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GIANMARCO POZZECCO

di Gaetano Magliano

Numero 232 - Luglio-Agosto 2022

Intervista esclusiva al nuovo allenatore della Nazionale Italiana di Pallacanestro, impegnata nelle qualificazioni per il prossimo appuntamento sportivo in agenda: Eurobasket 2022


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Da sempre siamo abituati a conoscere Gianmarco Pozzecco come una delle figure sportive più “sopra le righe” degli ultimi 20 anni. Sia da atleta sia da allenatore ha sempre provocato e regalato momenti memorabili sia dentro che fuori dal campo. Per chi non lo conoscesse, il Poz è uno dei principali volti del basket italiano, ha vestito le maglie di Livorno, Varese, Fortitudo Bologna e Capo d’Orlando, e poi dal 2012 è stato il coach di Varese, della Fortitudo, di Capo d’Orlando e della Dinamo Sassari, tutte franchigie con cui è stato in grado di realizzare grandissime imprese cestistiche. -taglio- Ad inizio giugno la sua carriera da allenatore ha raggiunto l’apice, “un sogno”, proprio come lui stesso ha dichiarato: è stato scelto come capo allenatore della nazionale di basket italiana. È questo, quindi, per il Poz nazionale un anno da ricordare, e noi non vediamo l’ora di sapere come affronterà questa nuova avventura. Non possiamo non iniziare dalla tua nomina come capo allenatore dell’Italbasket… cosa hai pensato appena ti è arrivata la notizia ufficiale? “Questi sono pazzi! – ride ndr. – Scherzi a parte, non saprei come descrivere le emozioni che ho provato, eppure sono abbastanza ‘rodato’ a vivere momenti del genere in ambito sportivo, sicuramente posso dire una felicità immensa. Non è così scontato ricevere fiducia da parte della Federazione, è un onore poter quindi iniziare questo nuovo viaggio.” Quali sono, se ci sono, gli eventuali “cambiamenti” che vuoi apportare alla Nazionale? “I cambiamenti ci saranno, ma ci tengo a sottolineare, non perché il lavoro svolto precedentemente non fosse giusto. Nello sport, però, ogni allenatore ha la sua idea di come gestire la squadra ed i singoli giocatori, quindi sicuramente sono determinato a seguire la mia idea di Nazionale partendo dalla scelta di ogni singolo atleta, volendo creare il giusto equilibrio tra nuove leve e veterani. Insomma, voglio creare un roaster che fa divertire!” Di divertimento tu ne sai qualcosa, negli anni sei stato definito “estroso” ed anche un po' bad boy, ti è mai pesata questa cosa? “No perché in parte è vera! Nella mia carriera da giocatore, ma ancora oggi come allenatore, ho sentito dire qualsiasi cosa sul mio conto… la mia soluzione a tutto questo continuo chiacchierare è sempre stata una: dare il massimo sul campo da gioco! Ammetto che la mia condotta non è stata sempre perfetta, e alcune cose avrei potuto evitarle o farle diversamente, ma quando scendevo in campo davo sempre il massimo e chi riusciva ad andare oltre la facciata poi ha sempre cambiato idea su di me.” Hai raccontato molte vicende inerenti la tua condotta nell’autobiografia “Clamoroso”, com’è nata l’idea del libro? “L’idea di un’autobiografia era nella mia testa già da parecchi anni, infatti, appena avevo la possibilità scrivevo e conservavo pensando ‘questo sarebbe perfetto per il mio libro’. Nel tempo ho provato più volte a concretizzare il tutto affiancato da amici giornalisti che pensavo potessero raccontare la mia storia come avrei voluto, però, per una serie di vicissitudini è stato solo quando il mio amico Claudio Valdisserri mi ha segnalato Filippo Venturi che ho preso la faccenda in mano.-taglio2- Filippo mi ha dato da leggere un suo libro per far sì che mi facessi un’idea del suo stile, me ne sono innamorato fin da subito e ho capito che lui era la persona giusta essendo anche molto appassionato di pallacanestro. La casa editrice Mondadori è quella che in fin dei conti ha chiuso un po’ il cerchio perché mi ha dato la possibilità di dedicarmi con costanza al libro.” Ritornando al presente, invece, prima parlavi di equilibrare all’interno del team nuove leve e veterani. Quale pensi sia il segreto per fa sì che tutto questo accada? “Non c’è un segreto, semplicemente sono un insieme di fattori che unendosi devono dar vita ad un equilibrio. Ovviamente questo non sempre è possibile, perché non dimentichiamoci di essere umani e quindi non possiamo essere simpatici a tutti o sopportare chiunque, però un allenatore deve essere in grado di gestire nel migliore dei modi ogni possibile situazione. Personalmente, mi piace che un atleta giovane possa sentirsi importante e preso in considerazione come magari può essere un campione affermato: io sono sempre stato dell’idea ‘tutti sono utili e nessuno è indispensabile’ quindi se un veterano non si impegna abbastanza per me può tranquillamente restare seduto in panca! Solo così i ragazzi riescono a capire il valore che da il coach al loro impegno e al loro lavoro.” Al momento, quindi, che tipo di rapporto hai con la squadra? “Per ora è tutto fantastico e spero resti così altrimenti ciao! – ride ndr. Scherzi a parte, i ragazzi li conoscevo già tutti quindi sanno che tipo di persona sono, qualcuno di loro mi vive per la prima volta nelle vesti di coach, però, fin dall’inizio ci ho tenuto a mettere in chiaro che voglio che ci sia sempre sincerità sia da parte mia sia da parte loro. Quando in un gruppo si riesce a dirsi quello che si pensa in maniera rispettosa però chiara, la fiducia che si instaura diventa la cosa più preziosa! Se c’è fiducia reciproca si possono fare grandi cose!” Poz, non ci resta che farti allora un grandissimo in bocca al lupo per questa nuova avventura… “Viva il lupo! Mi raccomando però seguiteci che abbiamo bisogno di tutti i nostri tifosi e supporters di ogni genere, senza di voi il nostro impegno non sarà mai abbastanza, e poi io amo il pubblico caldo mi da una grinta incredibile!”





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