Giangiacomo Gabin, un artista dall’animo gentile, affascinato dalla vita, di cui cercava di cogliere ogni piccola meraviglia.
Un attento osservatore del continuo mutare della natura, un fine narratore di un mondo pervaso da una rara sostanza poetica, un Artista dall’animo gentile, affascinato dalla vita, di cui cercava di cogliere ogni piccola meraviglia. Giangiacomo Gabin (1938-2023) ci ha lasciati, in punta di piedi, pochi giorni fa.-taglio- Radici friulane (nato a Precenicco, UD), vicentino d’adozione, innamorato del Cilento, si è avvicinato alle arti figurative piuttosto tardi. Pittore, scultore, scrittore, una passione smisurata per tutto ciò che è bello, studia varie tecniche espressive seguendo corsi di Maestri: Otello De Maria, Silvio Lacasella, Cesare Sartori, nonché frequentando La Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. La sua straordinaria umanità, estroversa e piena di generosità, è stata sempre alla base di un intenso, vivace sodalizio e scambio con tanti Amici-Artisti, non solo veneti. Un sodalizio basato sull’unico grande denominatore, come può essere solo, l’Arte! Gabin, colto e sensibile, è stato uno di quei pittori umili e curiosi, rimasti sempre sulle rive del fiume che passa e porta con sé la chiassosa e prepotente folla di maestri, critici e galleristi, che nella propria mira hanno solo la notorietà. I suoi dipinti, dotati di un grandissimo fascino immaginifico, hanno sempre rivendicato il diritto di riproporre, ai nostri occhi, uno spettacolo rassicurante da cui la rottura linguistica delle avanguardie tendeva drasticamente a separarci. Tutti i lavori rispecchiano pienamente la sua duplice anima. Cresciuto nella tradizione dell’arte italiana del Novecento, ma ammagliato e affascinato dalle sperimentazioni dei contemporanei, ha saputo elaborare una personale nota stilistica: delicata, ma schietta e facilmente individuabile. Per Giangiacomo Gabin, l’inquietudine di raccontare e condividere il proprio sentire, quel mondo nascosto, silente ed intimo, si manifesta attraverso i segni nervosi, rapidi, dirompenti delle pennellate, che assumono forme e colori ora rarefatti e nebulosi quando si tratta di ricordi, ora vividi ed effervescenti nei paesaggi eseguiti rigorosamente in mezzo all’amatissima natura. -taglio2-Le opere pittoriche, sin dal primo sguardo, svelano una grande armonia, una sorta di sinfonia visiva di luci e colori, mescolati con sapienza e straordinaria sensibilità. Come in un complesso spartito musicale, in ogni dipinto v’è un’orchestrazione di molteplici singoli elementi, che si uniscono per dare vita ad una composizione dinamica, che termina sempre con un accento cromatico conclusivo e in forte contrasto. Gabin usa la luce e il colore come mezzi immediati per far riemergere scampoli di memorie, far riaffiorare i ricordi legati all’infanzia e all’adolescenza lontana e spensierata. Un continuo intrecciarsi del sogno rielaborato e della realtà sognata, trovano espressione in una sorta di diari pittorici, testimonianza di viaggi onirici lunghi tutta la vita. Nei paesaggi mediterranei, la luce del Sud diventa accecante, quasi snaturata. Il gesto pittorico si fa sempre più drastico e espressionistico, il chiaroscuro non trova più mezzi toni. Le pennellate prorompenti corrono avanti e indietro sul fondo della tela, come se volessero assecondare le incontenibili pulsioni emotive. Come se tutti i pensieri, da tempo celati e compressi, alla fine esplodessero alla luce e al calore del sole. Le più recenti ricerche artistiche dell’Artista vicentino, si concentrano su piccole sculture in terracotta dal sapore ironico e da note, spesso sottintese e irriverenti. Un variopinto, folle bestiario, che porta a galla la profonda natura gioiosa e giocosa di Giangiacomo Gabin. Un eterno fanciullo, corroborato da un’energia creativa sempre viva e pronta a stupire, alla quale si affianca la consapevolezza del tempo che passa e genera profonde riflessioni…Rimangono, per sempre, le immagini dipinte, una sorta di scatti istantanei, testimonianze di una vita vissuta intensamente. Un tentativo di placare la paura di perdere quel repertorio mnemonico che, poco alla volta, non genera più simboli, ma solo schegge del passato. Ciao Gianni…