievale, divenuta parte dal nono secolo della Repubblica marinara di Amalfi, che l’aveva cinta di una rete di “castra” difensivi contro i pirati saraceni, i Gragnanesi appresero l’arte serica e l’arte bianca, che quasi certamente gli Amalfitani avevano imparato dagli Arabi. Le spighe di grano sono un simbolo presente un po’ ovunque: sul cinquecentesco portale ligneo della Chiesa del Corpus Domini, sul gonfalone, sugli stemmi che sormontano i portali di piperno dei portoni dei palazzi, già sedi dei pastifici, che si susseguivano lungo via Roma. Ciò a perpetua memoria della grande prosperità dovuta alla fabbricazione della pasta che fu favorita da vari fattori. Il vento, proveniente dal mare, che consentiva una lenta essiccazione della pasta lunga, messa ad essiccare sull’asse eliotermico degli slarghi di via Roma, e l’ottima e abbondante acqua sorgiva utilizzata sia nell’impasto che per azionare decine di mulini collocati sulla discesa del Vernotico, in posizione sfalsata e comunicante. Prosperità durata per secoli e testimoniata dalla presenza di palazzi signorili, fontane, monasteri e chiese di varie epoche con preziose opere d’arte commissionate ad importanti artisti napoletani. Un’altra ricca fonte di ricavi era stata anche l’allevamento dei bachi e la produzione della seta, interrotta bruscamente per una malattia dei bachi, e quella di vino, olio e prodotti agricoli. Una cittadina opulenta, dunque, che ha poi visto tempi bui causati da varie calamità succedutesi: frane, guerre e bombardamenti, terremoti, ultimo e con gravi danni quello del 23 novembre 1980. Infine la concorrenza dei grandi pastifici del Nord Italia, la cui automazione consentiva un’offerta della pasta a prezzi più bassi (a fronte di minore qualità), portò alla chiusura di gran parte dei pastifici, divenuti ora abitazioni civili. Dei mulini abbandonati rimasero i ruderi. L’economia locale andò in crisi. Gli abitanti, molto fieri del loro passato, non si sono abbattuti e, grazie ai sovvenzionamenti statali della legge 219 a sostegno dei territori terremotati, molti pastifici hanno riaperto in zona periferica o sono nati ex novo, altri si sono riuniti in cooperative, puntando ad una produzione di alta qualità che rinnova nel mondo l’esportazione e la fama della pasta di Gragnano. Il consorzio dei pastai gragnanesi ha ottenuto il riconoscimento del marchio IGP. -taglio2-Ne è conseguita una rinascita con la ripresa economica e la proposta di itinerari turistici sia nella Valle dei Mulini, dove alcuni di questi sono stati restaurati, che in città, per conoscere gli antichi luoghi e metodi di lavorazione e per visitare i monumenti. Anche il settore agroalimentare è stato incrementato con la cura e valorizzazione delle specialità locali che hanno avuto il riconoscimento del marchio DOP: l’ottimo vino frizzante di Gragnano, gli ortaggi, le prelibate ciliegie, i prodotti caseari. La felice invenzione del panuozzo, specie di grande panino di pasta di pizza farcito, ideato dai fratelli Mascolo, è divenuto valido attrattore di turismo gastronomico soprattutto giovanile. Notevole anche la lavorazione di tessuti per l’abbigliamento (la famosa moda Positano) e costumi da bagno: la ditta Amarea è fornitrice dei costumi per il concorso di bellezza Miss Italia. In merito ai monumenti, il restauro degli stessi, sollecitato e favorito dalle associazioni locali, tra cui “Anni d’argento” presieduta da Virginia Sicignano, e “Fidapa” da Anna Ruggiero, offrono oggi la possibilità di ammirare eccelse opere d’arte, che le sunnominate signore ci hanno illustrato, guidandoci con competenza ed affabilità. Di grande pregio la Chiesa del Corpus Domini. Completata nel XVI secolo, rimanda al miracolo dell’Eucarestia con frequenti richiami al grano e al vino, anche nel bassorilievo con spighe del portale di legno di cui si è detto. Dopo il Concilio di Trento, l’interno fu modificato secondo il gusto barocco. Nella prima metà del ‘700 il soffitto fu arricchito di una incredibile tela di oltre quattrocento metri quadrati, tessuta in loco e dipinta da Francesco Russo. Vi si conservano inoltre marmi, ori e pregevoli quadri di Giacinto Diano oltre ad opere successive di artisti dell'Accademia napoletana ed un imponente e prezioso organo. Tra le tante costruzioni religiose restaurate e aperte al pubblico, va segnalata nel Borgo Medievale di Castello, la chiesa di Santa Maria Assunta del sec. XII, in stile romanico-amalfitano a tre navate sorrette da colonne romane di spoglio e capitelli di vario stile.