“Condanniamo la guerra e non intendiamo arrecare alcun vantaggio al regime russo, neanche dal punto di vista sportivo.” – così i vertici del torneo inglese spiegano la loro decisione. La parola ai protagonisti
Il portavoce di Putin Dmitry Peskov, risponde alle motivazioni dello sport inglese, affermando: “Rendere gli sportivi ostaggio di intrighi politici è inaccettabile.” Ecco che i toni bellicosi si spostano dai campi di battaglia ucraini, nazione aggredita dalla Russia, sui campi in erba inglesi. -taglio- “Niente russi e bielorussi, siamo inglesi.” - Wimbledon, il circolo di tennis privato più celebre del mondo ha religiosamente mantenuto l’erba mentre il resto dell’orbe terracqueo tennistico l’aboliva, impone il prevalently white come abbigliamento ai suoi ospiti, ha difeso la sacralità della domenica di mezzo fino a quest’anno, quando per la prima volta il 3 luglio si giocherà. Forte della sua indipendenza di giudizio, e sotto la forte pressione del governo inglese di Boris Johnson, Wimbledon 2022 ha vietato l’ingresso dai Doherty Gates ai tennisti russi e bielorussi. Daniil Medvedev, Andrey Rublev, Karen Khachanov, Aslan Karatsev e Ilya Ivashka, per il torneo maschile e Aryna Sabalenka, Victoria Azarenka, Anastasia Pavlyuchenkova, Daria Kasatkina, Veronika Kudermetova, Liudmila Samsonova e Aliaksandra Sasnovich, per il torneo femminile. “Esprimiamo la nostra solidarietà all’Ucraina, condividiamo la condanna internazionale alle azioni illegali della Russia: dato il profilo dei Championships in Gran Bretagna e nel mondo, è nostra responsabilità limitare l’influenza della Russia in ogni modo possibile. Sarebbe inaccettabile acconsentire a far trarre al regime russo qualsiasi beneficio dalla partecipazione dei tennisti russi e bielorussi al torneo di Wimbledon di quest’anno.” – afferma il comunicato stampa del Torneo sulla decisione, e continua –“Se le circostanze cambieranno materialmente da qui a giugno, ci riserviamo di rivedere la decisione.” “Dato che la Russia è un Paese forte nel tennis, le competizioni ne risentiranno.” – risponde seccamente il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov – “Rendere gli sportivi ostaggio di intrighi politici è inaccettabile.” "Sono devastato" – afferma Karen Khachanov sull’esclusione dei tennisti russi da Wimbledon – “Quello che stanno facendo è una discriminazione nei nostri confronti. Per quanto riguarda Wimbledon, ovviamente, sono triste, deluso e devastato per il fatto che stiano accadendo queste cose e che siano arrivati fino a questo punto.” “Ciò che sta accadendo è completamente discriminatorio nei nostri confronti. Le ragioni che ci sono state fornite da Wimbledon sono illogiche. Non hanno nessun senso.” - Gli fa eco Rublev- “Io non mi intendo di politica. Non so niente, non leggo le notizie e non seguo in generale, perché lavoro duro per essere un tennista e questo è il mio lavoro. Ieri alcuni giocatori e io abbiamo avuto una call con Wimbledon, solo per parlare della situazione e cercare di trovare una soluzione. Ad essere onesti, le ragioni che hanno portato all’esclusione non hanno senso e non c’è una logica in quello che hanno proposto. Avrei potuto capire se escludere i giocatori russi e bielorussi avesse un qualche impatto, ma non servirà a niente e non cambierà niente.” "Condannerò sempre la guerra, non sosterrò mai la guerra essendo io stesso figlio della guerra. So il trauma emotivo che lascia una guerra, tutti sappiamo cosa è successo in Serbia nel 1999. Nella storia recente nei Balcani abbiamo avuto molte guerre. Tuttavia, non posso sostenere la decisione di Wimbledon, penso sia pazzesca. Quando la politica interferisce con lo sport, il risultato non è mai buono. Una decisione folle, quando la politica interferisce con lo sport, il risultato non è mai buono.”- dice Novak Djokovic, numero uno del mondo sull’esclusione dei tennisti sovietici. Più cauto Daniil Medvedev: “Sono felice di giocare a tennis, di dedicarmi a ciò che amo di più e di promuovere questo sport in tutto il mondo. Questo è tutto quello che commenterò, non ho niente da dire su Wimbledon. -taglio2-Tutti sanno cosa sta succedendo, è impossibile ignorarlo e la gente ha diversi punti di vista. Ho sempre detto che sono per la pace. È molto difficile nella vita parlare di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ho le mie opinioni e ne parlo con la mia famiglia, con mia moglie, con cui posso discutere anche se non sempre siamo d'accordo.” Anastasia Pavlyuchenkova, poi, così commenta: “Ho veramente paura, sono confusa… posso soltanto parlare e far sapere cosa penso. Posso solo sperare che molti altri atleti possano fare lo stesso sulla questione. Non sono un politico, sono solo una donna che gioca a tennis a livello professionistico. Voglio soltanto dire la mia, cercare di far valere la mia opinione. Non voglio la violenza… Noi vogliamo pace e amore, vogliamo che la guerra finisca. Ora ho paura del mio futuro, dobbiamo pensare ugualmente ai nostri figli, al loro futuro. Non voglio essere egoista e parlare della mia carriera, lo sport e il tennis non c’entrano nulla. Qui si tratta solo del nostro futuro e delle nostre vite”. Infine in una nota stampa l’Atp, cosi esprime il suo giudizio sulla vicenda: “Una scelta ingiusta, che può creare un precedente dannoso per il tennis. La discriminazione basata sulla nazionalità è anche una violazione dell’accordo con Wimbledon secondo cui l’ammissione dei giocatori si basa solo sulle classifiche.” Non si può, però, non andare con il pensiero agli atleti ucraini., come il tennista Sergiy Stakhovsky, oggi 240° nel ranking Atp, noto soprattutto per aver battuto Roger Federer al secondo turno di Wimbledon nel 2013. Il giocatore oggi 36enne, pur senza alcuna esperienza, ha preso le armi sapendo bene quale destino lo attende: “Non potevo rimanere a guardare. Resisteremo ma ammettiamolo, la Russia è un paese di 140 milioni di persone che si estende dall’Europa all’Alaska, sarà molto difficile resistere a lungo.” Non possiamo girare lo sguardo pensando al dramma anche dei tanti, tantissimi sportivi dell’Ucraina chiamati alle armi: sono loro le vittime sul campo di questo conflitto. Da atleti a soldati improvvisati, pronti a morire per il proprio paese, come l’ucraino Yevhen Malyshev, non ancora ventenne, che faceva parte della nazionale giovanile di biathlon, ucciso durante i combattimenti. Medagliati o sconosciuti, sono oggi in prima fila in una difesa straziante: dall’ex campione di ciclismo Andrei Tchmil, al fuoriclasse del nuoto, Mykhaylo Romanchuk. Un coraggio eroico che accomuna uomini e donne: Yuliia Dzhima, oro olimpico nella staffetta del biathlon a Sochi 2014 si è arruolata nell’esercito e con lei anche il collega biatleta, Dmytro Pidruchnyi, campione del mondo dell’inseguimento a Oestersund 2019. In divisa sono finiti anche Dmytro Mazurtsjuk, che solo poche settimane fa era impegnato alle Olimpiadi di Pechino nella combinata nordica. Poi ci sono i pugili Vasyl Lomachenko, campione olimpico dei pesi leggeri nel 2012 e campione del mondo in tre diverse categorie: nei giorni scorsi avrebbe dovuto salire sul ring per riconquistare la cintura dei pesi leggeri ma non ha esitato a salire sulle barricate. Senza dimenticare Oleksandr Usyk, il campione del mondo dei pesi massimi che prima di lanciarsi in battaglia aveva esortato la Russia: «Mi rivolgo al popolo russo. Se ci considerate fratelli ortodossi, non lasciate che i vostri figli e il vostro esercito vadano nel nostro Paese, non combattete con noi. Mi rivolgo anche al presidente Vladimir Putin. Puoi fermare questa guerra.”