Musicoterapia
Black Mood è il nuovo album di GionnyScandal, pioniere dell’Emo Trap italiana
La storia di questo disco nasce un anno e mezzo fa, e comincia in un momento del tutto particolare nella vita di Gionata Ruggieri, in arte GionnyScandal. Dischi d’oro e di platino, i sold out, il posizionamento più alto nelle classifiche, la fama, il successo, questi sono gli elementi che farebbero felice qualsiasi artista, ed invece no, Gionata nonostante tutto ha vissuto uno degli anni più difficili della sua vita in cui ha affrontato un brutto periodo di depressione. Ed è proprio questa esperienza a diventare il leitmotiv del suo nuovo lavoro musicale: “Black Mood”. Ma è stata la musica, la sua amata musica, ad essere la migliore terapia, e a salvarlo da un buco nero che sempre più spesso inghiottisce molti giovani come lui. Un album personale e forte che racchiude tutta l’anima di un’artista pioniere del suo genere in Italia, che ha saputo cavalcare l’onda dell’emo trap e che riesce a sorprendere con la sua musica cangiante e mai uguale a sé stessa. Eppure GionnyScandal ne ha fatta di strada, ne ha vissuta di vita, i suoi genitori l’hanno abbandonato, papà e mamma adottivi sono volati in cielo quando era solo un bambino. Ma lui non si è mai arreso al dolore, neanche quando questo è diventato un macigno duro da sopportare. Il nuovo album d’inediti del giovane rapper è stato anticipato dal singolo “Volevo te”, e dopo un assaggio dal vivo in Europa, il 26 Ottobre ad Amsterdam, il 28 Ottobre a Londra e il 29 Ottobre a Barcellona, sarà impegnato a Novembre 2019 in un tour nazionale nei più prestigiosi club della penisola italiana.
Black Mood, il tuo nuovo album, nasce in periodo molto particolare per te nel quale hai sofferto di depressione, è stata una terapia per te la musica?
“Sì, scrivere questi pezzi è stata la cosa più bella che potesse capitarmi, con gli altri album è stato diverso. Innanzitutto, ho cambiato natura, prima ero un rapper pop, ora sento mia la musica emo-trap, e questo genere, già di suo, affronta questi temi. Raccontare quello che sentivo, che provavo, era l’unico modo per stare meglio, ed ha funzionato.”
Parlare di argomenti così forti non è facile, soprattutto perché questo è un male che colpisce molti giovani, che sono il tuo pubblico, e che si vergognano di dirlo o di parlarne apertamente. Hai scoperchiato un vaso di pandora in un certo senso?
“Esatto, penso che oggi questo sia diventato un tabù, soprattutto i ragazzi non hanno il coraggio di dirlo, di parlarne e di chiedere aiuto, che è una cosa importante, quindi spero che io possa essere di aiuto, che la mia musica li sproni ad uscire fuori, a parlarne.” -taglio- Tornando alla tua musica, spesso si tende a dare un’etichetta, a marchiare con un genere, in realtà le tue sonorità sono spesso cangianti. In cosa ti rispecchi di più?
“L’emo trap è un genere che deriva dell’emo-core e che prende vita dal rock e dal punk, grazie alle sue chitarre elettriche e agli argomenti che vengono trattati. Io cerco di mischiare un po' tutto, mi sento molto versatile. L’emo trap è quello che voglio fare in realtà, qui in Italia ci siamo svegliati in ritardo rispetto all’ America, resta un genere di nicchia da noi, ma oltreoceano spopola da un po', diciamo che ho scelto il momento giusto per essere il pioniere italiano.”
“Una canzone bruttissima buttata sul web”, è iniziata così la tua carriera. Quanto è importante per te, e quanto lo è oggi nel mondo della musica, il potere della rete?
“È stato fondamentale, io sono uno dei primi che è venuto fuori dal web, nel 2012 esisteva Myspace, una sorta di sito creato appositamente per i musicisti, non era un Instagram dove puoi trovare modelli, attori, cantanti, ma uno spazio dedicato a chi faceva musica, lì potevi caricare le tue canzoni e ricevere feedback da chiunque. Poi con Youtube ho lanciato per gioco quella famosissima canzone ‘brutta’, ma ricordo che fu un successo. Al giorno d’oggi se non ci fosse il web molti artisti non esisterebbero neanche, quindi credo che sia fondamentale più che importante.”
I featurign di Black Mood sono molto particolari, nel senso che hai dato molto spazio ad artisti emergenti, piuttosto che a colleghi già ampiamente affermati. Come mai questa scelta?
“Per quanto riguarda Cal Amies e Cyrus Yung è così, nel senso che Cal è un cantante inglese di una band pop-punk, io sono un loro grande fan, e allora mi sono permesso di contattarlo su Instagram, ha accettato di collaborare con me, infatti è volato da Londra a Milano, così abbiamo lavorato insieme su questo featuring. Stessa cosa è successa più o meno con Cyrus. Per quanto riguarda Global Dan la cosa è un pochino diversa, lui è il più grande esponente dell’emo trap in America, ed ha lavorato con i più grossi trapper del mondo, ha un bel po' di feedback positivi, un pubblico importante, ed è stato bello lavorare insieme. Diciamo che è rimasto colpito dal fatto che ci fosse un cantante italiano che facesse emo trap.”
Hai anche pubblicato un libro, una sorta di storia di formazione dove racconti il tuo passato, di certo non facile. Ti senti meglio nei panni da scrittore o di musicista?
“Io mi sento più ad agio quando scrivo la mia musica, le mie canzoni. Il libro è stata un’esperienza aggiuntiva alla mia carriera, me l’hanno proposto poco dopo l’uscita del mio disco, quindi avevo molto tempo per potermi dedicare ad un progetto del genere ed ho accettato. Scrivere il libro non è stato come scrivere una canzone, perché non sono riuscito ad essere pienamente soddisfatto. È stata un’esperienza bella ma di certo non paragonabile alla musica.”
Hai dichiarato di avere scoperto da grande di avere un fratello, e molte volte ed in molti modi lo hai cercato, sei mai riuscito a trovarlo, ad avere un rapporto con lui?
“No, non ci sono mai riuscito e penso che non ci riuscirò mai. Ho provato in molti modi, sia in tv, ma anche su Facebook, qualche anno fa scrissi un post che fece migliaia di condivisioni, ma nonostante tutto non si è mai fatto vivo. Neanche dopo l’uscita del libro. Forse ho perso le speranze di ritrovarlo, se devo rincorrerlo io e basta allora rispetto magari la sua scelta di non volermi conoscere. Non ho nessun rimpianto però perché ho fatto tutto il possibile.”
“Raccontare quello che sentivo, che provavo, era l’unico modo per stare meglio, ed ha funzionato”