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Giovanna Mezzogiorno

Nei miei panni

di Tommaso Martinelli

Numero 251 - Giugno 2024

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Con “Unfitting”, presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma, l’attrice e regista sfida le assurde regole non scritte dello showbiz. Di cui si parla ancora troppo poco…


La sua carriera d'attrice comincia appena ventenne e nel giro di poco tempo riesce a collezionare prestigiosi riconoscimenti come David di Donatello e Nastri d'Argento. A un certo punto, però, la carriera di Giovanna Mezzogiorno, figlia dell'indimenticato attore Vittorio, subisce una battuta d'arresto proprio in quello che sarebbe dovuto essere il periodo più bello della sua vita, quando, a trentasei anni diventa mamma di due gemelli. -taglio- I chili presi durante e dopo la gravidanza, per Giovanna, a un certo punto diventano il motivo per cui viene di fatto allontanata dal mondo della settima arte a cui aveva dato tanto. Dai numerosi elogi e premi, la Mezzogiorno si ritrova a dover fare i conti con continui rifiuti e derisioni. Da qui nasce l'idea di "Unfitting", un cortometraggio presentato all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma, che vede tra gli interpreti, anche Fabio Volo, Carolina Crescentini e Ambra Angiolini. Giovanna, cosa ti ha spinto a realizzare un cortometraggio su un tema così delicato? “Quello che mi ha convinto a dedicarmi a questo progetto, e soprattutto a dirigerlo, è legato al fatto che ci sono argomenti, come questo, di cui non si dovrebbe mai smettere di parlare. Il problema è che questa, in particolare, è una questione di cui si chiacchiera tanto, di cui ci si propone anche di poter trovare delle soluzioni, ma poi alla fine non vengono mai veramente raccontate quali conseguenze gravi possano esserci per una determinata persona.” C’è un messaggio che ti piacerebbe lanciare attraverso questa tua prima regia? “No, io non ho la presunzione di poter insegnare qualcosa a qualcuno. Ho semplicemente voluto raccontare e ho voluto farlo nel momento in cui mi è passata l’arrabbiatura. E anche lo sconforto. Di conseguenza, ‘Unfitting’ non è un piagnisteo o una lamentela ma il desiderio di poter puntare i riflettori su un problema che esiste. Non è giusto che una persona, a un certo punto del proprio percorso, possa ritrovarsi a essere esclusa da progetti lavorativi per aver preso peso. E questo, ci tengo a sottolinearlo, non è un problema che riguarda solo il mondo dello spettacolo e noi attrici. Con questo tipo di situazione, purtroppo, ci fa i conti anche chi lavora in ufficio o altri tipi di professione.” Speri che attraverso questo cortometraggio le cose possano cambiare? “In tutta sincerità, non mi illudo minimamente del fatto di riuscire a cambiare qualcosa perché comunque ci ritroviamo, ancora oggi, a dover fare i conti con una cultura millenaria. Questo, però, non vuol dire che di fronte a problematiche come il body-shaming o il bullismo dobbiamo abbassare la guardia e smettere di lottare, perché possono essere devastanti. Durante la fase adolescenziale, per esempio, violenze di questo tipo possono indurre a gesti gravissimo. Purtroppo, però, tutto questo viene sottovalutato e non è giusto che sia così. Non deve essere così.” A te, tutto questo, è accaduto dopo essere diventata mamma… “Sì, a me tutto questo è capitato in età adulta. Aspettavo due gemelli e in quel periodo ho messo su venti chili. È vero, è stata anche colpa mia, il fatto di essere ingrassata, perché facendo più vita casalinga che lavorativa mi veniva più naturale mangiare di più. Ma questo non dovrebbe permettere a nessuno di poter rovinare la vita a nessuno. Invece, è come se a un certo punto questo tipo di situazione offra agli altri un’arma per denigrare e offendere. Nei miei confronti, per esempio, hanno persino dato vita a delle vere e proprie leggende metropolitane, sostenendo che mi fossi ammalate. Tutto questo è di una gravità inaudita e, inevitabilmente, può rovinare la vita di una persona. E questo non mi sta bene.” Ti viene in mente un aneddoto in particolare? “Sì, alcuni anni fa sono stata ospite di un noto programma televisivo, dove ero andata a promuovere un film a cui avevo preso parte ("Lacci" di Daniele Lucchetti, ndr). In quel periodo, però, avevo una cisti in un occhio e il mio viso era ovviamente alterato. Sembrava che mi avessero preso a schiaffi, però non mi ero tirata indietro perché avevo comunque degli impegni già presi per la promozione. Subito dopo, mi sono imbattuta in rete in una serie di commenti che mi hanno lasciato senza parole. È stato allucinante perché non pensavo che la gente potesse arrivare a scrivermi tutte quelle cattiverie. Tutti credono di conoscere le vite degli altri ma in realtà non si sa nulla della vita intima delle persone. Ho cercato di resistere il più possibile e una volta che mi è passato quel senso di amarezza e di incredulità, ho cercato anche di riderci su. Ma la cosa più importante è stata quella di poter fare un corto, perché non mi andava di far finta di nulla o di metterci una pietra sopra rispetto a qualcosa di così importante. Ma ci tengo a dire e a ribadire che io non ho nulla da insegnare a nessuno, ho semplicemente voluto raccontare la mia storia.” E a te cosa ha insegnato la tua storia? “Mi ha insegnato che non smetterò mai di essere gentile, perché sono una persona educata e non perché sono falsa. Io non mi occupo e non giudicherò mai le vite degli altri che non conosco ma allo stesso tempo spero che anche gli altri facciano altrettanto. Quando avevo avuto da poco i miei gemelli, puntualmente la gente mi chiedeva: ‘Perché quando i bambini dormono, non vai a correre?". Ecco, vorrei che tutto questo finisse e che ognuno rispettasse le scelte e la vita altrui.”

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